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Martedì, 23 Aprile 2024
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Mario Perazzolo, 90 anni di amore biancoscudato

Padovano doc, spentosi nell'agosto del 2011 alla bella età di 90 anni, si mise in luce nel Padova nel campionato del 1929. Mediano-mezzala con una corsa e una resistenza impressionanti, tanto da meritarsi il titolo di settepolmoni

In questo "Mericordo" tutto dedicato a grandi eventi e grandi personaggi della nostra città, credo sia giusto, scrivendo di pallone, dedicare un capitolo a Mario Perazzolo, padovano doc, spentosi nell'agosto del 2011 alla bella età di 90 anni. Si mise in luce nel Padova nel campionato del 1929 e con la maglia biancoscudata giocò per 5 anni, prima in serie B e poi nella massima serie. Nel 1933 passò alla Fiorentina e quindi al Genoa, dove vinse una Coppa Italia e conobbe l'onore di indossare la maglia azzurra. Era nella rosa dell'Italia campione del mondo nel 1938, anche se non venne mai schierato da Pozzo.

UN VERO "SETTEPOLMONI". Perazzolo era un mediano-mezzala con una corsa e un resistenza impressionanti, tanto da meritarsi il titolo di settepolmoni, coniato da un giornalista. Acquistato nel 1936 insieme a Bigogno e Morselli dalla Fiorentina (dove giocò per tre stagioni) divenne un titolare inamovibile con la maglia rossoblù del Genoa, nello scacchiere prima di Fellsner, vincitore della Coppa Italia, e poi di Garbutt, frequentatore della Coppa Europa e dei quartieri alti della classifica.

9 PRESENZE IN AZZURRO. Giocatore di altissimo rendimento, con alto tasso tecnico e notevole visione di gioco, rimase a Genova per un lustro, disputando 164 incontri (e segnando 14 reti). Pochi mesi dopo il suo arrivo al club rossoblù venne convocato per la prima volta in Nazionale a Berlino il 15 novembre del 1936 contro la Germania, cui faranno seguito, fino al 1939, altre otto presenze in maglia azzurra (altre sette ne aveva collezionate in Nazionale B).

ALLENÒ LA TRIESTINA. Conclusa la carriera di giocatore, divenne allenatore e la sua prima esperienza la fece sulla panchina del Brescia dove ottenne un ottimo quinto posto nella massima serie. In seguito allenò anche il Siracusa e nel 1951 gli fu offerta la panchina della Triestina, in serie A, compagine che riuscì a salvare dalla retrocesione. Dopo un paio di stagioni ancora come tecnico del Brescia, il 1972, alla rispettabile età di settant'anni, fu per Perazzolo un ritorno alle origini, chiamato ad allenare il Padova condividendo la panchina con Mauro Gatti.

UNA MONTAGNA DI ESPERIENZE. Di Perazzolo conservo un ottimo ricordo ed ebbi modo di conoscerlo ai tempi di Pilotto. Carattere schivo e riservato, continuava a seguire il Padova con la passione di sempre, ma senza far pesare il suo indiscusso bagaglio di esperienze, sia come giocatore che come tecnico. Ascoltarlo poi era quanto mai piacevole e dai suoi ricordi sarebbe stato possibile scrivere un libro di suggestive memorie calcistiche. E così nel corso di una chiacchierata ai bordi del campo, durante un allenamento dei biancoscudati guidati allora da Bruno Giorgi, ebbi modo di sapere che nel 1935 debuttò nel Torino, con la gloriosa maglia granata, un certo....Raffaele Vallone che, finita la guerra, divenne redattore dell'Unità e poi il grande attore di cinema e teatro che tutti ricordiamo.

GUAI TAMPONARE IL DUCE! Un altro curioso episodio riguardava Fulvio Bernardini, ottimo allenatore del dopoguerra, passato alla storia come il "dottor Fuffo", autore di una strepitosa impresa a Bologna negli anni Sessanta con la conquista dello scudetto a spese dell'Inter. Bernardini da giovane era anche un ottimo giocatore e negli anni Trenta ottenne la patente di guida, privilegio allora riservato a non molti italiani. Ma un giorno la patente gli fu ritirata perchè nel corso di una azzardata manovra tamponò la vettura di un illustre personaggio, nientemeno che il cavalier Benito Mussolini! Per riavere la patente, Bernardini dovette attendere parecchi mesi e presentare numerose istanze. Ma erano ben altri tempi...

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