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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Meno mais, più soia e frumento stabile: grano duro, inizia la trebbiatura in Veneto

Con 16mila ettari a grano duro e 28 milioni di valore produzione, la Pianura Padana si candida a nuovo tavoliere d'Italia

Con 16mila ettari a grano duro e 28 milioni di valore produzione, la pianura padana si candida a nuovo tavoliere d'Italia.

I dati

Come spiega Coldiretti Veneto i cambiamenti climatici hanno spostato alcune colture storiche del Sud verso il Nord e la crescita del 26% del valore nell'ultimo decennio - in gran parte dovuto all'aumento della superficie investita nelle province più interessate Rovigo e Padova - lo confermano. Ad incidere sulle performance del comparto la decisione di alcuni grandi marchi della pasta italiana che hanno scelto la filiera del Made in Italy 100% come il molino trevigiano Jolly Sgambaro, pioniere in questo senso, che lavora quantitativi di chicchi di provenienza certificata e a km zero rispondendo ad una richiesta dei consumatori di provenienza locale. Commenta Coldiretti Veneto: «La produzione di quest'anno, dopo i timori per la siccità ad aprile, sembra presentarsi in linea con la media delle stagioni passate grazie alle piogge di maggio/giugno. Situazione rilevante per il triveneto in controtendenza con i cali previsti su territorio nazionale fino al 20% dovuti al periodo siccitoso. Il Veneto rimane comunque il cuore produttivo: per quanto riguarda il frumento secondo i dati sono 95mila gli ettari seminati per un valore di 112 milioni di euro, Le bizzarie del clima hanno influenzato la superficie a mais, coltura storica per il territorio, che cala significativamente. Tra le colture industriali, cresce in modo importante la soia (il Veneto rappresenta il 45% della produzione nazionale) sia per l’effetto di sostituzione con il granoturco che per la buona adattabilità all’area veneta. Da tenere presente che la soia, in quanto coltura azotofissatrice, migliora la fertilità dei terreni, necessitando di minori input chimici, tant’è che è considerata coltura green dall’Unione Europea.

Consorzio Agrario del NordEst

Punto di riferimento per oltre 60 mila imprese agricole venete e di altre regioni è il Consorzio Agrario del NordEst che ha riunito in assemblea i delegati per l'approvazione del bilancio. I valori parlano di una realtà economica in salute grazie anche allo stoccaggio dei cereali dove 33 magazzini totali, 128 silos  e 22 colonne di essiccazione possono contenere oltre 8milioni di quintali grano tenero e duro, mais, soia, girasole, colza. Vanto per la cerealicoltura e l’indotto una serie di certificazioni che coinvolgono modelli ecosostenibili dall’ogm free al bio fino alla garanzia della filiera Made in Italy. Una presenza strategica sul territorio che interessa proprio la vocazione ai seminativi e grandi colture tuttora principale indirizzo agronomicoi degli imprenditori agricoli regionali. Afferma il presidente Ettore Prandini: «Il rilancio del ruolo dei Consorzi Agrari è oggi legato ad una strategia che richiede una pianificazione nel medio lungo periodo, proponendo di realizzare alcuni obiettivi fondamentali: formazione, ricerca, offerta dei servizi e attenzione alle filiere e ai territori. La delibera del Cda va in questa direzione. L’impegno deciso da tutti i soci è quello di promuovere non solo i volumi del fatturato nell’ambito di una strategia di crescita imprenditoriale quanto di sostenere le tecnologie applicate a processi di produzione efficienti e competitivi. L’agricoltura di precisione da sviluppare in collaborazione con SIS (società sementi italiana) e la ricerca assistita in materia di genetica ecologica  possono acquisire i consorzi agrari tra i protagonisti alla guida delle imprese verso le sfide aperte nell’Unione europea in coerenza con la riforma della politica comune che richiede sostenibilità anche in risposta alla crisi climatica. Un modo di operare che mette, a sua volta, al centro della filiera l‘impresa agricola e pretende una diversa professionalità nella predisposizione di contratti per ridurre posizioni di debolezza e acquisire maggior valore aggiunto ai prodotti della coltivazione e dell’allevamento. In questo quadro i Consorzi Agrari devono avere l’ambizione di non chiedere nulla alla politica e di dare molto al Paese».

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