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A cura di Federica Scandolo

Steve McCurry, il grande fotografo racconta il suo mondo al Bo: "Ora mi voglio divertire"

"La fotografia è un viaggio che ti porta in un altro luogo, come la lettura. Leggere e fotografare sono senza meta, si possono fare in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento"

Qualsiasi presentazione riferita a Steve McCurry e alla sua fotografia rischia di scadere nel banale. Il potere iconico della sua comunicazione ci fa viaggiare, ma allo stesso tempo ci mette di fronte alla crudezza dell'umanità. Anche le foto che lo ritraggono sono l'emblema del suo impegno: se lo guardiamo nell'immagine utilizzata per l'evento di BoCulture, lo vediamo immerso fino al petto nell'acqua, ma con la sua fedele macchina fotografica in salvo sulla testa. Un po' come quel sarto indiano con la macchina da cucire sulle spalle in uno scatto del 1983.
 
Steve McCurry, oggi, non ha più quei capelli neri e quello spirito avventuriero da giovane fotoreporter: è un signore canuto e simpatico, scherza con i giornalisti, mentre mostra le foto scattate con il cellulare il giorno prima a Mosca; poi guarda fuori dalla finestra di palazzo del Bo e dice: "Mi piacciono queste giornate nuvolose". E allora ti accorgi che, in pochi attimi, ha già immortalato Padova
 
"Questa è una delle sale più sorprendenti in cui mi sia mai capitato di sedermi", afferma davanti alle tantissime persone sedute in aula magna. "Questo è tipico dell'Italia: a un certo punto ti volti e vedi la storia". L'interprete traduce prontamente tutte le domande che gli vengono poste dal prorettore alle Relazioni culturali, sociali e di genere Annalisa Oboe e di Leonardo Bonollo, professore di fotogiornalismo e comunicazione multimediale dell'università di Padova.
 
Il mondo di Steve McCurry, titolo del suo ultimo libro edito da Mondadori Electa, in cui si racconta al giornalista Gianni Riotta, è fatto di viaggi e persone. Il suo lavoro ha spaziato attraverso le tematiche più varie: la guerra, l'ambiente, la società e la cultura. Tutto iniziò quando aveva 19 anni: "All'epoca non ero un fotografo, ma capii che il mio desiderio era viaggiare per il resto del mondo, ma non come turista. Mi accorsi che la fotografia poteva essere il modo perfetto per raggiungere il mio scopo".
 
"Per me una bella foto deve raccontare una storia, deve trasmettere delle emozioni". Seguiva l'esempio di Henri Cartier Bresson, perchè le sue foto erano eleganti, raccontavano delle storie grandiose ed erano composte, ma soprattutto erano foto memorabili, nel senso che raccontavano storie di popoli lontani, ma anche di un'umanità condivisa. "Erano di uno stile pulito, che io considero il migliore per la fotografia. Una differenza tra me e Bresson è che lui ha sempre fatto foto in bianco e nero. Per me il mondo è a colori".
 
"Io penso a me più come un artista. Attualmente voglio fare solo quello che mi va, non ho voglia di essere mandato da una parte all'altra, di avere scadenze da rispettare o avere indicazioni su quello che devo fare o fotografare. E ora veramente mi sto divertendo e mi sento realizzato. Sono tanti anni che viaggio e mi piacerebbe fare qualcosa di diverso nel paese da cui provengo. Quando si è giovani bisogna fare tutto quello che si trova da fare, ma col passare degli anni ci si rende conto che la fine si avvicina, avrò ancora pochi anni di produttività davanti a me e quindi vorrei sfruttare al meglio il tempo che mi rimane".

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