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Giovedì, 25 Aprile 2024
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L'esempio di Falcone e degli uomini della sua scorta sul Liston: in una teca i resti di una delle auto

Di fronte a Palazzo Moroni quel che resta della seconda auto che scortava il giudice quel maledetto 23 maggio del 1992, quando, a Capaci, con 500 kg di tritolo la mafia uccise il giudice Giovanni Falcone, sua moglie e gli uomini della scorta

L'auto che scortava il giudice Falcone, la Croma che aveva il nome di "Quarto Savona 15", è fino a giovedì 14 aprile esposta sul Liston, di fronte a Palazzo Moroni. Alle 17 di martedì 12 aprile è stata scoperta la grande teca all'interno della quale ne sono conservati i resti. Lamiere e rottami che non lasciano indifferenti. In tantissimi, oltre alle autorità tra cui il capo della Dia nazionale, Maurizio Vallone, presenti di fronte al Comune per un momento molto toccante. Con Vallone la vedova di uno degli uomini della scorta del giudice, Tina Montinaro. E' lei che è il motore di questa iniziativa che non serve solo a mantenere la memoria di chi, per lottare contro la mafia ha perso la vita, ma anche per ricordare che la mafia esiste ancora e non bisogna abbassare il livello di attenzione. «Una teca di un metro e mezzo per un metro e mezzo che contiene un'auto blindata. Fa già una certa impressione anche solo a dirlo», fa notare Vallone. «Noi lo ricordiamo sempre che dentro quell'auto c'erano persone, padri, mariti, figli». Lo ricorda benissimo, usando sempre le parole giuste, la vedova Montinaro, Tina, presente anche oggi a Padova. Lei è uno dei motori di questa iniziativa che da anni porta in giro per l'Italia questa particolare teca per raccontare a tutti cos'è la mafia e perché bisogna sconfiggerla. 

Un giorno che ha segnato la storia d'Italia, quel 23 maggio del 1992, quando sull’autostrada A29, all’altezza dello svincolo di Capaci in zona Isola delle Femmine, in quella che è la strada che dall’aeroporto di Punta Raisi, ribattezzato poi col nome di Falcone e Borsellino, va a Palermo, l'esplosione di 500 chili di tritolo investì le macchine che scortavano proprio il giudice Giovanni Falcone. La prima auto blindata del corteo venne investita in pieno dall'esplosione uccidendo sul colpo gli agenti della Polizia di Stato Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo. La seconda auto, la Croma bianca guidata da Giovanni Falcone con a bordo la moglie, Francesca Morvillo, si schiantò contro il muro di asfalto e detriti provocati dalla deflagrazione. Gli agenti della terza auto invece, una Croma azzurra, dove si trovavano gli agenti Paolo Capuzza, Gaspare Cervello, Angelo Corbo insieme con l'autista Giuseppe Costanza rimasero gravemente feriti insieme ad altre 23 persone. 

Giovanni Falcone assieme ai colleghi ed amici Rocco Chinnici, Antonino Caponnetto e Paolo Borsellino ha dedicato tutta la sua vita alla lotta alla mafia tanto da dare vita al pool antimafia. La morte di Falcone fu una ferita che sconvolse il Paese in quello che fu definito l'anno delle stragi. Di lì a pochi mesi sarebbe stato ucciso, sempre utilizzando esplosivo ma questa volta in pieno centro a Palermo, il giudice Paolo Borsellino in quella che è ricordata come la strage di via D'Amelio. Il giudice Borsellino si era recato dalla madre per un saluto, trovò la morte assieme ai cinque agenti della sua scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

Vallone, il direttore nazionale della Dia, ha voluto evidenziare che la mafia si è sì trasformata, che quella stragista ha perso ed è stata sconfitta ma il pericolo di infiltrazioni c'è sempre. Anche a nord est. 
 

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