rotate-mobile
Attualità

Affaire tamponi rapidi: il caso è a una svolta

Tra pochi giorni si dovrebbe sapere se gli indagati, tra cui la vicentina Simionato, saranno rinviati a giudizio o meno: frattanto le polemiche sulla gestione sanitaria da parte dei vertici della Regione Veneto non si placano

Con ogni probabilità sarà l'udienza del 10 febbraio a stabilire se la vicentina Patrizia Simionato, già direttrice generale della padovana di Azienda zero, dovrà affrontare il dibattimento o se la sua posizione sarà archiviata. L'inchiesta, che è quella che da mesi sta facendo clamore sui media e riguarda la maxi fornitura per i tamponi rapidi nell'ambito della quale è indagato anche il trevigiano Roberto Rigoli. Il rinvio della decisione a venerdì è stato stabilito ieri 6 febbraio dal giudice delle indagini preliminari, il Gip, della città del Santo Maria Luisa Materia dopo una udienza durata ben sette ore. Lo riferisce Ivan Grozny Compasso sul quotidiano Padovaoggi.it che all'argomento ha dedicato un lungo approfondimento.

LA NOVITÀ
La vicenda, com'è noto, riguarda i test rapidi per rilevare nell'organismo la presenza del Covid-19 prodotti dalla ditta Abbott. Per il dottore Rigoli erano affidabilissimi. Tuttavia la procura, il pubblico ministero Benedetto Roberti nella fattispecie, gli contesta di non averli testati come imponeva il bando ad hoc redatto dalla Regione Veneto. E di questo la direttrice generale Simionato che era anche poi colei che ha dato l'ordine di acquisto per i due lotti da 900 mila e 1 milione e 260 mila euro, avrebbe dovuto essere stata consapevole. La difesa di Rigoli, riporta ancora Padovaoggi.it, da quanto si è potuto intuire visto che la seduta era a porte rigorosamente chiuse, si è concentrata sul fatto che il prodotto aveva già una sua certificazione.

LE DIFESE
Le difese, l'avvocato vicentino Alessandro Moscatelli per Simionato e il collega patavino Giuseppe Pavan per Rigoli, hanno sostenuto come i rispettivi assisti, giustappunto il coordinatore delle microbiologie venete Rigoli e l' ex direttrice di Azienda zero, Simionato, fossero tenuti solo a fare un'indagine tecnica: ovvero, riporta ancora Padovaoggi.it «controllare che il kit del tampone fosse completo e corrispondesse a quanto indicato nel bugiardino, mentre l'accusa sostiene che serviva uno screening».

QUERELLE POLITICA
La querelle nata attorno all'inchiesta non ha una valenza solo giudiziaria ma pure politica. Soprattutto se si pensa al trattamento mediatico riservato al virologo Andrea Crisanti. Il professore infatti, da mesi infatti denuncia di essere stato inopinatamente preso di mira dai vertici della Regione Veneto solo perché aveva criticato sulla base di evidenze scientifiche assai solide (questa la doglianza del docente che da poco ha lasciato l'università patavina in polemica con la giunta regionale veneta) la inadeguatezza dei cosiddetti test rapidi per rintracciare, nei soggetti sottoposti ad accertamento, la presenza del Covid-19.

La polemica era definitivamente deflagrata quando Report, popolare programma di approfondimento giornalistico di Rai trealcune settimane fa riportò il contenuto di alcune intercettazioni telefoniche nelle quali il governatore veneto Luca Zaia, attaccava forsennatamente proprio Crisanti, dando conto al suo interlocutore, un alto dirigente della sanità veneta, come fosse stata pensata una strategia per indebolire e isolare lo stesso Crisanti.

LA BAGARRE
Ad ogni modo la Regione Veneto continua ad essere al centro di una bagarre politica di non poco conto nella quale è finito pure il nuovo vicepresidente del Csm, ossia l'avvocato Fabio Pinelli: in passato legale del governatore Zaia. Si tratta del cosiddetto scandalo delle consulenze d'oro.

VICENDE PARALLELE
Le contestazioni mosse a Pinelli, che da una inchiesta parallela a quella su Rigoli è uscito senza alcuna conseguenza perché ritenuto dai magistrati estraneo a condotte penalmente rilevanti, sono anzitutto di natura politica. E stanno facendo clamore pure sui media nazionali. Basti pensare a quanto pubblicato da il Fatto il 3 febbraio in pagina 5. Per non parlare di quanto svelato dalla stessa testata il giorno appresso in pagina 11 con un servizio in cui il titolo non lascia molto spazio all'immaginazione: «L'avvocato Pinelli dettava i suoi mandati legali ai dirigenti del Veneto».

GLI STRASCICHI
E negli strascichi polemici seguiti a quel servizio il nome della Simionato compare ancora una volta. «Patrizia - questo scrive il quotidiano romano - legge e condivide con l'avvocato Pinelli il contenuto delle delibera di nomina quale legale di Azienda zero per l'emergenza Covid-19. L'avvocato Pinelli corregge e implementa il contenuto della delibera», annotano nel loro brogliaccio «i carabinieri del nucleo investigativo di Padova che ascoltano le telefonate. Patrizia è Patrizia Simionato, allora direttrice dell'Azienda zero» la quale funge da centrale di coordinamento di tutte le Ulss venete.

LO SMOTTAMENTO
Ad ogni modo la burrasca attorno al caso Pinelli-Simionato ha provocato uno smottamento anche a palazzo Ferro Fini. La consigliera regionale veneta Cristina Guarda (che è di Lonigo e milita in Europa verde) e la consigliera regionale veneta Erika Baldin di Chioggia (milita nel M5S) non più tardi del 3 febbraio hanno diramato una nota di fuoco (che è circolata pure su alcuni media veneti) nella quale puntano l'indice sui vertici della amministrazione regionale chiedendo al contempo chiarezza sulle modalità di ingaggio dei consulenti esterni. «Come mai Azienda zero - si domandano le due - non ha attivato fin da subito un ufficio legale interno e si è affidata per anni a professionisti esterni con incarichi di consulenze per decine di migliaia di euro? E quali verifiche sono state effettuate sulla regolarità di questi incarichi?». Poi un'altra bordata nella quale si ricorda come su un argomento dello stesso tenore, ossia in materia di consulenze esterne, «la giunta Zaia» non abbia mai risposto ad una «interrogazione dell'aprile 2020».

LETTURA IN FILIGRANA
Se si legge attentamente quella nota però si potrà notare come sia assente il capogruppo del Pd Giacomo Possamai. Secondo «i rumors» circolati a palazzo Ferro Fini questa assenza avrebbe fatto storcere il naso alla base del Pd Veneto. Pinelli nel 2019 è stato il legale che ha brillantemente assistito il giornalista vicentino Paolo Possamai in una vicenda penale spinosa, dalla quale peraltro il giornalista berico uscì a testa alta: anche perché a chiedere la sua assoluzione fu addirittura il pubblico ministero triestino. Il quale non intravvide nell'allora direttore de Il Piccolo di Trieste alcuna condotta penalmente rilevante.

LA POSIZIONE DEL PD
Non è ancora chiaro se il silenzio di Giacomo Possamai che è capogruppo del Pd al consiglio regionale veneto (che è figlio di Paolo) e che è un astro nascente della schiera democratica sia spiegabile con la volontà di non dare un fastidio allo stesso Pinelli. Fastidio che in qualche modo potrebbe riverberasi politicamente sullo stesso Giacomo. Il quale da qualche settimana è il candidato in pectore del centrosinistra alla carica di sindaco di Vicenza. La titubanza dello stesso capogruppo però sarebbe andata di traverso anche a qualche collega della opposizione di centrosinistra. Un centrosinistra che però, questi ancora «i rumors» che provengono dalla laguna, avrebbe deciso di non mettere in piazza questi mal di pancia.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Affaire tamponi rapidi: il caso è a una svolta

PadovaOggi è in caricamento