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Redazione

MERICORDO. Personaggi e campioni della società biancoscudata

di Gianni Trivellato - Dal "paron" che ha consegnato il Padova alla storia ai "pensionabili" dei tempi d'oro, da Scagnellato "padre Callaghan" al bombardiere Brighenti. Le partite a tresette con Rocco e l'ultimo incontro ad Abano

Tanti personaggi, tanti campioni negli oltre cento anni della sua esistenza. Tanti appuntamenti accompagnati dalla passione dei suoi sostenitori. Partite a volte memorabili, come quella ricordata dall'intramontabile Gastone Zanon in una intervista al Mattino: il 4 a 4 con il Torino del 1948, in una gelida giornata di febbraio, sul terreno del vecchio Appiani. Tanti personaggi protagonisti non soltanto sul terreno del gioco, e tra questi Piero Cavalca che, senza trascurare le prelibatezze di una tipica cucina padovana, aveva trasformato la sua storica trattoria del centro in una sorta di tempio del pallone. Ma non c'è dubbio che il Padova abbia consegnato alla storia (prima ancora che al Milan) uno dei personaggi più illustri e caratteristici del calcio. Se Herrera verrà ricordato per sempre come ''il mago'' del pallone, Nereo Rocco resterà per sempre ''il paron'', un tecnico venuto dalla provincia e destinato a segnare un capitolo incancellabile nel libro della palla rotonda.

I MERITI DEL PARON. A Padova, con i pochi quattrini messigli a disposizione dalla società, durate l'estate 1956 andò a raccattare in giro per l'Italia giocatori accantonati dalle squadre maggiori perchè dichiarati ormai finiti. Così nella città del Santo giunse un certo Ivano Blason, un marcantonio alto quasi come un grattacielo, muscoloso e robusto ma tanto bravo nella marcatura quanto dotato di grande velocità. Blason era stato messo da parte dall'Inter, mentre dalla Sampdoria arrivarono a Padova un manipolo di presunti ''pensionabili'', quali il portiere Pin, l'attaccante Tortul, il prestigioso argentino Rosa, il centromediano (allora si chiamava così chi giocava al centro della difesa) Azzini. Fisicamente questo giocatore, a vederlo dentro e fuori del campo, non pareva avere niente di atletico, tondo e grassoccio com'era. Rocco lo battezzò subito come ''la vacca volante'': eppure, nonostante l'aspetto fosse poco rassicurante, in area e al limite dell'area c'era poca fortuna anche per gli attaccanti più rinomati.

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UNA GRANITICA DIFESA. A completare una granitica difesa veniva schierato un certo Scagnellato, che ben presto si vide a sua volta consacrato da Rocco con il soprannome di Padre Callaghan. Nomignolo giustificato dal fatto che, essendo Scagnellato un fervente credente e praticante cristiano, impose a Rocco e a tutta la squadra di andare a messa tutte le domeniche mattina prima di ogni partita casalinga. Un anno quel Padova, che in attacco poteva contare, oltre che su un autentico ''bombardiere'' qual'era Sergio Brighenti, anche su un grande campione come Hanrim, sfiorò lo scudetto. Lo avrebbe ampiamente meritato, ma non riuscì ad ottenerlo per una strana coincidenza di episodi sfavorevoli che ancora adesso, a tanto tempo di distanza, hanno il sapore di poco edificanti intrighi di palazzo. Vinse la Juventus e il Padova si classificò terzo. Non mancava comunque in quella storica squadra un sano spirito di cameratismo che, se da una parte univa in un blocco pressoché granitico i suoi componenti, dall'altra favoriva beffe di sapore quasi goliardico. Come quando ad un compagno dal carattere particolarmente permaloso e focoso (di cui per ovvi motivi non farò il nome neppure sotto tortura) furono inchiodate le scarpette da gioco sul pavimento...

CAMPIONE DI TRESETTE. Tornando a Rocco, ho avuto la fortuna, lavorando per alcuni anni al ''Piccolo'' di Trieste, di conoscere a fondo ''il paron'' e di frequentare la sua casa di Trieste. Ricordo con struggente nostalgia gli anni in cui, allenando prima il Milan e poi la Fiorentina, tornava a Trieste in treno la domenica sera, e andavamo a riceverlo alla stazione in compagnia di vecchi amici, tra cui due campioni del mondo dell'era Pozzo, due autentici ''muli'' triestini quali erano Pasinati e Colaussig, che Zanon sicuramente ricorda. Si finiva immancabilmente a casa Rocco verso la mezzanotte e ci si alzava dalle sedie che faceva l'alba. E quasi mai si parlava di calcio, ma si intrecciavano combattute partite di tresette accompagnate da abbondanti libagioni.

OSPITE AD ABANO. Vidi Rocco per l'ultima volta a Padova, in occasione di una grande festa del pallone organizzata ad Abano Terme, nella quale era stato ovviamente invitato come ospite d'onore. E nel salutarlo prima del commiato mai avrei immaginato una sua fine così precoce e drammatica: se ne andò quasi in punta di piedi, senza grandi clamori, in pochi mesi, sconfitto da un male malandrino. E forse è stata quella l'unica volta in cui ''il paron'' non è riuscito ad applicare, per difendere la sua vita, il proverbiale ''catenaccio''.

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