Da diciassette anni in Italia, le negano la cittadinanza: sicurezza nazionale, risponde il Ministero
Una vicenda paradossale quella di Muhlise che vive ad Albignasego con i due figli e il marito. Entrambi curdi con passaporto turco, lui era finito in un'inchiesta rivelatasi un buco nell'acqua in cui si teorizzava un suo legame con il Pkk
Le hanno negato la cittadinanza, per motivi legati alla sicurezza nazionale. Cittadina turca, in Italia dal 2006, è arrivata il 1 gennaio con i figli di uno e due anni, per raggiungere il marito Hayri Gök, che invece era qui dal 2004. Cittadino turco anche lui, di origine curda, in Italia ha goduto dello status di rifugiato fino al 2015 quando è riuscito ad ottenere il passaporto turco. Lo stesso passaporto ha anche Muhlise. Sono quindi due cittadini regolari turchi che vivono e lavorano in Italia da circa diciassette anni. Imprenditori nel settore alimentare, la loro azienda all’ingrosso e distribuzione conta cinque dipendenti. Ora grandi, i figli studiano e lavorano. Li abbiamo incontrati nella loro bella casa ad Albignasego.
Curdi
Hayri in Italia godeva dello status di rifugiato fino al 2014. Ha lasciato il suo villaggio, Kaynarca Varto e il suo Paese nel 1998, a vent’anni, a seguito di una serie di violente azioni da parte dell’esercito turco nei confronti della popolazione curda. Sono gli anni in cui l’organizzazione politica del Pkk viene dichiarata fuorilegge dal Governo centrale. Nel suo documento turco è specificata l'etnia, curda. Essere curdo non vuol dire automaticamente che si è militanti politici anche se non si può nascondere che è raro trovarne uno o una che sia felice della persecuzione che subiscono dal governo turco. Dei curdi, dopo anni di silenzio a fronte di un condizione durissima a cui sono stati costretti, si è tornato a parlare per quanto fatto per opporsi all’Isis, che coltivava il sogno, a dire il vero un incubo, d’imporre col terrore uno stato islamico in Siria e Iraq. Quanti articoli sulle meravigliose combattenti abbiamo letto in questi anni.
Relazioni
Nel 2013 Hayri finisce in una bizzarra inchiesta insieme a quattro suoi connazionali dalla quale esce assolutamente pulito. Sul web ci sono ancora tracce di quella indagine talmente sconclusionata che riusciva a mettere insieme mondi lontanissimi come l’organizzazione militare libanese Hezbollah e appunto il Pkk. La prima ha forti relazioni con il governo centrale di Assad in Siria, la seconda invece è una forte voce di dissenso proprio rispetto a quel regime. Non che nel 2013 fosse tanto diverso. E’ questa inchiesta che si risolse rapidamente con un buco nell'acqua, che potrebbe rappresentare l’ostacolo per far sì che Hayri e soprattutto la moglie Muhlise, possano ottenere la cittadinanza. Gli altri che finirono sotto indagine oggi sono tutti cittadini tedeschi regolari, con tanto di documenti. L'idea era che queste persone, tutte commercianti, si scambiassero soldi per finanziare azioni. In pochi giorni si verificò che invece erano semplici rapporti commerciali tra fornitori e clienti.
Pregiudizio
L’assioma curdo – terrorista è non solo un pregiudizio pericoloso ma ricalca esattamente la politica aggressiva e discriminatoria turca verso quella che non si può certo definire una minoranza del suo Paese. Anche oggi, mentre scriviamo, le forze militari turche occupano le province curde nel sud del Paese e lanciano attacchi nei cantoni siriani a maggioranza curda quotidianamente da una decina di anni. E' dalla Turchia che la maggior parte di combattenti Isis sono entrati in Siria e in Iraq per compiere mattanze di cui forse troppo in fretta in occidente si è dimenticato.
Muhlise
«Sono qui da diciassette anni, ho fatto crescere i miei figli qui. Abbiamo preso casa, abbiamo lavorato sempre senza mai chiedere nulla a nessuno. L'asilo politico lo abbiamo ottenuto perché siamo curdi, non perché abbiamo fatto nulla di male. Hayri lo ha ottenuto prima di noi, poi è arrivato anche a me e ai miei figli», ci spiega amareggiata Muhlise. «Io voglio la cittadinanza italiana, io non sono turca. Vivo qui da diciassette anni, non ho nessuna intenzione di tornare in Turchia, la mia vita è in Italia. Abbiamo fatto tanti sacrifici in questi anni, viviamo in una casa che abbiamo acquistato e restaurato dopo tanti anni in affitto. Non riesco a spiegarmi perché non mi concedano questo diritto. Se è per quella indagine in cui fu coinvolto mio marito, nel 2012, non solo si è rivelata un buco nell'acqua ma non c'è nessuna traccia di quello neppure sulla sua fedina penale». Poi per la legge italiana voi non siete neppure sposati: «E' giusto una questione burocratica», sorride Muhlise guardando Hayri. «Paghiamo le tasse, i nostri figli sono cresciuti qui, il più grande lavora con Hayri mentre mia figlia Demsal studia all'Istituto Einaudi Gramsci dove è pure rappresentante d'istituto», ci dice orgogliosa.
Legale
Il legale della famiglia Gök, l'avvocato Leonardo Arnau, ha così commentato la vicenda: «Hayri è incorso, come capita a troppi, in una vicenda processuale paradossale che, nella sostanza, poggiava sull’assioma curdo uguale terrorista. Il Tribunale del Riesame di Venezia annullò per carenza di indizi di colpevolezza la misura cautelare alla quale era stato sottoposto, dopo appena dieci giorni. Abbiamo poi scelto di affrontare il rito ordinario, con i testimoni, sicuri della assoluta infondatezza delle accuse. Il Tribunale di Venezia, dopo una lunga istruttoria, durata quattro anni, ha assolto Hayri e gli altri coimputati perché il fatto non sussiste. Un esito che ha ripagato la forte pressione mediatica che ha caratterizzato l’avvio del procedimento». L'avvocato poi sottolinea un altro aspetto, che riguarda appunto la cittadinanza negata alla compagna di Hayri: «Quanto a Mulhise, persona estranea ad ogni vicenda giudiziaria, appare incomprensibile il rifiuto della cittadinanza, motivato dal processo subito (con assoluzione) dal marito. È contraddittorio per lo Stato, da un lato, riconoscere loro la qualifica di rifugiato, sulla scorta della accertata discriminazione subita in Turchia dai curdi e poi rifiutare la cittadinanza italiana a persone che hanno sposato appieno i valori costituzionali della nostra Repubblica».