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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Padova da Vivere

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A cura di PadovaOggi

Comuni del Padovano, Piove di Sacco: origine del nome ed alcune curiosità

Piove di Sacco (Piove de Saco in veneto) è un comune italiano di 19 718 abitanti ed è il centro dell'area sud-orientale della provincia di Padova, in Veneto, che da esso prende il nome di Saccisica.

IL NOME. Tutto il territorio intorno all'antichissima cittadina di Piove di Sacco si chiamava «Saccisica» e sulla provenienza di questo nome si e molto discusso. Secondo lo storico Filiasi derivo dagli abitanti di un luogo chiamato «Sacisco» sul Po, i quali costretti a fuggire per l'invasione dei Galli 587 anni prima di Cristo, Si rifugiarono in quel luogo e gli dettero il nome, e quindi il paese attuale sarebbe stato fondato in quei tempi remoti. Altri lo vogliono ancora più antico, ed affermava che il nome derivi da «Esaco» cognato di Antenore leggendario fondatore di Padova. Illustri critici negano non solo l'esistenza di un Esaco ma anche di Antenore, e cosi questa seconda ipotesi cadrebbe da se e noi la riportiamo a solo titolo di curiosità. II chiarissimo prof. Dante Olivieri nel suo «Saggio di toponomastica Veneta» dice che il nome Sacco deriva da insenatura o via senza uscita, ed infatti in Francia i vicoli e le vie cieche si chiamano «Cul de Sac », ed anche nella vicina Vicenza abbiamo visto le targhe col nome «Cul di Sacco» in tali vie o vicoli, e vi è Val di Sacco a Torrebelvicino presso Vicenza, e Pradesacco presso Pastrengo (Verona) e Saccon presso Belluno, e tale provenienza forse l'ha anche il nome di Sacile città in provincia di Udine. II nome di Piove lo assunse nell'Era Cristiana, ed e una corruzione del nome latino «Plebs e Plebis» . che vuol dire Plebe o Popolo, da cui derivo l'italiano «Plebiscito» che vuol dire «decreta di popolo ». II nome del paese dovrebbe essere «Pieve Saccisca o Saceisica», e
non il poco elegante «Piove di Sacco », come abbiamo Pieve di Soligo, Pieve di Cadore e tanti altri in Italia. La parola Pieve e stata usata dalle autorità ecclesiastiche per indicare una comunità di popolo oggi detta «parrocchia» la cui chiesa ne regge altre minori nei suoi dintorni, ed il suo titolare era chiamato «Pievano» dal latino «Plebanus» ossia capo del popolo, che oggi si dice parroco. In molti paesi e nel Friuli specialmente quel sacerdote che noi chiamiamo parroco, si chiama anche oggi. pievano e piovano. Il territorio di Piove di Sacco era abitato probabilmente già in età paleoveneta e divenne sotto i romani un importante nodo stradale e fluviale. Infatti per Plebs Sacci passavano la Via Popilia-Annia e i fiumi Bacchiglione e Brenta. In epoca longobarda la città divenne sede di un'arimannia, nell'VIII secolo passò sotto il dominio dei carolingi per diventare poi, grazie alla donazione di Berengario I al vescovo Pietro dell'897,[3] territorio del vescovado di Padova, periodo in cui venne fortificata con i terrapieni i quali caratterizzano ancor oggi l'aspetto a forma di quadrilatero. Nel '300 divenne appannaggio dei signori di Padova, i Carraresi, i quali completarono le fortificazioni con la costruzione di torrioni alle porte di accesso, ma mantenendo comunque l'impianto originario a forma di rettangolo.

Storia
Probabilmente il territorio era abitato già in epoca preistorica: reperti archeologici specialmente epigrafici, attualmente conservati nei musei di Este e di Padova, documentano la presenza dell'uomo nella zona già dal paleolitico (si trattava probabilmente della popolazione degli Euganei; in seguito, nell'età del bronzo e del ferro, fiorì la pacifica e operosa civiltà dei paleoveneti). Nel I secolo a.C. i romani colonizzano la regione e l'antica Padua diventa tra le più ricche e popolose città dell'impero, con bei teatri, grandiose terme e splendide ville. La provincia trasse beneficio dall'amministrazione romana. Nel 40 a.C. l'imperatore Ottaviano bonificò questa zona e la divise in “agri centuriati” che furono assegnati ai legionari perché li coltivassero. I romani intuirono subito le grandi risorse di un territorio, come quello euganeo, caratterizzato dalle sorgenti termali e cominciarono fin da allora a connotare la zona euganea come distretto terapeutico. Dopo il 476 d.C., con la caduta dell'impero romano d'occidente, il territorio subì le invasioni dei barbari e l'intera area fu condannata all'incuria e all'abbandono: crisi economiche e pestilenze decimarono le popolazioni delle campagne. Le razzie di Alarico e, nel 452 d.C., quelle di Attila costrinsero le popolazioni del luogo a rifugiarsi nelle isole della Laguna Veneta. Nel 602 d.C. la regione cadde nelle mani dei longobardi, che distrussero la città di Padova. Carlo Magno mise fine alla spietata dominazione longobarda e dopo di lui il territorio fu conquistato dagli ungari. Le scorrerie barbare terminarono quando gli abitanti della zona impararono a difendersi con fortezze, castelli e cavalleria corazzata. Successivamente il territorio fu sotto la dominazione degli Estensi e dei Carraresi. Nel 1405 l'intera provincia venne annessa alla Serenissima Repubblica di Venezia: fu un periodo di grande sviluppo commerciale, artistico e culturale e l'antica Università di Padova divenne un punto di riferimento per molti studiosi. La Serenissima portò quattro secoli di pace e di lavoro. Fu in questo periodo che si affermò la cosiddetta “civiltà delle ville”, alcune splendide create dal genio dell'architetto Palladio. Con il trattato di Campoformio e il tramonto della Serenissima nel 1797, la provincia fu occupata dai francesi e, in seguito, dagli austriaci. Nel 1848 i moti risorgimentali e le guerre d'indipendenza interessarono questa zona. Nel 1866 tutto il Veneto fu liberato dal dominio austriaco e annesso al Regno d'Italia. In seguito, anche la provincia di Padova pagò un alto contributo in vite umane durante i due conflitti mondiali. 

Dal dopoguerra ad oggi
Nel dopoguerra la popolazione visse ancora un periodo di grosse difficoltà e ristrettezze economiche, ma seppe reagire con operosità e iniziativa. Negli anni sessanta cominciò a cambiare tutto, dall'agricoltura all'industria, con sviluppo e modernizzazione sempre più accelerati. La campagna fu in parte abbandonata, ma chi rimase introdusse colture specializzate e più remunerative; nelle frazioni della cintura urbana iniziarono a sorgere le prime zone industriali. La Saccisica è diventata un'importante area di insediamenti industriali e di attività commerciali e artigianali, ma esiste ancora un certo legame con le tradizioni contadine.

Il simbolo araldico
Il simbolo araldico della Comunità dei Piovesi è il sigillum medioevale del San Martino a cavallo che dona parte del proprio mantello ad un povero[4]. Tale simbolo è presente nei documenti basso-medioevali riportati anche dal Pinton nel Codice Diplomatico Saccense. San Martino era un soldato romano e il suo mantello apparteneva all'esercito per cui, secondo alcuni storici, non poteva essere dato tutto al mendicante pena ritorsioni disciplinari. Successivamente, oltre al San Martino, venne introdotto un secondo simbolo araldico della città di Piove: le melagrane che rappresentavano "il logo" della famiglia veneziana dei Battaglia che nel '600 espressero podestà Piovesi, e che si possono veder rappresentate nella torre Carrarese.

Monumenti e luoghi d'interesse
Piove di Sacco vanta numerose bellezze architettoniche, primo su tutti possiamo citare la Torre Carrarese, o torre maggiore, l'ultimo resto delle fortificazioni costruite in epoca carrarese, sopra la quale è stata sovrapposta la cella campanaria del vicino duomo dedicato a San Martino. Molto importante è anche lo stesso duomo, la cui fondazione si fa risalire al secolo X, successivamente ricostruito nel 1090-1100, e poi ancora nel 1403, e fu rifatto in forme neoromaniche e neogotiche su progetto dell'ingegner Francesco Gasparini tra il 1893 e il 1903. Molte opere importanti ornano l'interno del duomo, una di queste è la pala della Madonna del Carmelo di Giambattista Tiepolo, poi troviamo l'altare del Santissimo Sacramento, opera di Jacopo Sansovino datata circa 1554. In sagrestia è collocata un altro quadro di Giambattista Tiepolo San Francesco da Paola. Nella vicina piazza Matteotti si trova il palazzo municipale costruito su progetto di Giuseppe Jappelli nel 1818 al posto del precedente palazzo comunale di origine medievale. Un altro edificio artisticamente interessante è il santuario della Madonna delle Grazie che si trova a circa un chilometro dal centro lungo il fiume Fiumicello.

Torre Carrarese 
Il torrione in mattoni è costruito su un alto zoccolo in pietra. La quasi totale mancanza di fori e di elementi decorativi gli conferiscono un aspetto severo che denuncia la sua originaria funzione difensiva. L'omogeneità delle pareti in cotto è interrotta sul lato verso piazza Incoronata dalla presenza di bassorilievi in pietra: in alto una serie di tre, solo vagamente riconoscibili, che rappresentano San Martino che dona il mantello al povero, lo stemma con il Leone di San Marco (la Serenissima dominò queste terre dal 1405 al 1797) e lo stemma di uno dei Podestà di Piove. La fortificazione di Piove di Sacco ebbe inizio per opera del Vescovo Gauslino, conte di Piove nella seconda metà del X secolo; si trattava di un sistema difensivo che sfruttava la caratteristica ricchezza d'acqua della zona: un doppio vallo, solcato dalle acque del Fiumicello e probabilmente arricchito da torresini. Successivamente Francesco da Carrara rese più profonde le fosse e più alti i terrapieni e fece costruire le quattro torri (due delle quali nel 1359, le altre poco più tardi). Tre erano poste a triangolo a difesa delle porte d'accesso alla città: la Torre Rossi fiancheggiava la porta San Nicolò verso Venezia e la torre Carrarese la porta San Martino verso Padova (situata dove si trova oggi la stazione delle corriere). Di tutto questo complesso difensivo rimane il mastio del Castello, oggi adattato a campanile, appellato Torre Carrarese e considerata dalla cittadinanza un emblema della Comunità.


Santuario Madonna delle Grazie

Vergine col Bambino, di Giovanni Bellini, 1478, Santuario Madonna delle Grazie
Usciti dal tracciato del centro storico, alla fine di un viale alberato che fiancheggia il Fiumicello, si raggiunge il sito in cui sorge il santuario della “Madonna delle Grazie”. La chiesa all'esterno si presenta con due stili molto diversi: la parte absidale, le pareti laterali, come anche il campanile sono in cotto, con arcatelle pensili di gusto ancora medievaleggiante; in marmo e ben più lavorata è la facciata con l'affresco dell'Immacolata aggiunta in tempi più recenti (1861) su progetto dell'architetto Giovanni Battista Tessari che ha modificato la fisionomia della facciata originaria semplice e pulita e fornita di pronao (elemento presente anche nella facciata attuale). Nel luogo dove oggi sorge il Santuario aveva sede, probabilmente da tempi molto antichi, un piccolo monastero di francescani con annesso un oratorio. La costruzione della chiesa attuale e del convento, oggi distrutto, iniziò nel 1484 e nel 1489 non era ancora completata. La tradizione vuole l'origine di questo complesso legata ad un avvenimento miracoloso tramandato dalla tradizione popolare, narrato in alcune opere di storia ecclesiastica cinquecentesche e descritto in un quadro secentesco (1696) conservato all'interno della chiesa stessa. I due fratelli Sanguinazzi, alla morte dei genitori si erano divisi l'eredità trovando accordo su tutto, ma quando dovettero decidere a chi spettasse un'immagine della Vergine col Bambino di singolare bellezza e alla quale erano particolarmente legati giunsero al punto di sfidarsi a duello; proprio mentre si accingevano allo scontro un bambino di un anno che assisteva alla scena in braccio alla madre parlò e disse: “Fermatevi da parte di Dio”. E li esortò affinché portassero l'oggetto della contesa in una cappella poco fuori il Castello di Piove. I fratelli obbedirono e l'immagine sacra fu esposta alla pubblica adorazione. La Vergine fu subito fonte di numerosi miracoli attirando un grande numero di devoti; si decise pertanto di costruire con le offerte dei fedeli, su di un terreno donato dagli stessi fratelli Sanguinazzi, un convento per i frati minori ed una chiesa che venne dedicata alla Madonna delle Grazie. La bella tavola che, come vuole la tradizione, fu all'origine della costruzione del Santuario, è tuttora l'opera più preziosa in esso conservata. La Vergine col Bambino, che si staglia su uno sfondo naturalistico è stata infatti attribuita da autorevoli critici alla mano del pittore veneziano Giovanni Bellini e datata intorno al 1478. Un altro evento prodigioso è collegato a questa Madonna ed è narrato in due tele seicentesche: la liberazione di Piove di Sacco dalla peste del 1631. Poiché l'epidemia dilagava, per porre freno al flagello, il Consiglio della Comunità piovese deliberò - nella prima tela, “Istituzione della festa del Voto”, vediamo i rappresentanti cittadini riuniti in Consiglio - che Podestà, Sindaco, Deputati e tutto il Consiglio dovessero recarsi in processione al Santuario delle Grazie. La seconda tela invece documenta la processione votiva che da allora, come era stato deliberato, si ripete puntualmente ogni anno. La visita si conclude nel chiostro, unico elemento architettonico in parte sopravvissuto alla distruzione del convento, avvenuta sotto la Serenissima nel 1775, dopo che questo era passato nel 1769 sotto la custodia della fraternita della Madonna della Salute.

Chiesetta di San Nicolò
I restauri della chiesa, conclusi nell'ottobre 1993, sono stati l'occasione per studiare la storia e le opere pittoriche che l'edificio custodisce. Dal punto di vista architettonico è interessante il notevole spessore delle mura (50 cm) che sono prive di fondamenta e costruite oltre che con mattoni, con ciottoli e materiali di recupero da cui deriva l'andamento ineguale delle pareti, che si può ben notare sulla parete esterna di sinistra. La scelta un po' singolare dei materiali e la rozzezza della muratura è ben giustificata dalla storia della fondazione della Chiesa di San Nicolò ad opera dei barcaioli e pescatori (San Nicola è il patrono di coloro che vanno per mare) di Piove di Sacco in seguito al passaggio della loro precedente chiesa, l'attuale Santa Maria dei Penitenti, alle dipendenze del Duomo. Secondo quanto riportato da una lapide del 1899 la chiesa era già esistente nel 1165 (Constat Existere ab ano 1165). L'esterno si presenta oggi in pietre faccia a vista, ad esclusione della facciata che è intonacata e rifinita a marmorino, con pilastri e timpano e può essere datata al XVI secolo. L'interno, riportato all'aspetto medievale dai restauri condotti nel corso degli anni Cinquanta - Sessanta, ha pianta a sala terminante in un'abside semicircolare e tetto a capanna. Si tratta di una struttura estremamente lineare decorata da affreschi ed in alcuni tratti addirittura da più strati pittorici sovrapposti, di cui si è conservata soprattutto la parte che decora l'abside e la muratura circostante, mentre per il resto non è rimasto qua e là che qualche lacerto. Il nucleo più consistente degli affreschi nonché la parete di controfacciata risale al XIV secolo e fu realizzata in momenti differenti e ad opera di maestranze diverse, mentre la sensazione di unitarietà è da attribuirsi alla uniformità della cornice. La critica non è ancora unanime nell'attribuzione: sono state identificate tendenze giottesco - riminesi, l'intervento di un seguace di Paolo da Venezi, e la mano del Maestro del coro degli Scrovegni. Recentemente, i quattro Apostoli ancora rimasti e le figure del Cristo Pantocrator nella mandorla e nella Vergine e San Giovanni che completano la decorazione del catino absidale, sono stati attribuiti ad un possibile intervento giovanile del pittore trecentesco di formazione giottesca Guariento di Arpo. Alla stessa mano, ma ad un periodo successivo (1350 - 1360) sarebbe da attribuire la Figura di Santo della controfacciata.

Facciata di Palazzo Jappelli
L'edificio, Sede Municipale, fu costruito tra il 1821 e il 1823 su progetto dell'architetto Giuseppe Jappelli (Venezia 1783 – 1852), al posto del precedente Palazzo Pubblico di origine Carrarese. Originariamente l'edificio municipale ospitava oltre alla Prefettura, alla Cancelleria Censuaria, al Corpo di Guardia, anche ben dieci negozi, alcuni magazzini, e le carceri. Nel catasto austriaco l'immobile viene così descritto: “porzione di casa civile con botteghe; porzione di casa civile al primo piano, al piano superiore uffici della Deputazione Comunale”. Attualmente lo stabile è totalmente occupato dagli uffici comunali. Nell'aiuola di fronte al Municipio è posto un piedistallo porta bandiera in pietra d'Istria sul quale sono ancora leggibili la data, 1591, lo stemma piovese con il San Martino e lo stemma del podestà Pandolfo Malatesta. Il prospetto principale è fortemente cadenzato dai fori delle finestre e dalle arcate al pianterreno. L'elegante atrio è costituito da un salone passante con colonne che riprendono il ritmo di facciata. Salendo lo scalone a destra si raggiunge il piano nobile dove sono gli ambienti di rappresentanza: la Sala della Magnifica Comunità o Sala del Consiglio, la Sala dei Melograni e l'ufficio del Segretario Generale. Nella Sala del Consiglio è possibile ammirare un Crocifisso ligneo trecentesco rinvenuto nella torre civica, un bassorilievo in pietra raffigurante San Martino e il povero (stemma del Comune), alcuni ritratti opera del pittore Giuseppe Mastellaro, altre opere del padovano Leo Borghi, un plastico che rappresenta una ricostruzione, in chiave artistica, della Piove medievale, realizzato dall'artista piovese Mario Salmaso, ed infine alcune tele realizzate in epoca recente.


Alessio Valerio - Sipario del Teatro di Piove di Sacco
Nell'attigua Sala Melograni (sede dell'Ufficio del Sindaco e della Giunta) un'intera parete è occupata dalla grande tela che costituiva il sipario del Teatro Filarmonico dov'è rappresentato l'Ingresso delle truppe italiane in Piove di Sacco; si tratta dell'unica opera di grandi dimensioni realizzata dal pittore Alessio Valerio (Piove di Sacco 1831– Padova 1922). Le pareti sono arricchite da una serie di ritratti, realizzati a matita o pastello su carta, opera di un altro insigne pittore locale ottocentesco, Oreste da Molin (Piove di Sacco 1856 - Padova 1921), al quale appartengono anche alcune tele e disegni situati nell'ufficio del Segretario Generale. In quest'ultimo ambiente meritano anche di essere segnalati i tre quadretti che riproducono le tre torri, oggi distrutte, che costituivano le porte d'accesso alla città medievale. Infine, opere del pittore Giovanni Soranzo sono ospitate nell'ufficio degli Assessori.

Teatro Filarmonico Comunale
L'edificio si affaccia sul lato in cui via Cardano confluisce in via Roma, consiste in una graziosa costruzione, dipinta di rosa e decorata con stucchi e specchiature in marmorino e in pietra tenera. Nel 1861 fu costituita, con il preciso obiettivo di erigere una sala teatrale, una Società denominata appunto Del teatro Filarmonico, che già nel 1862 aveva dato il via ai lavori, probabilmente affidando la progettazione all'ing. Giuliano Facchineti; la facciata invece, almeno per i particolari decorativi, si può ritenere opera di Giovanni Battisti Tessari (primo Maestro della «Scuola Pratica di disegno per artigiani» sorta a Piove di Sacco nel 1852). L'interno del teatro, caldo e raccolto, ha un bel soffitto decorato da Giuseppe Ponga (1892) raffigurante un cielo che accoglie le muse della musica e alcuni putti con cartigli recanti i nomi di noti compositori quali Verdi, Rossini e Puccini. Sopra il boccascena una decorazione a stucchi racchiudeva il ritratto del primo sindaco della Piove italiana, Enrico Breda; l'originale, opera del pittore Oreste da Molin, purtroppo disperso, è stato sostituito da una reinterpretazione in chiave moderna della pittrice Gabrie Pittarello. Un ulteriore elemento decorativo è costituito dalla balaustra del loggione rivestita da un pannello dipinto su supporto cartaceo. La sala teatrale, che si articola in platea e loggia sostenuta da esili ed eleganti colonnine in ghisa decorata, ha un palcoscenico piuttosto spazioso ed è affiancata da una sala di attesa, mentre i camerini per gli artisti, costruiti in un secondo momento, si trovano al piano superiore.

Villa Gradenigo

Facciata di Palazzo Gradenigo
Comunemente indicato come "Palazzo", il complesso di Villa Gradenigo rientra a pieno titolo tra le ville venete. Il complesso monumentale attuale è composto dall'edificio residenziale, dalle barchesse e dall'oratorio, già documentato dal 1675 e dedicato a San Francesco di Sales, ma ricostruito nella forma attuale nel 1788, mentre la barchessa che lo collega al palazzo risale al 1758. Il palazzo residenziale, con i suoi cinque piani, costituisce senza dubbio, a Piove di Sacco, l'edificio di abitazione più imponente tra quelli di rilievo storico-artistico. Il seminterrato occupa solo la metà pianta ed era destinato alle cantine, sul lato verso il giardino troviamo invece il piano terra sede della cucina, dove è ancora conservato il focolare. Con le scalinate esterne si accede al salone passante del piano rialzato. Le pareti ed il soffitto sono interamente affrescati con finte architetture e arditi sfondamenti prospettici. Dai due ampi vani laterali, anch'essi riccamente decorati a monocromo, due scaloni speculari conducono direttamente al piano nobile. Qui si apre spazioso e fastoso il salone delle feste illuminato dalla trifora centrale. Anche questo ambiente è interamente decorato da affreschi seicenteschi, interrotti sui lati minori da loggette riservate all'orchestra. Tra i due piani di rappresentanza si inserisce nelle ali laterali il mezzanino; all'ultimo piano erano collocate le stanze della servitù domestica, infine, questo imponente edificio si conclude con il sottotetto con travi a vista, che costituisce la parte centrale con il timpano in facciata. Nel piano nobile la distribuzione rispetta l'andamento simmetrico tipico del palazzo veneziano e decorazioni a stucco e ad affresco arricchiscono anche le sale laterali. Uno sguardo attento merita indubbiamente la facciata principale, post-palladiana. Sullo zoccolo di base si aprono finestre ovoidali; nella parte centrale dell'edificio la decorazione mette in risalto lo spazio occupato dai saloni passanti: al piano rialzato un massiccio bugnato, al piano nobile la bella trifora di colonne con capitelli ionici, il tutto coronato da un timpano recante lo stemma dei committenti veneziani, la nobile famiglia veneziana dei Gradenigo.

Casone Rosso di Corte: fu abitato fino agli inizi del 1990; nel 1993 subì un incendio. Oggi è visitabile essendo stato ristrutturato ed è una testimonianza preziosa della cultura abitativa rurale della Saccisica, essendo stato ristrutturato nel rispetto delle caratteristiche peculiari della tipologia originaria, sia dal punto di vista tecnico sia dal punto di vista dei materiali. Casone di Via Ramei: abitato fino alla fine degli anni settanta, periodo al quale risale l'acquisto da parte dell'Amministrazione Comunale. La pianta del casone è costituita da: cucina, stalla, officina, camera da letto, una stanza per i lavori al telaio; gli arredi sono originali e costituiscono la memoria della vita rurale di un tempo. L'edificio ristrutturato è sede del Museo della cultura contadina.

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