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Cerimonia per il giorno del ricordo delle Foibe, Micalizzi: «Fu una vera pulizia etnica»

In apertura, e’ stata deposta una corona di allora davanti alla lapide in Via Oberdan. Ha preso poi la parola il vicesindaco, seguito dal presidente del Comitato provinciale di Padova dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia Giovanni Battista Zannoni

Si è svolta oggi 10 febbraio davanti al Municipio la cerimonia per il Giorno del Ricordo. In apertura, e’ stata deposta una corona di allora davanti alla lapide in Via Oberdan. Ha preso poi la parola il vicesindaco Andrea Micalizzi seguito dal presidente del Comitato provinciale di Padova dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia Giovanni Battista Zannoni.  

Micalizzi

«Il 10 febbraio non è un giorno qualsiasi: in questo giorno del 1947, a Parigi, si firmava il trattato di pace con il quale si chiudeva formalmente per l’Italia la tragica esperienza della seconda guerra mondiale e le regioni dell’Istria del Quarnaro così come Zara e la sua provincia diventavano definitivamente territori yugoslavi - ha evidenziato il vicesindaco - .Questo giorno ricorda e commemora le vittime della vera e propria pulizia etnica che si compi in quelle terre ai danni degli abitanti italiani fin dal 1943 e che ha nelle foibe la sua espressione più drammatica e violenta.  Furono alcune migliaia le persone gettate nelle foibe, sul Carso, molte volte vive, ma un numero ancora più grande trovò la morte nei campi di prigionia o nelle lunghe marce forzate verso la detenzione. Ma oggi ricordiamo anche il dramma dell’esodo a cui furono costretti gli italiani che da generazioni abitavano quelle regioni.  Si stima siano stati circa 350.000, la quasi totalità della popolazione di lingua e cultura italiana, lungo circa un decennio ad abbandonare tutto ed emigrare come profughi poverissimi in cerca di una nuova opportunità di vita. Purtroppo le contrapposizioni ideologiche che accesero l’immediato dopoguerra contribuirono a trasformare l’esodo in Italia di questi connazionali, in un nuovo calvario, ignorati, maltrattati per anni e accusati anche di essere fascisti solo per non aver voluto rimanere in Yugoslavia, cosa in realtà non solo falsa, ma anche impossibile vista la politica verso le minoranze etniche della nuova nazione, impostata da Tito. Su quanto accaduto in quegli anni si è molto discusso anche recentemente con tentativi di distorsione e strumentalizzazione ideologica che non rendono giustizia né alla realtà, tragica dei fatti né alle vittime, ai superstiti di quelle vicende e ai loro familiari».

Giovanni Battista Zannoni – presidente comitato ANVGD di Padova

Il discorso integrale: «Gentilissimo signor Sindaco, autorità civili, militari e religiose presenti, innanzitutto, grazie per lo spazio che ci viene dedicato, per la celebrazione del giorno del ricordo , che oggi ricorre, a 76 anni esatti dal trattato di Parigi, che sancì in modo definitivo i confini orientali dell’Italia, e che qui a Padova, anticipando la legge, abbiamo già iniziato a onorare il 10 febbraio 2004. La legge 30 marzo 2004, n. 92, nell’istituire il Giorno del Ricordo, ci conferma la gravità dei fatti accaduti nei territori giuliani , istriani e dalmati , causati dalle violenze subite dopo l’8 settembre 1943 e dopo il termine del secondo conflitto mondiale. Inoltre, questa ricorrenza civile ci dà l’opportunità per riflettere insieme su alcune delle pagine più dolorose della nostra storia. Pagine che ci raccontano una verità cruda, ma per troppo tempo nascosta, taciuta, colpevolmente ignorata. Una verità indicibile, al punto da farla cadere nell’oblio. Ma le storie degli esuli tra la fine della Seconda Guerra Mondiale e i primi anni dell’Italia repubblicana non possono essere cancellate e fatte passare attraverso i filtri e le censure, figli delle ideologie. La storia è infatti il racconto di quello che è stato. E come tale va ricostruita, documentata, studiata e narrata: specie quando ci riguarda direttamente come italiani. Perché italiani erano le vittime delle foibe, italiani erano gli anziani, che avevano conosciuto la dominazione austriaca; italiani erano i giovani di allora, gli impiegati, gli artigiani, i professionisti, i commercianti, gli agricoltori, i medici, gli insegnanti. Italiani erano quanti, smessa la divisa militare sperando in una guerra per loro conclusa, finirono in un incubo ben peggiore. Italiani erano anche i bambini di allora, gli anziani di oggi, che queste storie raccontano ancora adesso ai loro nipoti, come a me, figlio di una esule, venivano raccontate dei nostri genitori e dai nostri nonni, sia pur con un dignitoso senso di pudore, per la paura di non essere creduti fino in fondo o di essere in qualche modo disprezzati. Italiani purtroppo erano anche quelli che su queste cose stavano in silenzio, pur conoscendole. La legge sul giorno del Ricordo, quindi, non solo ricorda le vittime della violenza, ma colma quel divario che si era creato fra la forte memoria espressa dal mondo degli esuli e quella molto meno determinata dell’intera Nazione. Da un lato gli istriani, i fiumani e i dalmati ( circa 350 mila persone ) erano stati costretti a pagare con l’esodo forzato da quelle terre, per conto di tutto il Paese, le conseguenze catastrofiche di una guerra; tuttavia, sulla sorte delle vittime e dei sopravvissuti era caduto un silenzio protrattosi troppo a lungo. La legge sul giorno del. Ricordo rappresenta quindi una sorta di risarcimento morale che la Repubblica ha deciso per un doveroso ufficiale reinserimento del popolo degli esuli nella comunità nazionale, a sanare torti pregressi, di cui cito solo alcuni esempi da ricordare

- Nel referendum del 2 giugno 1946 che segna la nascita della nostra Repubblica, moltissimi furono gli esuli che non poterono esprimere il loro voto, per mancanza formale di adeguati documenti ufficiali di riconoscimento

- All’Assemblea costituente furono forzatamente assenti i 13 deputati previsti per la XII Circoscrizione (Trieste e Venezia Giulia - Zara) in quanto sottoposti alla occupazione jugoslava.

- La città più tristemente sottoposta a bombardamenti aerei d’Italia nel secondo conflitto mondiale è Zara , con ben 54 bombardamenti in poco più di 12 mesi, conla distruzione di circa l’80 % del suo centro storico , e con una medaglia d’oro concessa dall’allora presidente Ciampi, ma finora mai ufficialmente consegnata.

Per il futuro, in una comune ottica europea, ci si auspica si affievoliscano le residue ideologie di parte che tendono a sminuire le sofferenze della popolazione civile, per l’atroce fine di tante vittime innocenti (una su tutti Norma Cossetto, che proprio in questa Università studiava e che da questa università venne solennemente ricordata con una laurea ad honorem nel maggio del 1949) e per la decurtazione di un’ampia porzione del territorio nazionale. Si auspica inoltre che le iniziative volte a mantenere la memoria di questi fatti non siano solo legate alle comunità degli esuli, ma diventino vero e proprio patrimonio nazionale. In questo contesto sarà essenziale il mantenimento di una corretta attenzione da parte del mondo della scuola, della cultura e dell’informazione, perché soltanto attraverso l’azione attenta dei docenti delle scuole sarà possibile far considerare gli eventi che oggi ricordiamo come parte della storia nazionale e come premessa perché ciò che è accaduto mai più si possa ripetere. Concludo citando il Presidente Mattarella che, proprio in questo momento al Quirinale sta onorano gli esuli giuliano dalmati e che in occasione del Giorno del Ricordo negli scorsi anni, ha rilasciato la seguente dichiarazione: “Le sofferenze, i lutti, lo sradicamento, l’esodo a cui furono costrette decine di migliaia di famiglie nelle aree del confine orientale, dell’Istria, di Fiume, delle coste dalmate sono iscritti con segno indelebile nella storia della tragedia della Seconda Guerra Mondiale e delle sue conseguenze. Nel Giorno del Ricordo, che la Repubblica ha voluto istituire, desidero anzitutto rinnovare ai familiari delle vittime, ai sopravvissuti, agli esuli e ai loro discendenti il senso forte della solidarietà e della fraternità di tutti gli italiani. I crimini contro l’umanità scatenati in quel conflitto non si esaurirono con la liberazione dal nazifascismo, ma proseguirono nella persecuzione e nelle violenze, perpetrate da un altro regime autoritario, quello comunista. Tanto sangue innocente bagnò quelle terre. L’orrore delle foibe colpisce le nostre coscienze. Il dolore, che provocò e accompagnò l’esodo delle comunità italiane giuliano-dalmate e istriane, tardò ad essere fatto proprio dalla coscienza della Repubblica. Prezioso è stato il contributo delle associazioni degli esuli per riportare alla luce vicende storiche oscurate o dimenticate, e contribuire così a quella ricostruzione della memoria che resta condizione per affermare pienamente i valori di libertà, democrazia, pace. Le sofferenze patite non possono essere negate. Il futuro è affidato alla capacità di evitare che il dolore si trasformi in risentimento e questo in odio, tale da impedire alle nuove generazioni di ricostruire una convivenza fatta di rispetto reciproco e di collaborazione”. Mi auguro che quanto più volte detto e manifestato da una così autorevole personalità sia un grande esempio da seguire per tutta la comunità italiana. Ringrazio tutti voi per l’attenzione e per come ognuno saprà riflettere su questi fatti».

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