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Giovedì, 28 Marzo 2024
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Manifestazione per Oussama, Cai: «Non si può morire di clandestinità»

La rete antirazzista ha organizzato un corteo per il ragazzo morto annegato nel Brenta dopo un inseguimento della polizia. Appuntamento alle 14 in stazione

Il Coordinamento Antirazzista Italiano (Cai) ha organizzato una manifestazione per domani, 28 gennaio, alle 14 per rompere il muro di silenzio e sostenere la famiglia di Oussama Ben Rebha, morto nel Brenta dopo un inseguimento della polizia. Appuntamento alla stazione di Padova. Tra loro anche Luca Lendaro, insegnante e candidato sindaco alle ultime amministrative con "Tutta nostra la città".

La nota

«Il crescente clima di razzismo nel paese non ci può lasciare indifferenti - scrivono in una nota - il caso di Oussama, cittadino tunisino sprovvisto di titolo di soggiorno, morto annegato nel Brenta in seguito ad un inseguimento da parte delle forze dell’ordine, ci racconta di un Paese dove l’ingiustizia, la marginalità sociale e il razzismo istituzionale producono morte. La stessa che ha trovato a 27 anni Issaka Coulibaly, richiedente asilo a cui è stato negato il permesso di soggiorno, morto di freddo in un edificio abbandonato a Milano. La stessa sorte toccata anche a Queen, cittadina del Ghana, e Ibrahim, cittadino del Gambia, entrambi di 32 anni, morti mentre cercavano di scaldarsi con un braciere all’interno di una baracca nel ghetto di Borgo Mezzanone, dove attualmente vivono segregate più di 1500 persone nelle stesse condizioni. La condizione di discriminazione l’abbiamo vista anche davanti gli uffici immigrazione di Milano quando lunedì 23 gennaio, la polizia in assetto antisommossa ha ricorso all’utilizzo di lacrimogeni per disperdere i richiedenti asilo in fila dalla notte precedente, moltissimi dei quali dormono per strada. Un trattamento iniquo e diverso da quello riservato ai rifugiati dall’Ucraina per i quali il governo ha predisposto procedure accelerate e un piano straordinario per l’accoglienza. Non possiamo neppure chiudere gli occhi davanti ai 26 tentativi di suicidio avvenuti tra ottobre e novembre, nel Cpr di Torino, una galera dove si sconta una pena afflittiva per il proprio status giuridico. In una di queste carceri amministrative sarebbe dovuto finire anche Oussama Ben Rebha - raccontano - che è stato rincorso e braccato come un animale dalla polizia. Individuato insieme ad altri amici dopo uno dei tipici controlli selettivi, controlli basati sul colore della pelle e sui tratti somatici, un trattamento a cui sono esposti in massa migliaia di persone straniere, di origine straniera o semplicemente persone dalla pelle non bianca. Una pratica indegna per un paese che si vuole definire democratico. Non si può morire di clandestinità, non si può morire di indifferenza e non si può morire di razzismo. Scendiamo al fianco della famiglia di Oussama Ben Rebha e della comunità tunisina per chiedere Verità e Giustizia per Oussama e per tutte le persone che subiscono violenza, oppressione e razzismo».

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