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MERICORDO. Con la vecchia bici sul Monte della Madonna

di Gianni Trivellato - Una gita che a quei tempi aveva il sapore di una vera e propria escursione, compiuta in compagnia di una mezza dozzina di coetanei, capaci di ottenere, dopo giorni di insistenze, il placet dei genitori

Il primo amore non si scorda mai. Un detto che non contraddistingue solo i rapporti umani, ma che nel nostro caso si adatta anche alla cara vecchia bicicletta. E' opinione diffusa che l'automobile sia un mezzo comodo e veloce, che ci permette spostamenti rapidi e una totale libertà di movimento. Eppure si tratta di una opinione errata. Tanto per cominciare la bicicletta, a differenza dell'automobile, non ha tasse da pagare. Niente bollo, assicurazione, carburante e pochissima manutenzione. I medici sono i primi a dichiarare che pedalare anche pochi minuti al giorno migliora di molto la salute; renderà muscoli, cuore e polmoni più forti ed efficienti contribuendo a prevenire malattie e problemi cardiaci. A tutto questo si aggiunga quanto sia spesso piacevole e soddisfacente gustare i paesaggi che la macchina tende a nascondere.

PRIMI APPROCCI. I miei primi approcci con la bici risalgono a quand'ero ancora ragazzo, ed era un lusso che mi era stato concesso l'anno in cui, e l'ho già scritto in un altro mericordo, riuscii a sorpresa ad ottenere il diploma di terza media a giugno! Erano tempi ben diversi da quelli odierni e a permettersi le auto erano solamente i più abbienti. Rispolverando la polvere dei ricordi, rammento bene che mio padre, negli anni Cinquanta, per andare al lavoro si serviva di un modesto ciclomotore, talmente potente che in prossimità di un cavalcavia doveva essere spinto a mano! Ed ecco che ricollegandomi alla cara vecchia bici, mi ricordo di una gita che, sempre a quei tempi, aveva il sapore di una vera e propria escursione, compiuta in compagnia di una mezza dozzina di coetanei, capaci di ottenere, dopo giorni e giorni di insistenze, il placet dei rispettivi genitori. E fu così che partimmo da Padova per salire fino al Monte della Madonna.

UN PO' DI STORIA. Qualche scampolo di storia non guasta. Il complesso monastico che ha dimora su questo colle, che supera di poco i 500 metri di altezza, ha origini molto antiche ed è attestato fin dal 1200. Antica meta di pellegrinaggi, la chiesa era in custodia al Clero Diocesano e alla Confraternita della Madonna del Monte fino al 1508, quando Papa Giulio II l'affidò ai monaci di Praglia. Nel 1510 venne costruita la cappella (attuale presbiterio) e collocata la statua della Vergine risalente al 1350 che, probabilmente, si trovava nel Monastero di Praglia. Venne portata sul Monte dopo l'unione al Monastero. Soppresso il Monastero di Praglia con le riforme napoleoniche e poi ancora dallo Stato italiano nel 1867, anche il Santuario ne seguì le sorti e fu abbandonato. I monaci rientrarono a Praglia nei primi anni del '900. Il Santuario Monte della Madonna venne solennemente riconsacrato il 6 giugno 1942 dal Vescovo di Padova Mons. Carlo Agostini.

UN'IMPRESA SODDISFACENTE. Tornando alla gita di cui scrivevo poco fa, partimmo di buon'ora da piazzale San Giovanni, dove ci eravamo dati appuntamento, e seguimmo la strada che per arrivare al Monte della Madonna era percorsa fino ad Abano anche dal vecchio tram. Poi ci inerpicammo lungo un sentiero che a quei tempi era sterrato, e in taluni punti così ripido e pieno di buche da costringerci a scendere di sella e proseguire a piedi, nè vi erano le indicazioni che oggi, lungo una strada asfaltata e molto ben percorribile, è un rassicurante invito per numerosi e frequenti pic nic. Ma allora, pensare di arrivarci in auto, sarebbe stato una sorta di follia. Ricordo che giungemmo al Santuario poco prima di mezzogiorno, tutti con il fiato corto ma soddisfatti per l'impresa compiuta. E demmo sfogo a fame e sete svuotando gli zaini che mamme premurose ci avevano preparato alla vigilia. Lassù, in quegli anni, nessuno si sarebe illuso di trovare un bar o qualche punto di ristoro. Era, appunto, un'altra epoca.
 

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