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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Attualità

Padova pioniera della cura dell’Alzheimer con l'arte e le visite ai musei civici

Il percorso innovativo di stimolazione cognitivo-comunicativa con le arti visive è stato curato da Donata Gollin, Cristina Ruaro, Alessia Gallo, Barbara Luciana Cenere e Marco Simoni

L’idea di coniugare arte e neuroriabilitazione nasce dalle crescenti evidenze scientifiche in merito ai benefici dei programmi museali per le persone che vivono con declino cognitivo. Il progetto StArt, tuttavia, si differenzia dalle numerose esperienze internazionali descritte in letteratura in quanto, non parte dall’istituzione museale, ma nasce e si sviluppa in un contesto medico-riabilitativo allo scopo di portare la riabilitazione oltre i confini del contesto sanitario, negli spazi della comunità, come ad esempio il museo o altri siti culturali locali.

Il volume

Il 15 marzo alle ore 17.30, presso la Sala del Romanino, all’interno dei Musei Civici Eremitani di Padova, verrà presentato il volume  “Una palestra per la mente al museo, Progetto StArt: Percorso innovativo di stimolazione cognitivo-comunicativa con le arti visive”, Donata Gollin, Cristina Ruaro, Alessia Gallo, Barbara Luciana Cenere e Marco Simoni. Edizioni Erickson, Trento, 2022. Il libro è il frutto di un progetto che è stato realizzato nel corso di diversi anni denominato Progetto StArt (acronimo che significa stimolazione con l’arte) ideato presso il Centro Regionale per lo studio e la cura dell’Invecchiamento Cerebrale (CRIC) dell’Azienda Ospedale Università di Padova, in collaborazione con il Comune di Padova e il Dipartimento dei Beni culturali dell’Università degli Studi di Padova. Nel manuale viene illustrato un protocollo di terapia di attivazione cognitivo-comunicativa mediato dalle arti visive pensato per la persona che vive con un disturbo neurocognitivo (come ad esempio la malattia di Alzheimer) in fase lieve-moderata. Il protocollo non si connota come arte terapia ma come percorso di riabilitazione e può essere svolto, non solo presso la struttura sanitaria, ma anche presso siti museali e di interesse storico-artistico.  

L'obiettivo

La forte e convinta condivisione e integrazione fra diverse competenze professionali ha fatto incontrare due mondi apparentemente molto distanti, quello dell’arte e quello della riabilitazione. Il percorso che ne è scaturito è co-progettato con la persona interessata, riabilitativo ma anche formativo ed educativo sui piani artistico e sociale. La disabilità cognitiva rappresenta ancora oggi un pesante fattore di discriminazione: in questo senso, il valore formativo ed educativo del percorso proposto, restituisce alla persona che lo intraprende l’opportunità e il diritto di continuare a imparare. Il lavoro svolto in seduta e le visite al museo contribuiscono a stabilire un rapporto di familiarità con i musei in generale, e permette di vedere questi luoghi non più come austeri e inavvicinabili, ma come realtà vive e accessibili, luoghi piacevoli in cui andare o in cui ritornare, magari in compagnia dei propri familiari o di amici, sentendosi perfettamente a proprio agio. 

Il progetto

Il Progetto StArt è, in definitiva, un «modello» che ottimizza risorse pubbliche esistenti (Azienda Ospedaliera, Comune, Università) integrandole fra loro in modo da creare una rete con le medesime finalità. Costituisce un sistema culturale che aumenta le opzioni terapeutiche e promuove cultura sulla fragilità e sulla malattia, che investe sulle risorse della persona contrastando la tendenza a rendere la disabilità cognitiva un elemento di discriminazione. Grazie al Progetto StArt, infatti, il Dipartimento dei Beni culturali dell’Università degli Studi di Padova offre ai propri studenti l’opportunità di svolgere un tirocinio formativo presso il CRIC. Nel prossimo futuro, questi stessi studenti potrebbero lavorare all’interno di un’istituzione museale o in un contesto didattico e, come dei moltiplicatori, diffondere questo nuovo approccio. La sensibilità, le conoscenze e le competenze acquisite dagli studenti contribuiranno in modo significativo a modificare la percezione sociale della malattia, a superare lo stigma e i preconcetti che ad essa si legano. 

La sinergia

La sinergia fra le diverse istituzioni consente, inoltre, di realizzare un modello terapeutico economicamente sostenibile e riproducibile, in grado di affrontare una sfida rilevante non solo sotto il profilo clinico, ma anche sotto quello sociale e culturale. Nell’ambito del Progetto StArt, Azienda Ospedaliera, Comune e Università diventano nodi di una rete che tramite l’arte realizza opportunità di relazione e inclusione sociale, al fine di mantenere la persona saldamente ancorata alla propria comunità e parte integrante e attiva del proprio tessuto sociale e del proprio percorso di cura. Una rete in continuo dialogo per costruire una cultura comune, per affrontare una grande sfida sociale, una sfida di democrazia, per generare rispetto, diritti, condivisione, sostenibilità, nuove competenze professionali. 

Commenti

L’assessora al sociale Margherita Colonnello commenta: «Siamo veramente orgogliosi a Padova, come Comune, come Università e come Azienda Ospedaliera di poter presentare un progetto che mette assieme diverse discipline, in questo caso la storia dell’arte e la medicina, per dare ai pazienti malati di Alzheimer un nuovo modo per tornare a essere parte attiva della società, in questo caso fare riabilitazione proprio all’interno  del nostro Museo degli Eremitani.  E’ un modo per far tornare persone, che dopo la diagnosi  si sono ritratte tra le pareti di casa uscendo solo per andare in ospedale, in un luogo frequentato da tutti, e far ritrovare loro attraverso l’arte anche le memorie più antiche».  L’assessore alla cultura Andrea Colasio chiosa: «L’arte, da sempre, trasmette emozioni, che toccano la parte più profonda e intima delle persone.  Ed è grazie a questa sua capacità che possiamo utilizzarla come ‘gancio’ per recuperare una relazione con chi progressivamente perde questa capacità con progredire delle malattie neurocognitive.  E’ un grande piacere sapere che le opere d’arte del nostro museo, svolgono questa funzione terapeutica, e che questo protocollo sviluppato in collaborazione con l’Università e l’Azienda Ospedaliera di Padova è il primo del genere in Italia ed è stato validato come trattamento terapeutica riconosciuto e applicabile nella pratica quotidiana». Barbara Luciana Cenere, Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università di Padova e coautrice del volume spiega: «Il linguaggio dell’arte è terapeutico perché di fatto tutte le arti, fanno leva su quelli che sono i circuiti emozionali, quindi quelli che si preservano rispetto a quelli della memoria.  Le emozioni, il fatto che ci sia un contatto visivo con l’opera d’arte permette alla persona di andare a ripescare attimi del vissuto e questo ha una valenza aggiunta.   Questo è un progetto che nasce dalla collaborazione di più Enti. Di fatto si parte dalle sedute ambulatoriali che all’interno della riabilitazione in ambito logopedico adottano quelle che sono le arti visive. Quindi in ambulatorio i pazienti hanno la possibilità di vedere  l’opera d’arte per la prima volta, vengono guidati  attraverso una serie di domande alla lettura stilistica e formale dell’opera, e successivamente passano alle attività prettamente logopediche, poi in un secondo momento i  pazienti hanno la possibilità di rivedere  le opere d’arte all’interno della realtà museale, in un contesto più comunitario dove emergono meglio le sensazioni provate nella seduta in ambulatorio». Carlo Gabelli, responsabile del Centro Regionale per l’invecchiamento cerebrale dell’Azienda Ospedaliera di Padova sottolinea: «I benefici di questo progetto, sono molteplici  innanzitutto sono quelli di riuscire a far capire al paziente che ci sono molte cose che può fare. Non ci sono solo cose che ha perso, una delle preoccupazioni maggiori espresse da ogni paziente, ma tante altre che può ancora fare. E poi la socializzazione, che è una leva importante per quanto riguarda lo stimolo cognitivo, viene unita alla stimolazione  artistica e quindi riesce a riappropriarsi di una parte della città importante che è  appunto il museo, e riesce a farlo in un gruppo rassicurante, senza dover affrontare da solo questa prova. Questa cosa si riunisce a delle tecniche di stimolazione cognitive che sono già da tempo state provate e consolidate per migliorare le sue capacità cognitive e si abbina ai farmaci che sono necessari nella terapia delle malattie di questo genere».

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