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I segreti delle cellule svelati dalla proteina fluorescente: una scoperta targata Università di Padova

Team di ricercatori padovani mette a punto una tecnologia innovativa per studiare le comunicazioni intracellulari

Negli ultimi anni il concetto di suddivisione delle diverse funzioni delle cellule eucariote in compartimenti specializzati e quasi autonomi (gli organelli subcellulari) ha pian piano lasciato il posto ad una visione più ampia in cui queste strutture comunicano tra loro, scambiandosi continuamente informazioni, ioni, metaboliti, e questi segnali sono necessari al corretto funzionamento di ogni cellula vivente. Si è compreso, inoltre, che questa comunicazione avviene quando gli organelli sono in vicinanza tra loro, quando cioè si formano dei “contatti stretti”. È attraverso la formazione/distruzione di questi punti di prossimità fisica tra le membrane degli organelli che il flusso di sostanze viene dosato accuratamente e dinamicamente in modo da rispondere velocemente ai diversi stimoli. Difetti in questa regolazione della “microanatomia cellulare” portano le cellule a non tradurre correttamente gli stimoli che ricevono, contribuendo allo sviluppo di patologie di grande impatto sociale, come le malattie neurodegenerative, il diabete e alcune forme di cancro. Vedere questi contatti nelle cellule vive, e seguire come si formano o dissolvono quando la cellula viene stimolata o colpita da un evento patologico, è fondamentale, ma manca ad oggi una metodica efficace, utilizzabile con i microscopi ad alta risoluzione oggi disponibili.

Proteina fluorescente

Ricercatori dei Dipartimenti di Scienze Biomediche e di Biologia dell’Università di Padova hanno in questi giorni pubblicato lo studio "An expanded palette of improved SPLICS reporters detects multiple organelle contacts in vitro and in vivo" sulla prestigiosa rivista "Nature Communications" dove si evidenzia una nuova metodologia “high definition” che permette di osservare i comportamenti delle cellule quando sono colpiti da agenti patologici. Spiega il professor Tito Calì del Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Padova: «Gli strumenti che abbiamo sviluppato sono basati su una proteina fluorescente geneticamente modificata (la green fluorescent protein, GFP), divisa in due frammenti localizzati in due diversi organelli (splitGFP), che si ricongiungono e diventano luminosi solo quando gli organelli si avvicinano tra loro. Inoltre, grazie alla disponibilità di GFP di colore diverso, nella stessa cellula questa procedura può essere applicata a più coppie di organelli diversi. Seguendo la fluorescenza di queste splitGFP al microscopio si può così vedere direttamente la formazione e la distruzione di siti di contatto multipli tra reticolo endoplasmatico, mitocondri e membrana plasmatica, così come tra mitocondri, perossisomi e reticolo endoplasmatico simultaneamente nella stessa cellula viva sotto osservazione». Aggiunge la professoressa Marisa Brini del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova: «La tecnologia è particolarmente innovativa perché permette di seguire in tempo reale come cambiano i contatti tra gli organelli cellulari e può essere utilizzata per comprendere meglio i loro meccanismi di comunicazione e gli eventuali difetti che si verificano in patologie di notevole impatto sociale come le malattie neurodegenerative. Oggi stiamo utilizzando questi strumenti proprio per comprendere come una mancata o esagerata comunicazione tra organelli possa contribuire alla morte dei neuroni nel morbo di Parkinson o nella malattia di Alzheimer». La disponibilità di queste sonde per la comunità scientifica apre la strada a studi rivolti sia allo sviluppo/screening di potenziali farmaci modulatori dei contatti, sia all’identificazione di nuovi bersagli farmacologici, finora non identificabili, potenzialmente coinvolti nel trattamento di patologie in cui si verifica un’alterazione dei contatti tra gli organelli.

Referenti

I referenti della ricerca: prof Tito Calì, Dipartimento di Scienze Biomediche, Università di Padova; prof.ssa Marisa Brini, Dipartimento di Biologia, Università di Padova; dott.ssa Francesca Vallese, Dipartimento di Scienze Biomediche, Università di Padova; dott.ssa Cristina Catoni, Dipartimento di Biologia, Università di Padova.

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