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Coldiretti, va giù di un terzo l'uso dei fertilizzanti. Sos per le semine autunnali

Incertezza nelle campagne padovane a causa dei rincari e del clima: «In queste condizioni molti agricoltori preferiscono attendere»

Anche nella nostra provincia, a causa dei rincari e della scarsa reperibilità di prodotti, si è verificato il taglio da parte delle aziende agricole di quasi 1/3 negli acquisti di fertilizzanti. Un aspetto che mette a rischio le semine, i trapianti autunnali e la stessa produttività dei raccolti Made in Italy. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti dalla quale si evidenzia che il balzo nelle quotazione è influenzato dal fatto che la produzione mondiale dipende fortemente dal costo del gas ed è concentrata in Russia e Bielorussia.

Coldiretti

«Un aspetto - spiegano da Coldiretti Padova - che lascia nell’incertezza gli agricoltori della nostra provincia, alle prese con le semine dei cereali autunno vernini, già condizionate dalla siccità e dalle temperature ancora elevate». «Per il momento molti agricoltori hanno scelto di aspettare - evidenzia Massimo Bressan - e a rimandare agli inizi di novembre la programmazione delle semine di frumento tenero, frumento duro e orzo. Nella nostra provincia il frumento tenero è una delle principali coltivazioni, soprattuto tra Bassa Padova e Piovese, con oltre 21.500 ettari impegnati e una produzione di 145 mila quintali. Segue l’orzo, coltivato nel padovano su 4.400 ettari mentre il frumento duro è presente su più di 1.700 ettari, superficie in costante aumento. Già quest’anno la raccolta ha risentito della lunga siccità e delle alte temperature che hanno influito sulla resa, soprattutto nelle zone non raggiunte dall’irrigazione».

I prezzi

«Ora a pesare sono anche i prezzi insostenibili raggiunti dai fertilizzanti, più che raddoppiati nel giro di pochi mesi. A questo si aggiunge la mancanza di precipitazioni, che rende difficile la preparazione dei terreni per la semina. La terra è troppo arida per la lavorazione, quindi non resta che sperare che a breve arrivi la pioggia, altrimenti sarà veramente difficile programmare le semine, i trapianti e procedere anche con la coltivazione dei prodotti di stagione come i radicchi, le verze, i cavolfiori. L’agricoltura in questo periodo è alle prese con due gravi emergenze: i continui aumenti dei costi da un lato e, dall’altro, gli effetti di un clima arido con precipitazioni scarsissime». I prezzi dei fertilizzanti sono aumentati dopo le sanzioni contro le aziende bielorusse che producono potassio e l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia che ha gettato nel caos una grossa fetta delle forniture globali. Si stima che Russia e Bielorussia costituiscano circa il 40% della produzione globale di potassio mentre la Russia produce circa il 20% dell'azoto mondiale.

Risultati

«Il risultato – continua la Coldiretti - è che l’urea è balzata a 1.100 euro a tonnellata contro i 540 euro a tonnellata dello scorso anno, secondo Cai – Consorzi Agrari d’Italia, mentre il perfosfato è passato da 185 agli attuali 470 euro/tonnellata e i concimi a contenuto di potassio sono schizzati da 455 a 1005 euro/tonnellata. Una situazione che ha pesanti effetti sulla produttività delle coltivazioni che rende necessario –secondo Coldiretti -promuovere l’utilizzo dei fertilizzanti organici e, in particolare, del digestato, ottenuto dalla produzione di energie rinnovabili come biogas e biometano, facendo chiarezza sulla possibilità di utilizzo ed eliminando la soglia dei 170 kg di azoto per ettaro all’anno. A pesare sull’aumento del costo dei fertilizzanti, che in un anno è più che raddoppiato, sono le misure adottate con l’inizio della guerra in Ucraina con sanzioni, accaparramenti e riduzioni degli scambi che hanno favorito le speculazioni in una situazione in cui l’Italia ha importato lo scorso anno dall’Ucraina ben 136 milioni di chili di fertilizzanti mentre altri 171 milioni di chili arrivavano dalla Russia e 71 milioni di chili dalla Bielorussia secondo l’analisi della Coldiretti su dati Istat dalla quale si evidenzia che si tratta complessivamente di una quota superiore al 15% del totale delle importazioni. Per effetto degli aumenti dei costi – conclude la Coldiretti – in Italia più di 1 azienda agricola su 10 (13%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività mentre il 34% del totale nazionale si trova comunque costretta in questo momento a lavorare in una condizione di reddito negativo per effetto dei rincari, secondo il Crea».

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