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Cronaca

Caso Favero sui pazienti dirottati al privato Cassazione annulla il verdetto di assoluzione

In base al giudizio della Suprema Corte, l'ex direttore della Clinica odontoiatrica dell'Azienda ospedaliera di Padova sarà riprocessato davanti ad un'altra sezione della Corte d'Appello

La Corte di Cassazione, annullando il verdetto di assoluzione che era stato espresso dalla Corte d'Appello di Venezia perché "il fatto non sussiste" nei confronti di Gian Antonio Favero, 65enne docente di Implantologia al Bo ed ex direttore della clinica odontoiatrica dell'Azienda ospedaliera di Padova, accusato di abuso d'ufficio con l’aggravante di un vantaggio patrimoniale di rilevante entità, lo rispedisce a processo davanti ad un'altra sezione della Corte d'Appello. La sentenza della Suprema Corte sul caso Favero era arrivata lo scorso novembre. Ora sono state rese note le motivazioni che dovranno essere prese in considerazione nel nuovo processo in appello.

PAZIENTI "DIROTTATI". Il caso del professore era finito sotto le luci della ribalta dopo che, nel dicembre 2012, la trasmissione satirica di Canale 5, "Striscia la Notizia", aveva ipotizzato che il dentista, originario di Oderzo (Treviso) ma residente a Jesolo (Venezia), avesse collaudato un fitto e remunerativo sistema, dirottando oltre cento pazienti dall'azienda ospedaliera patavina ad ambulatori privati.

LA VICENDA GIUDIZIARIA. Dopo il servizio, l'Azienda ospedaliera aveva presentato un esposto in Procura, cui erano seguite le dimissioni di Favero da direttore della clinica odontoiatrica di Padova. Il docente, sospeso dall'insegnamento nell'aprile 2013, venne condannato in primo grado, nel luglio dell'anno successivo, con rito abbreviato, a due anni e due mesi di reclusione, e al risarcimento di 500mila euro all'ex datore di lavoro. Nel maggio 2015, venne rigettato un secondo procedimento disciplinare nei sui confronti e il consiglio di amministrazione dell'università di Padova riassegnò a Favero la cattedra. Nell'ottobre 2015, la Corte d'Appello lo scagionò da ogni accusa.

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