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Cronaca Selvazzano Dentro

Spara e uccide il padre, eseguita l'autopsia: "L'imprenditore non poteva essere salvato"

Ucciso praticamente sul colpo da un unico, letale, colpo di fucile. Per Enrico Boggian, il 52enne assassinato dal figlio adolescente venerdì scorso, non si sarebbe potuto fare nulla

Enrico Boggian - l'imprenditore 52enne ucciso venerdì scorso con un colpo di fucile (una carabina Beretta calibro 22) sparato dal figlio nella sua villetta in via Monte Santo a Selvazzano Dentro - non poteva essere salvato. A rivelarlo è l'autopsia eseguita giovedì dal medico legale Alessia Viero dell'Università di Padova.

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L'AUTOPSIA. L'esame autoptico - affidato dal pubblico ministero Monica Mazza e svoltosi alla presenza del dottor Paolo Fais, consulente incaricato dall'avvocato difensore del sedicenne, Ernesto De Toni - avrebbe rivelato - come riportano i quotidiani locali - che il decesso dell'uomo sarebbe avvenuto nel giro di un minuto e che nulla sarebbe stato possibile per salvargli la vita, neppure se i soccorsi fossero stati allertati nell'immediato. 

FUCILE "ARMATO" DAL FIGLIO. Ad uccidere Boggian, un unico colpo, letale, esploso da una distanza ravvicinata, al massimo mezzo metro. Il proiettile avrebbe provocato un piccolo foro sul lato sinistro della testa dell'uomo, andando a conficcarsi nella parte destra della scatola cranica, dove si sarebbe spaccato in due. L'arma, di proprietà del nonno, sarebbe stata carica, ma, a renderla in grado di uccidere, sarebbe stato il ragazzo: sarebbe stato lui, infatti, a inserire il proiettile in canna. 

GLI INQUIRENTI NON CREDONO ALL'"INCIDENTE". Il figlio dell'imprenditore di Selvazzano è accusato dell'omicidio volontario del padre e ora si trova rinchiuso nel carcere minorile Santa Bona di Treviso (dove ha incontrato la madre) su disposizione del giudice del tribunale dei minori di Venezia Valeria Zancan, in virtù di una possibile - secondo il gip - reiterazione del reato (visto che non risulta al momento un movente). Agli inquirenti continua a ripetere che si è trattato di "un incidente", ma né gli investigatori né il pm né il gip gli credono

L'ARMA "DIMENTICATA IN BAGNO". Intanto, emergono nuovi particolari dalle dichiarazioni rese dall'adolescente: quella mattina non era andato a scuola per un mal di pancia; aveva raggiunto l'abitazione dei nonni, distante poche centinaia di metri dalla propria, e qui, in camera da letto, aveva trovato il fucile, sottratto "per fare uno scherzo a papà"; lo aveva nascosto nel bagno e aveva pranzato con il padre, "dimenticandosi", nel frattempo, dell'arma; più tardi era tornato in bagno per cambiarsi i calzini e se ne era ricordato; l'aveva imbracciata a mo' di mitra e l'aveva puntato alla testa del padre, disteso in relax sul divano della taverna, facendo fuoco; erano le 13.45.

INCONGUENZE. Questa la versione data dal ragazzo agli inquirenti. Ma perché, se è stato solo un incidente, il giovane, invece di allontanarsi in bicicletta dopo lo sparo, non si è affrettato a chiamare i soccorsi (allertati solo alle 14.20) per tentare di salvare la vita al padre (anche se questo non sarebbe stato possibile)? C'è poi la messinscena del rientro e del rinvenimento del cadavere del genitore: secondo il gip, si tratterebbe di un piano studiato e premeditato, nel vano tentativo di allontanare da sé i sospetti. 

UN RAGAZZINO "VIZIATO": "Mi sono spaventato", è la giustificazione del 16enne alla fuga in bici dopo l'assassinio del padre, descritto dall'adolescente come "il mio migliore amico". Gli investigatori, intanto, continuano a scavare nel passato della famiglia, nei rapporti tra padre e figlio. Un figlio accontentato in tutto, tanto che, nonostante lo scarso rendimento scolastico (aveva cambiato tre istituti superiori), aveva ricevuto una moto nuova di zecca prima ancora di prendere la patente (mai conseguita perché bocciato ad entrambi i tentativi).

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