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Mercoledì, 24 Aprile 2024
CARO BOLLETTE

Caro bollette, i baristi espongono le fatture in vetrina per giustificare gli aumenti

Le spese sono passate da 30 milioni ad oltre 65 milioni di euro in pochi mesi. Appe prepara l'operazione trasparenza

Esporre in vetrina i costi delle bollette del luglio 2021 e luglio 2022, richiedere incontri urgenti con i politici padovani, sensibilizzare gli esercenti sulla necessità di valutare attentamente i livelli dei prezzi e dei costi, ma non sono escluse anche manifestazioni più eclatanti, che richiamino l’attenzione di tutti sul momento drammatico che stano vivendo i pubblici esercizi. Sono queste le linee d’azione deliberate dal Comitato Direttivo dell’Appe (Associazione Provinciale Pubblici Esercizi) di Padova, che si è riunito in via urgente e straordinaria per affrontare il tema degli aumenti spropositati che stanno subendo, ormai da diversi mesi, le imprese di somministrazione di alimenti e bevande: bar, ristoranti, pizzerie, pasticcerie, gelaterie, sale da ballo.

Il presidente Alajmo

«Durante la riunione – dichiara Erminio Alajmo, Presidente Appe – abbiamo deciso di proporre anche in provincia di Padova l’iniziativa “Bollette in vetrina”, ideata da Fipe, che consiste nell’esposizione proprio nelle vetrine dei locali dell’importo della fattura di energia elettrica di luglio 2021 e luglio 2022: balzerà così subito all’occhio del cliente quanto incidano in termini economici gli aumenti e quanto sia difficile per l’esercente assorbirne le conseguenze». I conti fatti dall’Appe non lasciano spazio a dubbi: nel 2021 i 3.000 pubblici esercizi padovani hanno speso per l’energia elettrica circa 30,6 milioni di euro, mentre a tariffe attuali nel 2022 finiranno con lo spendere 65,8 milioni: una differenza di oltre 35 milioni che, di fatto, mette a rischio chiusura almeno 600 aziende, con la perdita di oltre 3.000 posti di lavoro. «Gli aumenti non riguardano – sottolinea Alajmo – soltanto le utenze energetiche, ma negli ultimi mesi sono cresciuti i prezzi anche di latte e derivati (burro, panna, formaggi), farine, verdure e tutte le materie prime che sono la base del nostro lavoro: gli incrementi su alcuni prodotti sono già arrivati anche al 30%».

Saccolongo

Aumenti che, peraltro, si sono materializzati nel giro di pochissimi mesi, impedendo agli imprenditori di organizzarsi e programmare gli acquisti, anche in considerazione del fatto che alcuni prodotti cominciano a scarseggiare. «Ad esempio – conferma Vincenzo Allegra, titolare del ristorante pizzeria Il Console di Saccolongo – oggi non sappiamo se e quanta legna avremo a disposizione quest’inverno per il forno della pizza, oltre a non conoscerne il prezzo, che ad oggi è raddoppiato rispetto all’anno scorso, ma che in prospettiva potrebbe aumentare a dismisura, mettendo in crisi un intero settore». Simili considerazioni valgono anche per le confezioni di panettoni natalizi, le bibite e l’acqua frizzante. «Prenotare una quantità di prodotti – dichiara Federica Luni, Presidente del Gruppo pasticceri Appe – e bloccare il prezzo è pura utopia: si ordina e si paga quello che ci viene consegnato. Pensare di programmare il lavoro, in queste condizioni, è impossibile».

Sopravvivenza

Nel breve periodo, secondo l’Associazione degli esercenti, è fondamentale garantire la sopravvivenza delle imprese, adeguando i prezzi dei listini, per garantire il mantenimento dei posti di lavoro. «Non dimentichiamo – sottolinea il Segretario Filippo Segato – che i pubblici esercizi vengono da due anni e mezzo di limitazioni, durante i quali si sono indebitati, molto spesso hanno perso i collaboratori, che si sono spostati in altri comparti produttivi, hanno subìto i continui “stop and go” decisi dal Governo: per riuscire ad assorbire questo ulteriore aggravio, un aggiornamento dei listini è ineludibile, anche per mantenere l’alto livello qualitativo del prodotto e del servizio reso ai consumatori». Lo stesso Segato ricorda che i dati Fipe relativi all’inflazione nella ristorazione vedono l’Italia come uno dei paesi più virtuosi d’Europa (+4,9% a luglio 2022 su base annua, contro una media europea del +7,4%). «Quando l’Associazione – prosegue il Segretario – predisponeva il listino prezzi massimi applicabili, in periodi di forte inflazione, come quello attuale, provvedeva ad aggiornarlo anche due volte all’anno e, indici Istat alla mano, il prezzo “giusto” del caffè ad oggi sarebbe già intorno all’euro e mezzo».

Aumenti

Piccoli e giustificati aumenti che possono garantire la sopravvivenza dei locali pubblici, che rappresentano anche un presidio di sicurezza, decoro e accoglienza e che, in quanto tali, andrebbero tutelati e agevolati.
«Soluzioni – prosegue Alajmo – come sospensioni di attività o chiusure temporanee, con i dipendenti in cassa integrazione, non sono applicabili al nostro settore, in quanto comunque occorrerebbe lasciare in funzione frigoriferi, vetrine e celle refrigerate, con la conseguenza di avere comunque dei consumi energetici a fronte di zero incassi». Il Comitato Direttivo Appe ha inoltre deciso di inviare una richiesta urgente di incontro, prima delle votazioni del prossimo 25 settembre, agli esponenti politici locali, per far loro presente la drammatica situazione.
Agli stessi candidati sarà presentato un “decalogo” contenente alcune proposte per il rilancio del settore dei pubblici esercizi, che in provincia di Padova conta circa 3.000 imprese (1.400 bar, 1.500 ristoranti, pizzerie e trattorie e 100 tra pasticcerie, gelaterie e altre attività), che danno lavoro a circa 15.000 addetti. «Siamo consapevoli – conferma il Presidente Alajmo – di quanto in questo momento di campagna elettorale le promesse siano facili, ma almeno avremo modo, dopo l’esito del voto, di stare con il “fiato sul collo” di senatori e deputati e chiedere loro una maggiore attenzione alle nostre esigenze».

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