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25 anni dalla morte di Ayrton Senna, da Padova all'ultima curva

«Il giovedì è allo Sheraton a presentare la bici che porta il suo nome - racconta Mauro Giacon, storica firma de Il Gazzettino che di quegli eventi fu testimone - Volevo scrivere della sua vita e mi sono trovato a raccontare la sua ultima corsa»

Primo maggio 1994, primo maggio 2019. Sono passati esattamente 25 anni dalla morte di Ayrton Senna da Silva, una icona senza tempo, un eroe dello sport, un mito moderno. Tanto si è detto e altrettanto si è scritto del pilota di Sao Paulo, della sua morte, di cosa ha rappresentato quell’incidente alla curva del Tamburello sul circuito di Imola, nell’immaginario di tantissimi. «Forse non tutti ricordano i particolari di quel giorno, ma tutti ricordano cosa stavano facendo quando è morto Senna». E’ la prima cosa che ci dice Mauro Giacon, storica firma de Il Gazzettino e grandissimo appassionato di Formula 1. Delle corse amava più di tutto questo grande campione brasiliano, Ayrton Senna appunto. Le loro vite si incrociano e si incontrano proprio negli ultimi giorni di vita del grande pilota.

Ayrton, la bici e Padova

«Il giovedì, prima della gara, il 28 aprile 1994, è allo Sheraton a presentare la bici che porta il suo nome, la Senna Carraro. Aveva appena aperto la fondazione per aiutare i bambini brasiliani e aveva in testa tante idee. Figurati che il proprietario dell’azienda, Enrico Carraro, non ci credeva neppure che il grande Ayrton Senna, il campione di Formula 1, avesse questo grande desiderio, che proprio la sua azienda producesse la sua bici. C’era stato un suo agente, mandato dal pilota a parlarci, ma Carraro non lo aveva presa sul serio, lo aveva scambiato per un mitomane». E come è successo che poi la bici si è fatta davvero, tanto che il campione brasiliano è venuto a Padova a presentarla? «Pronto, sono Ayrton Senna, perché non volete collaborare con me? Solo così si convinsero che davvero era lui e quindi poi ciò che è accaduto poi è stato automatico, dopo che aveva chiamato direttamente in azienda, di persona».

Bellissimo il racconto della sua visita a Padova: «Ayrton Senna non era solo un pilota, era una persona speciale. Grandissimo carisma e acuta intelligenza unita a una grande umiltà che lo portava a trattare sempre tutti alla pari. Figurati che quando è arrivato in azienda da Carraro a vedere la bici, c’erano tutti i lavoratori e tantissima gente fuori dai cancelli. Lui andò a salutare e parlare con tutti, stringendo mani con una straordinaria disponibilità, metteva tutti a proprio agio». I giornalisti in attesa di fare interviste non sono mai troppo felici di queste situazioni, si scherza col collega: «Eravamo tutti rapiti dalla sua naturalezza - sorride Giacon - eravamo davvero attirati dal personaggio. E’ vero, spesso si è impazienti di raccogliere informazioni per andare a scrivere ma quella volta eravamo tutti concentrati sui suoi modi e sulla empatia che aveva immediatamente con tutti».

L'escamotage per il pass

L’indomani, il venerdì 29, ci sono le prove e Senna da Padova, in elicottero come era arrivato, parte che è sera. Mauro Giacon che già aveva l’idea di scrivere su di lui un libro, dopo quell’incontro in cui riesce appunto a parlarci e a fotografarlo in diverse situazioni, si inventa un escamotage per essere accreditato ai tre giorni di gara. «Si vociferava di un possibile ritorno del pilota padovano Patrese alla Williams, così dissi che ci serviva un accredito in più per seguire l’evolversi di questa possibile trattativa. Mi hanno concesso il pass e quando mi sono presentato il primo giorno in sala stampa, il capo redattore dello sport de Il Gazzettino, Beppe Donazzan, dopo avermi chiesto cosa ci facessi lì non termina neppure di fare la domanda che già aveva trovato la risposta», ricorda ridendo Giacon. Non c’è nulla di più interessante poi, si può dire senza paura di essere smentiti,  per un giornalista, di trovarsi all’interno di un grande evento o mentre accade qualcosa di importante o senza avere compiti specifici. Questo permette di vedere ancora più aspetti, paradossalmente, o permettersi il lusso di concentrarsi solo ed esclusivamente su una cosa. Che è quello che sceglie di fare lui, concentrarsi su Senna. Lo incontra nel paddock più volte fino a che rotti gli indugi ci parla. Gli mostra anche le foto che gli ha scattato a Padova.

La morte di Ratzenberger e la bandiera austriaca sotto la tuta

Senna come tutti i piloti è sotto choc per quanto sta accadendo nel Circus della F1. Il venerdì durante le prove libere, lo spaventoso incidente di un giovane Rubens Barrichello. Il sabato la morte di Ratzenberger. Ratzenberger muore sul colpo. Perde sangue dalla bocca e dal naso, ha la spina dorsale spezzata e una frattura alla base cranica, ma si cerca comunque di rianimarlo evitando di dichiararne la morte e anzi lo si trasporta in elicottero in ospedale. Se si dichiarasse morto sul posto si renderebbe necessaria la sospensione del gran premio con il sequestro probatorio della pista e consequenziale annullamento della prova. Senna volle andare sul luogo dell'incidente, la curva Villeneuve, cosa non consentita, ed infatti venne multato. Senna fu veramente colpito dall'incidente mortale a Ratzenberger, tanto che il giorno dopo, quando gli tolsero la tuta gli trovarono una bandiera austriaca, da sventolare in caso di vittoria. «Avrebbe fatto successo in qualsiasi campo, un uomo così», sottolinea il giornalista. 

La mattina della gara

La mattina della gara ha l’espressione di uno che ha dormito poco. Che ci avesse pensato quella notte, a lasciare le gare, è un fatto che è testimoniato da alcune conversazioni che ha avuto. La questione sicurezza stava molto a cuore ai piloti e storicamente hanno sempre lottato per avere migliori condizioni in questo senso. Ma erano anni che non si verificava un incidente mortale. L’ultimo pilota a perdere la vita nel circus della F1 era stato Elio De Angelis, nel lontano 1986 nel corso di una sessione di prove private sul circuito Paul Ricard a Le Castellet, in Francia». All’epoca non era previsto, in caso di test privati, l'obbligo di adozione da parte degli autodromi delle misure di sicurezza adottate per i GP, in particolare l'adeguata collocazione dei soccorritori e dei mezzi di soccorso dislocati sul tracciato, mancanza che gli fu fatale. «Le macchine quell’anno erano velocissime, avevano un'aerodinamica talmente schiacciata al suolo rendeva difficilissimo correggere le traiettorie. Inoltre quelle auto rischiavano in certe situazioni di decollare, come è successo di fatto a Barrichello nell'incidente del venerdì. I piloti lo sapevano, Ayrton lo sapeva. Imola è poi una pista veloce di suo, figuriamoci quindi se non fossero preoccupati». 

L'ultima curva

«Al via ci fu un tamponamento e volarono anche ruote tra il pubblico. Al settimo giro poi, l'incidente di Senna. Da quel momento la Formula 1 è cambiata, doveva cambiare». Tu dov'eri quando è accaduto? In quel momento esatto intendo, dove ti trovavi? In tribuna, in sala stampa? «Mentre tutti i colleghi erano concentrati sui monitor a confrontare tempi, posizioni, traiettorie di guida, io cercavo e guardavo sempre e solo Senna. Così quando al settimo giro è entrato nel rettilineo che porta al traguardo io l'ho visto sfrecciare e arrivare fino all'ingresso della curva del Tamburello. Quando mi volto verso i monitor lo vedo uscire di pista e impattare sul muretto. Abbiamo capito subito tutti cosa era accaduto ma non avevamo il coraggio di ammetterlo». Fu una inchiesta di Auto Sprint a svelare cosa esattamente ha ucciso il pilota. Un piantone saldato male che si è spezzato, un pezzo della sospensione che è volato e si è infilato nell'impatto nella fessura tra la visiera e la scocca del casco, perforandone il cranio. 

25 anni

Cosa rimane di questo grande personaggio, che tipo di messaggio ha lasciato? «Quando ho incontrato la sorella a Bologna, le ho fatto la stessa domanda. Lei mi ha risposto con una frase che diceva sempre lui: mai tradire se stessi». Poi salutandoci dice: «L'ispirazione di voler fare un libro su di lui mi ha dato una grandissima opportunità, perché di quell'ultimo week end della vita di Ayton Senna è emersa tutta la sua sensibilità ma anche quella parte di spiritualità molto importante per lui e che però non gli impediva poi in pista di essere feroce nel cercare il solo obiettivo possibile, la vittoria. Essere testimone di questo è stato un grande privilegio». Schermata 2019-05-01 alle 01.53.20-2

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