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Le fiere chiuse mettono in crisi 11 mila imprese di ambulanti, Ascom: «Redditi falcidiati»

Ilario Sattin è seriamente preoccupato per la piega che sta prendendo la questione della manifestazioni che diverse amministrazioni hanno deciso di annullare

Qualcuna è già stata definitivamente soppressa, qualcun altra sta rischiando grosso. Parliamo delle manifestazioni fieristiche, che in qualche modo coinvolgono anche i venditori ambulanti: «In mezzo però ci siamo noi ed è una posizione nient’affatto simpatica» dice Ilario Sattin, presidente degli ambulanti della Fiva Ascom Confcommercio di Padova

La Fiera

Sattin è seriamente preoccupato per la piega che sta prendendo la questione delle tradizionali fiere che diverse amministrazioni hanno deciso (o stanno decidendo) di annullare: «Non dico che siano decisioni che si possano prendere a cuor leggero – continua Sattin, anche nella sua veste di presidente della Fiva Confcommercio regionale – e nemmeno che le fiere si possano svolgere come avveniva prima della pandemia, però è fuor di dubbio che la nostra categoria, in quanto a chiusure coatte, è forse seconda solo alle discoteche». Sono 11mila le imprese che operano in Veneto e che mantengono altrettante famiglie. Però da parte delle amministrazioni il rilievo principale è che le fiere determinano assembramenti.

Spettacoli viaggianti

«Ed è un rilievo ovvio – condivide il presidente degli ambulanti della Fiva Ascom Confcommercio- però è anche vero che, ad esempio, Trebaseleghe non ha rinunciato ai suoi “mussi” né noi, come Fiva, abbiamo rinunciato a proporre, all’inizio di settembre, il nostro mercato europeo in Prato della Valle. Ovviamente con tutti gli accorgimenti del caso, com’erano gli steward che invitavano le persone a seguire comportamenti corretti e i banchi maggiormente distanziati rispetto alle edizioni della manifestazione senza Covid. Senza voler mettere in conto he gli spettacoli viaggianti sono, di fatto, impediti di lavorare da quasi due anni, anche i banchi tradizionali vedono, in queste soppressioni, volumi d’affari falcidiati e, dunque, posti di lavoro persi. Forse un confronto più serrato con la categoria, qualche accorgimento in più, una maggiore assunzione di responsabilità e anche un po’ di buona volontà, potrebbero essere gli elementi in grado di dare anche agli ambulanti la possibilità di lavorare».

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