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Crollo sulla Marmolada, il Bo pubblica il primo studio sulle cause che uccisero 11 alpinisti

Un team di ricercatori internazionale, coordinato dal professor Aldino Bondesan dell’Università di Padova, ha pubblicato lo studio The climate-driven disaster of the Marmolada Glacier sulla rivista «Geomorphology», ripresa anche negli highlighs di «Nature», che costituisce il primo lavoro che indaga le possibili cause e i meccanismi del collasso

Il 3 luglio 2022, alle 13:43:20, si sono staccate improvvisamente dal ghiacciaio della Marmolada, nelle Dolomiti, circa 64.000 tonnellate di acqua, ghiaccio e detriti rocciosi, dando origine ad una valanga che ha travolto e ucciso 11 alpinisti, mentre altri 7 sono rimasti feriti. Un team di ricercatori internazionale, coordinato dal profesor Aldino Bondesan dell’Università di Padova, ha pubblicato lo studio The climate-driven disaster of the Marmolada Glacier (Italy) sulla rivista «Geomorphology», ripresa anche negli highlighs di «Nature» (https://www.nature.com/articles/d41586-023-01030-z), che costituisce il primo lavoro che indaga le possibili cause e i meccanismi del collasso.

I fatti

La valanga di ghiaccio e detriti si è arrestata in un canalone dopo aver percorso circa 2,3 km lungo il pendio. Il crollo è avvenuto nella parte alta del versante settentrionale della Marmolada alla quota di 3213 m s.l.m. e ha interessato un lembo sommitale del ghiacciaio, nei pressi di Punta Rocca. Questo piccolo ghiacciaio residuale era parte integrante dell’ampia fronte glaciale fino a circa un decennio fa, e oggi, a causa della frammentazione causata dall'arretramento, è rimasto isolato e racchiuso entro una nicchia sul versante esposto a settentrione appena al di sotto della cresta. L'evento è stato documentato da diversi video registrati da escursionisti che si trovavano sul posto, che hanno aiutato nell’analisi delle cause del collasso. L'energia sismica rilasciata dall'evento è stata paragonabile a un terremoto di magnitudo pari a 0,6.

Bondesan

«Un'analisi dettagliata delle immagini satellitari e aeree stereoscopiche, scattate prima e dopo l'evento, ci ha consentito di analizzare le modalità di collasso – spiega il prof Bondesan -. Il distacco è stato in gran parte causato da un cedimento lungo un crepaccio mediano, in parte occupato da un enorme volume di acqua di disgelo generato dalle temperature altamente anomale della tarda primavera e dell'inizio dell'estate. Al momento dell’evento erano stati raggiunti in quota i 10.7 ◦C. La fitta rete di crepacci insieme alla morfologia e alle proprietà della superficie rocciosa basale hanno predisposto questo settore glaciale al collasso, la cui causa scatenante è da individuarsi nella pressione sovrastante causata dall'eccesso di acqua di fusione. Sono stati individuati due meccanismi concomitanti che hanno provocato l'instabilità con conseguente crollo improvviso del ghiacciaio: l’acqua infiltrata all’interno di un crepaccio del ghiacciaio ha causato da sotto una pressione tale da sollevare lo strato di ghiaccio; quando l’acqua è penetrata all’interno dei sedimenti basali si è verificata una spinta al galleggiamento, essendo il ghiaccio meno denso dell’acqua.»

Link allo studio:

https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0169555X23001071

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