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Il caso Pfas da quattro anni viene affrontato nelle scuole del Veneto

Donata Albiero, una ex preside della città del Grifo, dal 2018 coordina un gruppo di lavoro pensato per sensibilizzare gli studenti sul tema della tossicità dei derivati del fluoro. Queste sostanze peraltro, sostengono gli ecologisti dell'Ovest vicentino, dovrebbero essere cercate nel sangue delle persone fragili come è stato proposto negli Usa

Giovanni Fazio, uno dei volti più noti della rete ambientalista dell'Ovest vicentino non più tardi di ieri 5 agosto sul suo blog ha lanciato un nuovo monito. Nel quale il camice bianco arzignanese ricorda che «negli Stati Uniti si raccomanda ai medici di controllare nel sangue le sostanze Pfas nei soggetti a rischio» mentre nel Veneto, accusa il medico «si fa il contrario» perché si «proibisce ai medici di farlo». E se Fazio conduce la sua battaglia sul fronte della prevenzione e non solo, la moglie, la arzignanese Donata Albiero (oggi portavoce della associazione ecologista arzignanese Cillsa), altro volto di spicco della rete ecologista berica dell'Agno-Chiampo, per una quarantina d'anni nella scuola pubblica prima come docente poi come preside, continua «senza sosta» nella sua «opera» di sensibilizzazione degli alunni. Il suo progetto educativo, cui collaborano parecchi tra attivisti e volontari, «va ormai avanti da anni e con grosse soddisfazioni per noi» racconta la preside in pensione ai taccuini di Vicenzatoday.it. Il suo impegno peraltro va ricondotto alla vicenda della maxi-contaminazione da derivati del fluoro, «i temutissimi Pfas», che ascritta alla trissinese Miteni, ha colpito tutto il Veneto centrale fra Veronese, Vicentino e Padovano.

Dunque Albiero come è nata la vostra iniziativa di sensibilizzazione relativamente al problema dei Pfas all'interno delle scuole? Quando è nata e più nel dettaglio quale gruppo o quale associazione la porta avanti?

«Il progetto educativo sui Pfas è nato nel 2018, per l'esigenza di collegare la lotta contro la grande contaminazione da Pfas nella nostra Regione al mondo della scuola. La salute al primo posto è la presa di responsabilità da parte nostra nei confronti della comunità e del futuro dei ragazzi. Il progetto teso a coinvolge ragazzi e ragazze dagli undici ai diciannove anni, quindi dalle medie alle superiori, porta le insegne di una parte importante del variegato arcipelago del movimento No Pfas: Isde, Medicina Democratica, Libera, Legambiente, Mamme No Pfas, Cillsa, Climate defence units, Coordinamento acqua bene comune di Vicenza e Verona, Rete gas vicentina, Zero pfas Padova, Zero Pfas Agno-Chiampo, Pfas.land».

Come si dispiega nel concreto la vostra iniziativa? In che tipo di scuole vi siete mossi come è stata la interazione con gli alunni e coi docenti?

«Il nostro, un progetto culturale che si proietta nell'azione, rivolto alle scuole secondarie di primo e secondo grado. Privilegiamo un approccio formativo con le classi e le prepariamo a diventare formatrici di altre. I risultati sono per noi gratificanti. I numeri parlano da soli: quasi seimila studenti e 740 genitori sono i numeri che misurano le persone che alla fine abbiamo incontrato in 25 scuole del Veneto».

Tutto è andato liscio sin dall'inizio?

«No. Dalle iniziali preoccupazioni dei docenti che ci accoglievano si è passati alla consapevolezza generalizzata che la nostra è voce libera da qualunque appartenenza partitica, voce che fa del legame con il territorio la sua cifra identitaria, che mette a disposizione energie, intelligenze non asservite al potere e, soprattutto, che fa della cittadinanza attiva l'unico vero antidoto in difesa della salute dei cittadini».

Più di una volta il vostro cruccio è stato quello per cui i ragazzi una volta venuti conoscenza del dramma ambientale che ha investito il Veneto con l'affaire Miteni si sono dimostrati sensibili anche per pensare ad una concreta reazione mentre dal mondo degli adulti arrivano spallucce. Ma è davvero così? E se sì perché?

«Il mondo degli adulti è responsabile del disastro che inevitabilmente coinvolge già le nuove generazioni. Le quali pagano un prezzo altissimo all’insipienza di chi li ha preceduti. Su questo aspetto siamo chiari con i ragazzi e non indoriamo la pillola. Ci sono gravissime responsabilità della stampa e della classe politica che ha portato il Veneto, ma ovviamente non solo, allo stato attuale.  Siccità, penuria d'acqua, inquinamento massivo di tutti i fiumi della regione e del mare. C'è poco da essere fieri di questo paese che va alla deriva.

Il mondo ambientalista sembra avere poco appeal verso le fasce preponderanti della società, soprattutto in Italia e soprattutto nel Veneto. È vero? Gli ecologisti debbono fare in qualche modo autocritica? C'è qualcosa nel linguaggio, nel modo di proporre i temi, che va rivisto?

«Ho maturato la mia coscienza ecologista dal 2010. Chi deve fare una severa autocritica? Non certo noi, bensì quanti hanno ripetuto per anni luoghi comuni, triti e ritriti, contro chi ha previsto già dagli anni '80 la fine di una civiltà basata sulla dissipazione del capitale ambientale nel segno di una economia neoliberista che segna l'epilogo catastrofico del capitalismo e forse, purtroppo, anche dell'umanità. C'è un libro di Luciano Gallino, Finanzcapitalismo, che consiglio di leggere».

Come mai?

«Perché quel libro ha presentato il conto ai cosiddetti economisti della scuola liberista di Chicago nonché ai loro patetici emuli italiani. E vorrei aggiungere un concetto».

Quale?

«A proposito di linguaggio, la nostra divulgazione di un pensiero scientifico avanzato, attuale e moderno, si esprime con le parole semplici di san Francesco. Siamo sempre stati chiari come lo siamo nelle scuole quando parliamo con i ragazzi. È molto più contorto, invece, comprendere il linguaggio di chi sostiene che bisogna aprire all'ambiente e, contemporaneamente, chiede 65 milioni di euro per costruire una pista da bob a Cortina».

Se si parla di ambiente in una certa maniera significa allo stesso tempo rimettere in discussione un intero modello di sviluppo. Quando nell'Ovest vicentino qualcuno prova a farlo però, basti pensare alla concia, immediatamente il blocco sociale che oggigiorno propugna lo status quo fa immediatamente valere le sue ragioni che sono condivise tra associazioni datoriali, imprese, sindacati, lavoratori. Ergo spesso da quegli ambienti alza la voce chi vi accusa di essere ammalati di velleitarismo. Quando va bene vi pensano come a una vecchia zia che astrattamente dice cose esatte ma che nella pratica borbotta al vento. Quando va male vi accusano di voler destabilizzare più o meno consciamente, con la scusa dell'ecologismo, distretti e filiere a beneficio di altri. Voi come replicate?

«Per quanto riguarda la concretezza del nostro operare, essere riusciti, ad accendere i riflettori sulla devastazione di Miteni, costringerla alla ritirata, al falso fallimento e portarla in tribunale è un successo inaudito, a livello mondiale, del movimento ecologista veneto. Nessuno avrebbe creduto che una multinazionale potentissima potesse essere annientata da cittadini disarmati. Anche i sindacati hanno recitato il loro mea culpa sulla morte e le malattie degli operai Miteni. Avere portato a Vicenza l'avvocato Robert Billot, che negli Usa è stato il protagonista della battaglia legale contro la Dupont-Chemours, uno dei colossi dei Pfas nel mondo, nonché l'alto commissario dell'Onu Marcos Orellana delegato alle questioni ambientali, dimostra l'autorevolezza raggiunta dal movimento ecologista nel Veneto. Chi ci accusa di velleitarismo dovrebbe stare molto attento a non finire sul banco degli accusati».

Il distretto della chimico-conciario dell'Ovest vicentino soffre di un problema particolare. Che è quello della struttura dei depuratori. Una struttura in cui l'utilizzo civile alla fin fine è frammisto con quello industriale. Il che appesantisce ancor più la depurazione. Questo assetto, oggi contestatissimo da un pezzo della galassia ambientalista, è però figlio di un accordo politico tra Dc e Verdi negli anni '90. Si tratta di un compromesso che uno dei luminari della biologia italiana, il professor Gianni Tamino, da sempre fustiga senza risparmiarsi. Anche in questo caso c'è qualcuno che dovrebbe fare un mea culpa secondo voi? O quanto meno è necessaria una riflessione?

«Onestamente non conosco il contesto politico che portò nei lontani anni '90 Verdi e Dc a dare corpo a quell'accordo. Io ho ho cominciato a occuparmi di ambiente vent'anni dopo. Ad ogni modo noi rimaniamo sul pezzo. A breve Cillsa organizzerà ad Arzignano un importante forum tematico dedicato all'ambiente».

Un'altra critica che viene fatta a un certo mondo ambientalista è quello di essere connotato molto a sinistra, una sinistra vecchio stampo. Allo stesso modo ci sarebbe una sorta di chiusura a chi viene da una tradizione politica più a destra o più per così dire tradizionalista ma che è portatore di istanze ambientaliste radicali come quelle del francese José Bové, che però viene visto come una sorta di agente rosso-bruno. Lo stesso dicasi per la idiosincrasia di un pezzo dell'ecologismo italiano nei confronti della critica al modello di sviluppo occidentale propugnata da filosofi come Alain De Benoist, un altro francese ipercritico nei confronti della globalizzazione e del modello geo-politico ed economico che ne sottende la essenza stessa. Vi sentiti chiamati in causa da una critica del genere?

«Non esiste un pensiero ecologista che non abbia al proprio centro la giustizia sociale nell'ambito della giustizia climatica. È quanto sostengo quando mi confronto con gli studenti. Non è possibile quindi, a mio parere, coniugare ipotesi ecologiste con le ideologie appartenenti storicamente alla destra. La visione che abbiamo del pensiero ecologista è sistemica, si esprime coerentemente contro lo sfruttamento capitalistico dell'uomo sull'uomo e sulla natura, contro ogni discriminazione di genere, di nazionalità, di religione e via dicendo. All'interno di questo modo di concepire la nostra esistenza sul pianeta si include il rispetto della vita degli animali e l'amore per il mondo vegetale».

Gli ultimi dati elaborati dall'Ispra hanno messo il Veneto ancora una volta in cima alla graduatoria italiana per il consumo di suolo: in primato che sembra inesorabilmente legato a fenomeni come inquinamento, siccità e alluvioni. Come reputate le recenti uscite del governatore veneto Luca Zaia che al Corsera dichiara che anche chi ha una storia di centrodestra deve avere il coraggio di occuparsi convintamente di ecologia? Gli credete? O si tratta di una operazione di marketing politico e di ecologismo di facciata in salsa veneta?

«Si tratta di un ossimoro».

Cioè quello di Zaia è un bluff?

«Sì».

Sarebbe a dire?

«L'ecologia è un modo di vedere il mondo in maniera totalmente alternativa alla concezione industrialista oggi imperante basata sulla estrazione o depredazione se si vuole delle materie prime: modus operandi che nel Veneto va per la maggiore. Il Veneto è maglia nera per la cementificazione in Italia. E lo sappiamo».

E a questo punto?

«E a questo punto che cosa faranno ora lorsignori? Si limiteranno a sistemare qualche aiuola qua e là per dimostrare che sono ecologisti pure loro mentre il mondo sul piano climatico e ambientale va a rotoli?».

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