rotate-mobile
Mercoledì, 24 Aprile 2024
Attualità Riviere / Piazza Antenore

Il Prefetto Grassi: «Arresto Messina Denaro vittoria dello Stato. Nessuna trattativa con la mafia»

Abbiamo ripercorso con il Prefetto di Padova, Raffaele Grassi, la sua carriera antimafia. A partire dal 1993, l'anno delle stragi, ha diretto importanti divisioni investigative, partecipato agli arresti di esponenti di spicco del clan dei corleonesi e dato la caccia al super boss

«La malattia ha certamente influito. Il bisogno di curarsi, la necessità di certi trattamenti, ha certamente dato un’accelerata alle indagini e conseguentemente alla cattura. Il metodo utilizzato, l’incrocio dei dati, ha ristretto poi il campo fino a che finalmente si è arrivati all’arresto. Sostenere però che sia stato sempre lì in quella casa che hanno mostrato i media, mi pare alquanto azzardato. Di certo luoghi dove ripararsi ne avrà avuti e cambiati diversi. Rimane la grande vittoria dello Stato ai danni di una delle cosche più pericolose. E questo è frutto del lavoro di anni e anni da parte di tantissime persone, non di trattative o di altre fantasiose interpretazioni». Quando lo abbiamo cercato, per chiedergli se fosse disponibile a commentare dall’alto della sua esperienza l’arresto di Matteo Messina Denaro, era piacevolmente sorpreso. Se si legge infatti la bio ufficiale dell’attuale Prefetto della città del Santo non c’è scritto nulla di quella che è stata la sua attività negli anni che hanno preceduto questo incarico. Forse perché occuperebbe davvero tanto spazio.

La strage di mafia in via dei Georgofili a Firenze

Raffaele Grassi, il Prefetto di Padova si è occupato per anni di contrasto alla mafia, e lo ha fatto dove era necessario. Laureato in Giurisprudenza nel 1985, Grassi è stato in polizia dal 1988 fino al maggio del 2019. Dal ’93, l'anno delle stragi di Capaci, Via D'Amelio e via del Georgofili, per citarne alcune, fino al 2012, ha prestato servizio presso lo Sco, il Servizio centrale operativo. Ha diretto le attività di due divisioni investigative contro la criminalità organizzata operando anche a livello internazionale. Dietro all’uomo elegante, raffinato e sempre pacato c’è un passato di azioni e di indagini ai più alti livelli di quella che genericamente chiamiamo azione anti mafia, anche fuori dai confini nazionali. «Avevo 32 anni quando sono entrato a svolgere attività investigativa sui fenomeni più complessi italiani, prima di tutto le mafie. Come potevo non essere entusiasta di una opportunità così grande quando me la sono trovata di fronte». Ci accoglie sorridente nel suo grande ufficio quando sono da poco passate le 13. Sulle pareti, ma bisogna cercarle perché non sono così evidenti alla vista, ci sono alcune targhe e foto. Due ricordano azioni congiunte con l'FBI americana, con centinaia di arresti, molti del clan new yorkese dei Gambino. In una fotografia è ritratto a fianco del super latitante Nitto Santapaola, appena catturato. «Avevo ancora i capelli», scherza il Prefetto. Era il 18 maggio 1993, l’anno delle stragi di mafia. Santapaola era ricercato da 11 anni. Un boss che ha contribuito a scrivere tra le pagine più efferate e sanguinose della storia della Repubblica. Dalla morte del Generale Dalla Chiesa e della sua compagna alla strage di via D’Amelio. Ma la lista di omicidi e agguati è lunghissima. «Ho svolto servizi investigativi nel contesto di comparti estremamente specializzati, diretto queste strutture e quindi ho avuto l’onore e il privilegio di lavorare con squadre mobili impegnate nelle azioni di contrasto alle mafie, come quella di Palermo, di Trapani, di Reggio Calabria». Tra gli arresti celebri ai quali ha partecipato anche quello di Francesco Guttadauro, il 13 dicembre 2013, proprio a Trapani, la terra del boss più ricercato. Quell'arresto permise di scoprire nuove ramificazioni dell'organizzazione, che era riuscita ad allargare i suoi interessi ad attività che prima snobbava, come ad esempio il business della grande distribuzione e dei supermercati. Fu un duro colpo per l'allora super latitante. 

La teca contenente la Croma su cui viaggiava la scorta di Giovanni Falcone

Che effetto le ha fatto sapere dell’arresto di Messina Denaro? «La soddisfazione è assoluta. Lo Stato italiano ha vinto 5 a 0: dei Corleonesi, da Bagarella a Provenzano, Riina, Brusca e ora Messina Denaro, sono stati tutti catturati. Si è decapitata la cosca più temibile di Cosa Nostra, protagonista della strategia della tensione. Bisogna solo fare i complimenti a chi, investigatori, magistrati, il Ros, ha messo a segno questo colpo». Sorride quando gli facciamo notare che molti hanno ironizzato su questo arresto. Lo fa anche quando facciamo riferimento a una possible trattativa. «Non c'è stata nessuna trattativa», ci dice con lo sguardo di chi un po' gli verrebbe anche da ridere, ma il ruolo non glielo consente. «La cattura di un latitante richiede tempo e strumenti d’indagine adeguati. Bisogna penetrare la rete che li protegge - ci spiega pazientemente - godono di una filiera di relazioni e protezioni compenetrata nel territorio. Ci vuole tempo anche solo per scalfirla. Le difficoltà sono queste, penetrare il bacino di riferimento del latitante. Gli investigatori poi operano in territori dove questi boss hanno un'influenza che condiziona tutto. Ci vuole quindi cautela in certi contesti. Era così prima ed è così anche adesso». Bisogna far loro terra bruciata, come si dice in questi casi. «Esattamente – sorride compiaciuto – Se pensiamo proprio a Messina Denaro, ci sono una serie di operazioni condotte negli anni che hanno colpito i favoreggiatori della cosca, con il sequestro di beni  e importanti attività. Tante azioni a segmento prosciugano il bacino di riferimento, questa la strategia. Queste azioni, coordinate dalla Procura di Palermo, rappresentano una metodologia che poi porta risultati. Ma ci vuole pazienza, perseveranza».

Via D'Amelio - attentato a Borsellino

Prima di arrivare a Padova il primo incarico da Prefetto lo ha svolto a Foggia, non proprio un contesto tranquillo: «Quella foggiana è la quarta mafia, di cui si da poco conto. Ma è molto aggressiva e molto pericolosa e la possiamo tranquillamente mettere sullo stesso piano di organizzazioni come Cosa Nostra, la Camorra o la ‘ndrangheta». Lei viene da esperienze molto forti, perfino il primo incarico da Prefetto non è stato una passeggiata, visto quanto ci ha appena detto. Padova, una realtà completamente diversa da tutte quelle in cui ha operato, dal suo punto di vista, che città è? «E' una città che presenta i suoi profili di criticità, che vanno affrontati. Con grande equilibrio e attenzione. Abbiamo istituito il tavolo della legalità con le associazioni di categoria proprio per questo, per tenere monitorati certi fenomeni che sono presenti anche qui, proprio perché c'è benessere». In camera di commercio parlando a fine anno ha detto di essere molto sorpreso che nessuno mai denunci, ad esempio, fenomeni di usura. E' questa una delle criticità a cui si riferisce? «Bisogna sempre tenere gli occhi aperti ma vede, questo vale in qualsiasi caso. Ci vuole coesione e visione d'intenti per costruire una società sana, impermeabile a certi fenomeni. Ci vuole il lavoro, la volontà e l'impegno di tutti. Solo così si può contrastare davvero i fenomeni mafiosi, piccoli o grandi che siano. In qualsiasi territorio». 

Raffaele_Grassi_prefetto-2

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Il Prefetto Grassi: «Arresto Messina Denaro vittoria dello Stato. Nessuna trattativa con la mafia»

PadovaOggi è in caricamento