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La crisi del nuoto in Veneto, tra eccesso di impianti e costi di gestione inaffrontabili

Assonuoto e FIN denunciano le criticità che avvolgono la gestione degli impianti natatori, più che raddoppiati negli ultimi anni ma quasi impossibili da mantenere per le società sportive

Una piscina ogni 10mila abitanti. Questa la drammatica proporzione, illustrata da Assonuoto e FIN, che mostra il disagio delle società sportive che gestiscono impianti natatori in Veneto.

SPROPORZIONE TRA DOMANDA E OFFERTA.

Un’attività la cui sostenibilità è messa sempre più a rischio dall'incremento di un’offerta che supera abbondantemente le reali esigenze della domanda. Basti pensare che fino al 2008 la proporzione era di un impianto ogni 20mila abitanti, a conferma di come negli ultimi dieci anni la presenza di piscine in alcune aree del territorio regionale sia effettivamente raddoppiata. Il problema è stato affrontato lunedì 22 geannaio nel corso di un convegno di aggiornamento tecnico, svoltosi a Preganziol e promosso da Assonuoto, l'associazione regionale dei gestori di piscine, e FIN Veneto, il comitato regionale della Federazione nuoto, che hanno ribadito i parametri per una gestione sostenibile degli impianti natatori. Secondo uno studio di fattibilità realizzato da CONI e Regione Veneto nel 2008, prima della crisi economica, per la costruzione di una piscina pubblica coperta standard (che consta generalmente di una vasca da 25 metri a sei corsie e una vaschetta per bambini e corsi di acqua gym di circa cento metri quadrati), con un ammontare di ricavi lordi di un milione di euro e costi di gestione pari a 985mila euro, è necessario un bacino di popolazione di 37.687 abitanti, distribuiti in un raggio di 10 chilometri.

GLI EFFETTI DELLA CRISI.

"In questi ultimi anni in tutto il Nordest sono sorti numerosi impianti, realizzati anche in sinergia pubblico-privato, sulla spinta di una situazione economica che sembrava favorevole - afferma Roberto Cognonato, presidente di FIN Veneto - la crisi in questo settore è arrivata in ritardo e quando ha cominciato a farsi sentire i gestori hanno dovuto fare i conti non solo con il calo degli ingressi, ma anche con un’eccessiva concentrazione di strutture. Così si spiega come mai oggi, dei cento impianti pubblici presenti in Veneto almeno un terzo si trovi in situazione di difficoltà economica". Parallelamente hanno continuato a crescere i costi di gestione, specialmente per gli impianti storici, progettati e realizzati negli anni Settanta, che presentano strutture obsolete, estremamente bisognose di opere di manutenzione straordinaria. "Fino a quarant’anni fa le società si preoccupavano solamente di seguire e sviluppare le attività sportive - afferma il presidente di Assonuoto, Alessandro Valentini -. Il problema è sorto a inizio Duemila, quando le amministrazioni comunali non sono state più in grado di sostenere i costi di manutenzione straordinaria e molte società sportive se ne sono assunte l’onere, sottoscrivendo piani finanziari molto impegnativi in cambio di un allungamento della convenzione stipulata con l’ente comunale. Il tutto, con il solo obiettivo di dare continuità a un servizio alla comunità".

IL PROBLEMA DEI COSTI DI GESTIONE.

Purtroppo non mancano casi di impianti abbandonati per impossibilità di sostenere gli alti costi di gestione, con enormi conseguenze in termini di impatto ambientale e sul paesaggio. D’altra parte, se le manutenzioni straordinarie coprono una fetta importante del bilancio di gestione di una piscina, struttura soggetta a elevata usura, altrettanto ingenti sono le spese per la manutenzione ordinaria (negli impianti più a norma pari ad almeno 70mila euro l’anno) e, soprattutto, quelle relative ai consumi energetici, voce appesantita dal recente aumento del costo della materia prima.

UN'ECCELLENZA DA PRESERVARE.

"In questo quadro fosco, ciò che è a rischio è un servizio pubblico, a forte carattere sociale, che nonostante le difficoltà le società sportive continuano a svolgere per il benessere fisico della collettività e a favore di moltissime tipologie di utenti - commenta Roberto Cognonato, presidente di FIN Veneto -. Oggi sono oltre 740mila i veneti che praticano nuoto, una percentuale inferiore rispetto ad altri sport, ma bisogna ricordare che le discipline natatorie hanno dato molto lustro alla regione, un nome su tutti Federica Pellegrini, la più grande atleta italiana degli ultimi vent’anni. Questo perché le attività agonistiche in Veneto possono contare su tecnici tra i più preparati a livello nazionale e sulla serietà delle società sportive, che non hanno fatto gravare sull’utenza l’aumento dei costi". "È necessaria una revisione delle regole che governano questo servizio e la sua distribuzione nel territorio - conclude Alessandro Valentini -. La nostra regione non necessita di nuovi impianti, ma di investimenti su quelli esistenti, per garantire la continuità di un servizio alla comunità e la tenuta del movimento sportivo. Ci piacerebbe che tra le deleghe richieste nell’ambito del negoziato sull’autonomia del Veneto ci fosse anche quella allo sport, per poter intervenire e trovare una soluzione su base regionale a questa situazione".

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