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Sondaggio tra imprenditori, priorità alla riduzione dei costi dell’energia ma il 50% non crede nel governo Meloni

Assindustria ha chiesto ai suoi cosa ne pensa dello scenario post-elettorale: il 30% chiede lotta all’inflazione che comprime i redditi e la domanda. Più indietro l’autonomia (6%)

La crisi energetica e l’urgenza di un intervento con effetto immediato per frenare i prezzi ed evitare ulteriori danni all’economia, il contrasto all’inflazione (11,1% su base annua) che sta erodendo i bilanci di famiglie e imprese e la riduzione della pressione fiscale, a iniziare da un più incisivo taglio del cuneo per aumentare il netto in busta paga e la competitività. E poi la sicurezza di forniture energetiche e approvvigionamenti per traversare l’inverno senza l’incubo di uno stop delle forniture di gas russo, costi alle stelle e interruzioni produttive.

Imprenditori

Gli imprenditori di Padova e Treviso interpellati da un sondaggio di opinione (Lo scenario post-elettorale e l’agenda di Governo) condotto da Assindustria Venetocentro, in collaborazione con Fondazione Nord Est, dal 4 al 21 ottobre su un campione di 547 imprese delle due province, indicano precise urgenze all’agenda che incombe sul nuovo Governo. Il primo a leadership femminile, chiamato ad affrontare le emergenze del Paese, le nubi di recessione all’orizzonte.

I temi

Richiesti di esprimersi sui temi (due in ordine di importanza) che il Governo Meloni dovrebbe affrontare nei primi 100 giorni per dare sostegno e ossigeno alle imprese, il 59,4% degli imprenditori indica tra i due più urgenti la riduzione dei costi delle forniture energetiche (elettricità, gas), in discesa dopo la bozza di accordo a Bruxelles ma ancora insostenibili, che tra agosto 2021 e agosto 2022 si sono tradotti in un aumento dei costi di produzione nell’industria del 40%, oltre alla difficoltà nel rinnovare i contratti di fornitura. Seguono a distanza, per il 30% del campione, le azioni di contrasto all’inflazione e all’aumento generale dei prezzi che comprimono potere d’acquisto, consumi e investimenti. Quindi la riduzione della pressione fiscale (per il 26,7%), la garanzia delle forniture energetiche alle imprese (22,5%), pressochè in linea con la riduzione del cuneo fiscale e contributivo sul lavoro (22,1%). Il combinarsi di fattori straordinari (la guerra in Ucraina, l’impennata inflattiva) mette temporaneamente in sordina altri temi all’esordio dei primi 100 giorni del Governo: come la riduzione del costo delle materie prime non energetiche (per l’11,3%), le misure per il sostegno all’occupazione (6,4%) o l’autonomia del Veneto (6,0%). Residuale l’introduzione del salario minimo (1,3%).

L'agenda

Un’agenda di misure immediate in gran parte sovrapponibile e motivata con i rischi al ribasso per il prossimo futuro dell’economia italiana che più preoccupano gli imprenditori di Padova e Treviso. In cima c’è l’eventualità di nuovi, forti rincari dei prezzi di elettricità e gas (per il 43,3%), l’aumento dell’inflazione (27,6%), i rischi geopolitici derivanti dalle guerre (22,9%), l’innalzamento del prezzo delle materie prime (22,1%), la dipendenza dalle forniture di altri Paesi (15,5%). In questo scenario soggetto alle condizioni esterne, preoccupano meno l’instabilità politica italiana (indicata dal 12,6%), la mancanza di lavoratori (11,2%), la debolezza della domanda interna (10,1%), molto meno una nuova ondata di contagi da Covid-19 (1,3%).

Destro

«Il sondaggio conferma la forte preoccupazione degli imprenditori, alle prese con costi insostenibili e la difficoltà nel chiudere i nuovi contratti di fornitura di gas ed elettricità, e i fattori di rischio per l’economia italiana e regionale, che stanno abbassando sensibilmente le prospettive di crescita, nonostante l’andamento positivo nella prima parte del 2022 - dichiara Leopoldo Destro, Presidente di Assindustria Venetocentro -. La priorità assoluta è fermare i prezzi dell’energia (gas ancora 10 volte sopra i livelli pre-Covid) e mettere in sicurezza la manifattura perché la ricchezza la creano le imprese con i loro lavoratori, come si è espresso con chiarezza il Presidente Giorgia Meloni. Dal Governo ci attendiamo un’azione determinata di contrasto all’aumento dei prezzi e di tutela di famiglie e imprese, a cominciare dal nuovo Dl Aiuti e dalla legge di Bilancio, la proroga rinforzata delle misure di emergenza e del credito di imposta per gli acquisti di energia e gli investimenti in efficienza da parte delle imprese, trovando i fondi necessari nei mille e più miliardi di spesa pubblica, senza deficit aggiuntivo. E che prosegua l’interlocuzione in Europa per trasformare l’accordo politico sul gas in decisioni operative. Allo stesso tempo, dobbiamo mantenere salda la rotta e accelerare nell’attuazione del Pnrr, continuare a investire per cogliere le opportunità offerte da uno scenario in perenne riconfigurazione. Oltre la congiuntura - sottolinea Destro - l’auspicio è una legislatura che non abbia paura a parlare di industria e con l’industria, che ci consideri come interlocutori con i quali progettare, innovare e creare il futuro. Apprezziamo le parole del Presidente Meloni sui corpi intermedi, a cui dovranno seguire azioni conseguenti, siamo pronti a confrontarci con spirito di collaborazione nell’interesse dei nostri territori e del Paese».

Pessimismo

Quanto al nuovo quadro politico suggellato dall’esito elettorale e dal passaggio di consegne con Mario Draghi, per il 50,3% degli imprenditori garantirà una maggioranza stabile al Governo Meloni. Ma il 43,9% è pessimista sulla tenuta della coalizione. Richiesti infine di esprimere un’opinione sull’Italia post-elettorale, il 43,3% degli imprenditori ritiene che il nostro Paese abbia minore prestigio internazionale e una quota analoga (42,2%) uguale prestigio; il 38,8% che abbia minore influenza in Europa (il 44,1% uguale) e il 37,1 minore fiducia dei mercati (fiducia invariata per il 44,6%, maggiore per il 10,4). Il 32,5% ritiene che il nuovo assetto politico dell’Italia comporti una minore capacità di coniugare crescita economica e tenuta dei conti, il 44,4% attribuisce una capacità uguale, anzi maggiore per il 14,6%. Infine, la maggioranza degli imprenditori (57,5%) considera invariata la capacità di spendere i soldi del Pnrr (minore per il 23,9%, maggiore per il 10,6), decisiva per la tenuta e la crescita del sistema Paese.

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