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Carlo Mazzacurati: il regista padovano che raccontava la vita di provincia

Carlo Mazzacurati nasce a Padova il 2 marzo 1956 e all'età di 57 anni, il 22 gennaio 2014, muore a seguito di una lunga malattia. È stato un regista e sceneggiatore italiano di fama internazionale.

Figlio dell'ingegnere e corridore automobilistico Mario Mazzacurati, il regista cresce in una famiglia agiata che gli permette di coltivare serenamente la passione per l'arte. È soprattutto il cinema ad affascinarlo fin da adolescente. Di indole schiva e sensibile, non appena finisce il liceo tenta di iscriversi al centro sperimentale di Cinematografia per ben tre volte ma senza successo. Opta allora per l'università di Bologna e trascorre un paio d'anni frequentando la facoltà del Dams senza ottenere grandi risultati, se non nel circuito dei cineclub dove invece è molto attivo.

Quando riceve una somma di denaro in eredità, decide di utilizzarla per la realizzazione di un mediometraggio in 16mm, il road movie Vagabondi (1979) che, seppur vincitore del premio Gaumont al festival milanese Filmmaker, non riesce ad avere distribuzione nelle sale. Dopo poco tempo si trasferisce a Roma dove lavora per alcune trasmissioni televisive in qualità di autore e conosce Gabriele Salvatores con il quale collaborerà per la scrittura della sceneggiatura di Marrakech Express.

Nel 1985 il grande passo: assieme all'amico Franco Bernini scrive la sceneggiatura di Notte italiana, che diventerà poi un film due anni dopo, grazie anche all'appoggio della Sacher Film di Nanni Moretti, qui per la prima volta nelle vesti di produttore. Con il primo lungometraggio comincia a maturare nell'autore una consapevolezza dei propri mezzi finalizzata ad osservare il presente e a riflettere con intelligenza sull'Italia degli anni Ottanta, raccontandone l'energia ma anche l'ingenuità.

Con Il prete bello (1989), tratto dal romanzo omonimo di Goffredo Parise, il regista si misura ancora una volta con una realtà strettamente legata alla miseria e mostra luoghi dove la felicità più grande è data dalla possibilità di usare una bicicletta Bianchi da corsa.

Nel 1992 realizza Un'altra vita con due protagonisti simboli di realtà sociali molto diverse tra loro: il primo è Silvio Orlando, un dentista benestante che, dopo l'incontro con una giovane ragazza dell'Est in difficoltà, verrà a contatto con la periferia romana fatta di violenza e malavita rappresentata da Claudio Amendola (Grolla d'Oro a Saint Vincent per la sua interpretazione).

Nel 1994 realizza Il toro (Leone d'argento a Venezia e coppa Volpi a Roberto Citran), che punta la macchina da presa sul desiderio di riscatto di due allevatori in cassa integrazione che rubano un toro e cercano di venderlo percorrendo le strade di una ex Jugoslavia confusa e desolata.

Alla ricerca di un'impossibile rivincita esistenziale è anche la protagonista ceca di Vesna va veloce (1996), seguito da L'estate di Davide (1998), film per la tv distribuito poi nelle sale cinematografiche, dove il regista mette in scena con grande acutezza e sensibilità la fine delle illusioni ingenue di un giovane in vacanza nel Polesine.

Nel 1999 allestisce "Ritratti" assieme a Marco Paolini, raccolta di dialoghi con importanti personaggi della cultura veneta (Andrea Zanzotto, Mario Rigoni Stern, e Luigi Meneghello). L'anno dopo è la volta de La lingua del santo, presentato in concorso alla 57° Mostra del cinema di Venezia, con la coppia formata da Antonio Albanese e Fabrizio Bentivoglio.

Dopo A cavallo della tigre (2002), rifacimento di una commedia girata nel 1961 da Luigi Comencini, il regista padovano decide di occuparsi d'amore: con L'amore ritrovato (2004) interpretato da Stefano Accorsi e Maya Sansa, l'autore descrive una vicenda nostalgica che parla della vitalità della passione malgrado il passare del tempo, ambientata nella provincia toscana degli anni Trenta.

Se negli ultimi due film lo sguardo era rivolto al passato in modo intimistico, nel 2007 il regista ritorna alle sue origini percorrendo i binari che lo portano nuovamente in un paesino del nord-est a raccontare un giallo che ha il sapore del malessere sociale contemporaneo in La giusta distanza.

Nel 2010 realizza due pellicole, il documentario Sei Venezia e La Passione, scegliendo ancora una volta Silvio Orlando come protagonista; nel 2013 partecipa al Torino Film Festival, ricevendo il Gran Premio Torino e presentando il suo ultimo La sedia della felicità, con Valerio Mastandrea, Isabella Ragonese, Silvio Orlando, Fabrizio Bentivoglio e Giuseppe Battiston.
 

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