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Martedì, 28 Novembre 2023
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Ucraina, il racconto di un allevatore di Gazzo: «Rischio di non riuscire più ad alimentare gli animali»

La zootecnia padovana da carne, ricorda Coldiretti Padova, vale quasi 260 milioni di euro nel complesso, tra bovini da carne, suini, carne avicola e conigli, con circa 4.000 allevamenti attivi

La guerra in Ucraina taglia fino al 10% le razioni di cibo a mucche, maiali e polli negli allevamenti che si trovano a fronteggiare la peggiore crisi alimentare per gli animali dalla fine del secondo conflitto mondiale a causa dell’esplosione dei costi dei mangimi e del blocco alle esportazioni di mais dall’Ucraina ed anche dall’Ungheria, con una decisione unilaterale di Budapest che compromette il mercato unico europeo e mina le fondamenta stesse dell’Unione Europea. È l’allarme lanciato dalla Coldiretti in riferimento alla drammatica situazione nelle fattorie italiane che sono costrette a lavorare in perdita per riuscire a nutrire i propri animali per effetto della carenza di materie prime.

Le razioni

Una situazione di grave incertezza e sofferenza che si riflette anche negli allevamenti della nostra provincia, a partire dall’Alta padovana dove ci sono la maggior parte delle aziende impegnate nell’allevamento di bovini di carne e da latte ma anche di suini e conigli, mentre nella Bassa Padovana sono più presenti gli allevamenti bovini da carne e gli avicoli, che ancora devono risollevarsi dalle conseguenze dell’influenza aviaria. A Gazzo Padovano sono decine le stalle, impegnate per lo più nell’allevamento di vacche da latte, alle prese con la stretta sulle forniture e i continui rincari dei costi energetici e delle materie prime. Matteo Ramina, giovane imprenditore, conduce insieme al papà Antonio e allo zio Maurizio l’allevamento di bovini da latte. La sua azienda conta 350 capi totali di cui 160 vacche frisone in lattazione. «Dopo due anni di Covid che hanno lasciato il segno - racconta Matteo Ramina - la guerra in Ucraina ci sta mettendo nuovamente a dura prova e fatichiamo a trovare la materia prima per l’alimentazione dei nostri animali. Io ho portato avanti il mio sogno e affiancato mio padre in azienda, e ora mi vedo in seria difficoltà perché abbiamo affrontato importanti investimenti per poter lavorare serenamente e invece ci troviamo in questa situazione difficile. Ci auguriamo si possa trovare al più presto una soluzione che ci permetta di alimentare i nostri animali senza essere costretti a pesanti perdite».

Il settore

La zootecnia padovana da carne, ricorda Coldiretti Padova, vale quasi 260 milioni di euro nel complesso, tra bovini da carne, suini, carne avicola e conigli, con circa 4.000 allevamenti attivi. I capi bovini nelle stalle padovane sono quasi 100 mila, distribuiti in oltre 2.200 allevamenti, in maggioranza di medie dimensioni. I suini invece sono circa 105 mila e gli allevamenti 1820. Nel 2021 il fatturato per la carne bovina si è stabilizzato dopo il calo dell’anno precedente. Il settore lattiero caseario conta, specie nell’Alta Padovana e Destra Brenta, circa 500 aziende con un fatturato di poco meno di 90 milioni di euro, circa 40 mila vacche da latte, e una produzione di 2 milioni 140 mila quintali di latte l’anno, un quinto del totale veneto, destinato per lo più alla produzione di formaggi Dop e di latticini. Sul fronte della carne suina Padova è la terza provincia, dopo Verona e Treviso, per produzione con 23 mila tonnellate e un fatturato di oltre 33 milioni di euro. «La difficile situazione in cui versano gli allevamenti – spiega Coldiretti Padova - sta provocando effetti sulle forniture alimentari con riduzioni della produzione di latte, carne e uova in un’Italia che è già pesantemente deficitaria in tutti i settori dell’allevamento e produce appena il 51% della carne bovina, il 63% della carne di maiale e i salumi, il 49% della carne di capra e pecora mentre per latte e formaggi si arriva all’84% di autoapprovvigionamento. Con la decisione dell’Ungheria di ostacolare le esportazioni nazionali di cereali, soia e girasole, è a rischio un allevamento tricolore su quattro che dipende per l’alimentazione degli animali dal mais importato dal Paese di Orban e dall’Ucraina che hanno di fatto bloccato le spedizioni e rappresentano i primi due fornitori dell’Italia del prezioso e indispensabile cereale. Dall’Ungheria sono arrivati in Italia ben 1,6 miliardi di chili di mais nel 2021 mentre altri 0,65 miliardi di chili dall’Ucraina per un totale di 2,25 miliardi di chili che rappresentano circa la metà delle importazioni totali dell’Italia che dipende dall’estero per oltre la metà (53%) del proprio fabbisogno».

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