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Padova da Vivere

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Beata Eustochio, la monaca padovana tormentata dal demonio

La sua nascita non fu proprio legittima, Lucrezia Bellini nacque a Padova nel 1444, da una monaca del monastero benedettino di San Prosdocimo e da Bartolomeo Bellini. A quattro anni il demonio s’impadronì del suo corpo, senza toglierle l’uso della ragione, tormentandola praticamente per tutta la vita.

A sette anni fu affidata alle monache di San Prosdocimo che gestivano nel monastero una forma di educandato; la condotta della comunità non era proprio esemplare, ma Lucrezia agli svaghi mondani, preferiva il ritiro, il lavoro e la preghiera, era molto devota alla Madonna, a San Girolamo e a Santa Luca.

Lucrezia ormai diciottenne, chiese di entrare nell'ordine delle Benedettine e il 15 gennaio 1461, ebbe il nero abito e prese il nome di Eustochio. Il demonio che da qualche tempo la lasciava in pace, si riaffacciò nel suo corpo, costringendola a fare atti contrari alla Regola, facendola addirittura esplodere in atti così chiassosi e violenti, che le consorelle ne furono terrorizzate e dovettero legarla per molti giorni ad una colonna.

Ma la quiete durò poco, dopo che Eustochio fu liberata, la badessa si ammalò di una strana malattia, fu incolpata lei, quasi considerandola un’ipocrita strega; fu chiusa in una prigione per tre mesi a pane ed acqua. Una volta liberata, tornò ad essere tormentata dal demonio, con flagellazioni sanguinose, incontrollabili vomiti e altri strani patimenti che lei sopportava con inossidabile pazienza, ciò convinse le consorelle delle sue virtù e finalmente il 25 marzo 1465 fu ammessa alla professione solenne e come era usanza dell’epoca, due anni dopo gli fu imposto il velo nero delle benedettine.

La sua vita non fu lunga, era stata di grande bellezza ma le possessioni diaboliche, le malattie e le penitenze, l’avevano ormai ridotta ad uno scheletro vivente; gli ultimi anni di vita li trascorse quasi sempre a letto ammalata, assorta nella preghiera e nella meditazione della Passione di Gesù. Morì il 13 febbraio 1469 a soli 25 anni, la sua fine fu così serena che il suo volto poté riacquistare l’antica bellezza; il demonio poche ore prima l’aveva lasciata finalmente in pace.

Quattro anni dopo la sua morte, il corpo fu riesumato dal primitivo sepolcro, il quale cominciò a riempirsi d’acqua purissima e miracolosa, che cessò di sorgere solo quando fu soppresso il monastero. Nel 1475 il corpo fu portato nella chiesa e dal 1720 fu collocato, visibile in un’arca di cristallo. Il monastero di San Prosdocimo fu soppresso nel 1806 e il corpo della beata benedettina fu traslato nella chiesa di San Pietro sempre a Padova. La sua festa religiosa, ancora oggi officiata in tutta la diocesi di Padova, è al 13 febbraio.

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