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Lilija: «Fuggiti da Chernihiv, ma torneremo. Sono nata in Russia, ma per Putin non fa differenza»

Come tanti suoi connazionali, era alla stazione di Cracovia con il marito Anatolij. Ora è in salvo a Monselice insieme a un' ottantina di sfollati ucraini portati in salvo grazie alla spedizione umanitaria organizzata da Confapi con il supporto della Croce Verde di Padova

Come tanti suoi connazionali, era alla stazione di Cracovia con il marito Anatolij. Ora è in salvo a Monselice, ospite nell'ex ospedale civile, insieme a un'ottantina di sfollati ucraini portati in salvo grazie alla spedizione umanitaria organizzata da Confapi con il supporto della Croce Verde di Padova. In Italia ha una famiglia che l'aspetta. La sua è una storia emblematica di quanto sia crudele la guerra. Siberiana, quindi russa, Lilija, viene dalla città di Chernihiv. A due passi dalla Bielorussia, situata nella regione dell’Oblast’, è stata una delle prime città ad essere attaccata da Putin. Solo qualche giorno fa un attacco aereo ha distrutto un condominio di nove piani. «I bombardamenti sono soprattutto la notte. Si sente un sibilo e poi un rumore assordante dopo giusto pochi secondi. Quando succede, la casa trema, come se ci fosse un terremoto. La prima settimana correvamo a rifugiarci in garage – racconta Lilija sotto l’affettuoso sguardo del marito Anatolij – poi abbiamo deciso di restare in casa. Non ci restava che sperare, o pregare». Sposati con due figli, una pediatra e uno scenografo entrambi in Russia, hanno sempre vissuto a Chernihiv tranne il periodo in cui lei, una decina di anni fa, ha fatto la badante in Italia. Ad Ancona e a Latina. Due città dove conserva ancora tanti amici che si sono offerti di aiutarli. Italiani e ucraini. Come non fa differenza da dove arrivi la solidarietà, se da connazionali o meno, non la fanno neppure le bombe di Putin. «Se mi chiedi se pensavo che sarebbe potuta succedere una cosa così, direi mai». Tu sei russa, le chiediamo, eppure avevi paura lo stesso. «Non c’è differenza dove sei nata, uccidono e distruggono tutto, senza distinzioni». Quando l’abbiamo intercettata, chi scrive era a seguito della missione umanitaria organizzata da Confapi, era come altre centinaia di persone nella stessa condizione sua, all’interno della stazione di Cracovia. Cercava un modo per raggiungere l’Italia, era come tutte le persone in fuga dalla guerra che affollavano i corridoi, disorientata. La sua fortuna è stata sentire l’equipaggio della Croce Verde parlare in italiano. Per essere esatti, perché così è andata, ha sentito parlare i tre uomini dell’equipaggio dell’ambulanza stavano parlando in veneto e lei lo ha riconosciuto. «Siete veneti?», ha chiesto a Valter, uno dei tre. «Si signora, di Padova», ha risposto prontamente. Tutto quello che è accaduto dopo è consequenziale. «In tutta questa confusione ho sentito un suono che mi sembrava famigliare. Ho conosciuto tantissimi veneti nella mia vita e pur sapendo che ci sono più declinazioni del vostro dialetto, so che ogni provincia ha il proprio, ma non potevo non riconoscerlo. Mi è sembrato un miracolo». Forse parlare di intervento divino è esagerato, ma è certo che per l’ottantina di persone che come lei sono state portate in salvo con il pullman, i sette van e l’ambulanza, siamo certi che tutti i conducenti e l’equipaggio della Croce Verde saranno sembrati i loro angeli. Più laicamente è assolutamente importante riconoscere come una iniziativa nata in poco più di una settimana, coordinata dal direttore di Confapi, Davide D’Onofrio e dal presidente Carlo Valerio,  abbia prodotto come risultato la messa in salvo di donne, bambini, anziani, un ragazzo ipovedente e addirittura dei cani e dei gatti, è qualcosa di davvero grandioso. Senza considerare la quantità di aiuti, anche economici, raccolti grazie alla generosità di tantissime persone e consegnati sul confine tra Polonia e Ucraina. Lì dove è stata raccolta la maggior parte delle persone che poi sono state condotte a Monselice. Se è vero che, “salvare una vita è salvare il mondo intero”, ciò che hanno fatto è qualcosa di enorme.

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