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Chiffi che caos: il suo referto smentito dalle immagini ma lui nega al Giudice Sportivo

L'arbitro padovano omette un fatto grave avvenuto al termine di Inter - Juventus di qualche settimana fa, nel suo referto, del quale però è chiamato a rispondere. Il direttore di gara ha confermato quanto scritto a fine partita, le immagini però lo inchiodano

L'antefatto, in effetti, è la cosa più marginale di questa vicenda, l'ennesima non bella, del nostro malandato calcio. E la vicenda ci tocca non solo perché "il calcio è di chi lo ama", e siamo tanti, ma perché nella fattispecie chi è finito nell'occhio del ciclone è il padovano, arbitro, Daniele Chiffi.

L'antefatto

Il direttore di gara, al termine della sfida di San Siro tra Inter-Juventus di qualche settimana fa, espelleva Paredes e D’Ambrosio per comportamento scorretto e non regolamentare. I due giocatori sono stati espulsi dopo il triplice fischio finale. Come sempre in questi casi bisognava capire, compito del Giudice Sportivo, quante giornate comminare all'uno e all'altro in base a quanto scritto dall’arbitro Chiffi sul referto di gara. 

Omissione 

Il Giudice Sportivo, che sembrerebbe non vivere in una caverna, deve aver visto, come milioni di appassionati, le orecchie di D'Ambrosio tirate da Paredes. Cosa che però nel referto non appare neppure accennata. Così il Giudice Sportivo ha sentito telefonicamente il direttore di gara, il padovano Daniele Chiffi, per chiedergli se gli fosse sfuggito qualcosa e nello specifico un chiarimento sull'evento specifico. Il direttore di gara ha negato di aver visto l'argentino tirare per le orecchie D'Ambrosio, ma ci sono scatti e immagini video che mostrano proprio il direttore di gara a stretto contatto con i due, proprio in quel momento. Perché negare di averlo visto? Tanto è bastato per scatenare, a ragion veduto evidentemente, critiche da parte di osservatori e organi di stampa sportiva. 

Evidenza

Nel documento redatto dal Giudice Sportivo si legge questo: «L’arbitro Chiffi, raggiunto telefonicamente, ha confermato il contenuto del suo referto puntualizzando, su precisa domanda, di non aver visto il calciatore Paredes prendere e stringere per l’orecchio il reclamante D'Ambrosio». Insomma, se non ha visto ha dell'incredibile data la professione che fa, che immaginiamo abbia come requisito base quello di vederci benissimo. Ma se ha visto, perché mentire? La faccenda ha chiaramente scatenato una bufera non solo contro l'arbitro Chiffi ma anche contro il designatore Rocchi che questo weekend lo ha mandato a fare Bari - Como, in serie B, sperando probabilmente che l'accaduto passasse inosservato. 

Arbitri

Gli arbitri non devono rendere conto delle loro decisioni, né al pubblico pagante e neppure ai tanti abbonati delle varie piattaforme che offrono la visione delle partite. Gli arbitri, di fatto, rispondono solo ad altri arbitri. Non rilasciano interviste e se parlano lo fanno in occasioni in cui non si può chiedere loro dell'attività che svolgono. Il perché, nell'era della comunicazione, è un mistero solo a voler fare gli ingenui. 

Figli di

Poi caso forse più unico che raro, la classe arbitrale italiana, soprattutto nella massima serie, è piena di figli di. Che qualcuno potrebbe anche obiettare, non c'è nulla di male. E' lecito quindi anche pensare il contrario. C'è Luca Pairetto, il cui padre Pierluigi Pairetto è finito nello scandalo di Calciopoli e squalificato per qualche anno. Oggi fa l'osservatore degli arbitri in Piemonte. C'è Giovanni Ayroldi, che è il figlio di Stefano se non pure nipote di Nicola Ayroldi, a loro volta arbitri di calcio. E si potrebbe andare avanti ancora, ma il punto non è far le pulci ai cosiddetti "figli d'arte", ma evidenziare come quello dell'Associazione Italiana Arbitri è un circolo chiuso, e che ha tutto l'interesse a rimanerlo. E pure che ha certe regole, è evidente. Come tutti i circoli chiusi. E non ci riferiamo al regolamento delle partite, quello scritto. Perché altrimenti, la necessità di non dover rendere conto a nessuno, se non per mantenere un potere che, è evidente, proprio per il ruolo che hanno, non dovrebbero avere. Sappiamo bene anche che le colpe dei padri non devono ricadere sui figli, ma chissà perché questo principio non si adopera mai per la gente comune. Siamo così certi che le centinaia di arbitri che ogni domenica dirigono le serie più basse e permettono di disputare i campionati di prima, seconda e terza categoria, ad esempio, hanno avuto le stesse, anzi, le pari opportunità dei figli di? 

Credibilità

Quando si parla della credibilità del nostro calcio, quando ci si chiede perché anche gli imprenditori più facoltosi non hanno voglia di mettere un centesimo nel pallone nostrano, di certo conta la mancanza di adeguate e moderne infrastrutture, che non sono solo gli stadi, ma è altresì evidente che incide anche il fatto che il nostro sistema calcio fa di tutto per perdere, ogni giorno, pezzi di credibilità. 

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