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Siccità nel Padovano, a rischio la messa a dimora del mais e l'accrescimento del frumento

Nell’Estense e nel Montagnanese, in particolare, si concentra oltre il 15% dell’“oro giallo” di tutto il Veneto, per un fatturato di più di 5 milioni di euro all’anno

«Dato che non piove da oltre due mesi è a rischio la messa a dimora delle piantine di mais e di tutti gli altri seminativi, soprattutto nell’area della Bassa Padovana, e preoccupa pure l’accrescimento del frumento, già seminato: se dovesse perdurare questa situazione lo sviluppo delle piantine potrebbe addirittura fermarsi e, di conseguenza, appassirebbero i germogli»: Cia Padova lancia l’allarme alla vigilia della stagione più delicata per il primario, ovvero quella della semina.

Siccità

Fra due settimane sono previste le prime piantumazioni del granoturco, appunto siccità permettendo. Nell’Estense e nel Montagnanese, in particolare, si concentra oltre il 15% dell’“oro giallo” di tutto il Veneto, per un fatturato di più di 5 milioni di euro all’anno. Sottolinea il direttore di Cia Padova. Maurizio Antonini: «Gli imprenditori agricoli, soprattutto quelli i cui terreni sono vocati a seminativo, sono estremamente preoccupati Stanno attraversando una congiuntura economica complicata a causa dell’aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime in agricoltura. A questi, adesso, si somma un’ulteriore emergenza». Stando all’ultimo Bollettino della risorsa idrica di Arpav, lo scorso febbraio sono caduti, mediamente, 29 millimetri d’acqua nel padovano, quando la media del periodo 1994-2021 è stata di 61.8 millimetri. In pratica, gli apporti meteorici mensili sono stati, come accaduto a gennaio, poco meno della metà (-52%). Non solo. La stazione di rilevamento del fiume Adige, a Boara Pisani, ha rilevato una portata di un quarto in meno rispetto alla media storica mensile, quella di Pontelagoscuro, sul Po, perfino un -47%.

Crisi

Come precisa Francesco Cazzaro, presidente di Anbi Veneto, «questa è una crisi che parte dall’alto, dai depositi nivali in montagna, e scende in profondità, con le falde acquifere. Ovunque si registra una situazione di penuria d’acqua. Senza gli invasi è impossibile immagazzinare l’acqua, una risorsa che diventa fondamentale nei momenti di maggiore siccità. Le numerose cave di ghiaia dismesse o quasi esaurite, e tenute ferme, che si trovano nella media pianura potrebbe costituire dei bacini d’invaso ottimali. Il problema è trovare un accordo con i proprietari per il loro riutilizzo». Queste sono settimane cruciali, commenta il direttore di Cia Padova, Antonini: «Già ora i terreni agricoli necessitano di una costante irrigazione, con conseguenti maggiori costi. Nell’ambito del PNRR, vanno trovate tutte quelle soluzioni utili per tentare di risolvere tale criticità, che sta diventando cronica. Nello specifico, gli enti competenti sono chiamati a prevedere degli investimenti nei bacini montani e di pianura: sono in grado di trattenere l’acqua quando ce n’è in abbondanza, per poi rilasciarla nei periodi di maggiore siccità ad uso civile, industriale e agricolo. Chiediamo un intervento immediato. Il PNRR ha tempi strettissimi e rimane un’opportunità irripetibile per una reale ripartenza; non possiamo sprecare né tempo, né denaro».

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