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Il tifo in guerra ammaina la bandiera della Pace

Da quando sono cominciati i bombardamenti e l’attacco della Russia all’Ucraina a parte la ferma condanna per le conseguenti morti di civili si è scelto un solo simbolo per dire no alla guerra: sicuri che sia quello giusto?

Ci sono simboli ovunque, che di fatto parlano di tifo. Ma non è il derby Milan Inter, è la guerra. E in guerra, però, non si dovrebbe parteggiare. Soprattutto da lontano, con le poche informazioni che si hanno.

Tifosi

Eppure da quando sono cominciati i bombardamenti e l’attacco della Russia all’Ucraina a parte la ferma condanna per le conseguenti morti di civili, si è scelto un solo simbolo che è poi quello della bandiera di un giovane paese, per gridare il proprio dissenso. Ma non è la pace che bisognerebbe sostenere? E come si fa a sostenere la pace? Costruendola, che è poi l’esatto contrario di quanto fanno e hanno fatto, anche questa volta, le varie diplomazie internazionali. Quindi ben vengano le proteste di piazza.  

Popoli

Se è vero però che sono i popoli, le persone comuni, quelle a cui si tiene, allora questo concetto deve valere sempre. Negli ultimi due giorni, mercoledì 23 e giovedì 24 febbraio, i luoghi del mondo che hanno subito bombardamenti sono stati almeno quattro. Detto dell’Ucraina, in quarantotto ore l’aviazione israeliana ha bombardato in Siria, più volte, nella zona di Damasco. E’ la stessa Israele che con una nota ufficiale condanna il concetto di guerra appena Puntin ha ordinato l’invasione, ma che occupa senza che nessuno dica mai nulla, terre che non le apparterrebbero. Pare blasfemia, perché è una cosa che non si deve dire, ma lo Stato d’Israele pratica la guerra in casa sua, da anni. E lo fa colpendo civili. Arabi israeliani, palestinesi ma anche tanti attivisti e cittadini israeliani stessi che sono contro l’occupazione della West Bank.

Conflitti

Sempre in Siria, a nord, nel Rojava difeso dai curdi, continuano le incursioni dell’esercito e dell’aviazione turca supportati da cellule di Isis. Non sono mancati i morti anche in questi giorni. La Turchia è una super potenza militare, fa parte della Nato e sia nel sud del suo stesso Paese che nel nord della Siria, se non fosse per i curdi farebbe esattamente quello che vuole, che sarebbe poi eliminarli. In Turchia non solo i curdi ma anche gli oppositori del Presidente Erdogan finiscono in prigione, spesso torturati. Eppure… L’omicidio politico è poi sempre in voga, da quelle parti.

Periferia

Nello Yemen, proprio in questi giorni l’aviazione saudita, spesso con armi e tecnologie provenienti dal nostro Paese, ha attaccato una quarantina di volte, colpendo civili. Ma dello Yemen non si preoccupano in molti, inutile nasconderlo. Avete mai visto una bandiera dello Yemen da qualche parte? Negli anni Novanta era una delle mete preferite per viaggi ed escursioni, anche di tantissimi veneti, oggi è un Paese a pezzi dove i morti, quasi sempre civili, non si contano.

Tempi

In tempi dove tutto stufa, dove ci si assuefà facilmente, basta vedere come è calata l’attenzione su quanto accade in Afghanistan dove i riflettori si sono spenti da un po’, eppure il potere, i talebani, lo hanno preso da poco tempo, questo moto di emozione e partecipazione assume una certa importanza, un valore, se poi questa attenzione non svanisce. Perché in fondo se lo augura tutto il mondo che questo resti un conflitto locale. Sarebbe un grandissimo sbaglio, l’ennesimo verrebbe da dire, in termini di costruzione della pace, voltare le spalle a quelle persone che diciamo di voler difendere, se le abbandonassimo a quel punto. Ma costruire una società di pace costa tanta, tanta fatica. E per farlo servono azioni concrete come i tanti che scendono in piazza a dire no alle bombe, auspicano.

Rincari

Erano in milioni nel mondo che si opponevano alla Guerra del Golfo. Milioni in tutto il mondo. Ma se, banalmente, si pone ad esempio la questione su cosa comporta non produrre e vendere armi, ad esempio, si scatena un finimondo. Perché ci sono in ballo posti di lavoro, famiglie e tutte quelle cose che da sempre sentiamo, che poi sono tutte cose vere, però... Se in realtà la vera preoccupazione è solo frutto dei rincari dell’energia e dell’innalzamento dei prezzi di tutto, è difficile che questo possa avvenire.

Guerra 

Chi scrive ha avuto l’opportunità di essere testimone di conflitti, anche in Europa. Erano gli anni novanta quando bruciavano i balcani. E non c’era tifo per i bosniaci, per i croati, i macedoni, i montenegrini o i serbi. C’era un mondo sotto choc per quel che si capiva stesse avvenendo. E chi ha potuto, anche se in giovane età, vedere cosa questo comportava quando il conflitto era ancora in atto, non si chiedeva di chi fosse figlio il bambino abbandonato perché frutto degli stupri e della pulizia etnica. Quando si cammina per le strade siriane o irachene, non ci si chiede se l’uomo senza una gamba sia di un ceppo etnico o di un altro. Si vede l’uomo, la donna, il bambino, la persona. Questo è. E la guerra è brutta, è noiosa e sporca. Non è come nei film o nei Tg. Non c’è nulla di esaltante nella guerra, solo di lacerante. E dalla guerra non si torna più indietro. E il momento peggiore, questo si può dire con certezza di non essere smentiti, non è quando cominciano gli attacchi, ma poi. Quando ci si rende conto che la cosiddetta comunità internazionale si è già dimenticata o peggio, perché pensa che sia tutto finito. Lì comincia invece, per tutti, la parte peggiore.

Multicolore

Per questo, se proprio il tifo bisogna fare, è per la pace. E questo non può valere solo in certe occasioni e sempre dopo, a cose fatte. Deve valere sempre. Non si dovrebbe quindi parteggiare per una "nazione", ma per la pace e la bandiera che si deve esporre non può essere che quella multicolore. Soprattutto in un mondo come quello di oggi, dove la cosiddetta società liquida è composta da persone che arrivano da tutto il mondo, spesso anche da luoghi in conflitto, magari anche tra loro. 

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