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Padova da Vivere

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A cura di PadovaOggi

Il padovano Ippolito Nievo: una vita spesa in nome del Popolo Sovrano

Andando a scorrere la biografia di Ippolito Nievo, uno dei più grandi letterati del risorgimento italiano, si leggono come prima informazione i luoghi e le date di nascita e morte: Padova, 30 novembre 1831 – Mar Tirreno, 4 marzo 1861. Strano luogo per morire, il mare. Strano perchè il mare quando uccide non restituisce mai il corpo. Così le sue vittime restano in una sorta di limbo, sospesi fra il mondo dei vivi e quello dei morti, come se fossero stati strappati a questo mondo solo a metà; è come se il mistero della loro morte si fondesse col mistero di una ipotetica vita oltre quell'incidente, che potrebbe essersi svolta in un'isola lontana, anonima, magari sotto un altro nome, continuando un'avventura che per tutti è finita tranne che per il suo protagonista.

Strane anche le date. Ippolito Nievo, nato in autunno, morto in primavera. Nient'altro che i nomi delle stagioni da aggiungere al calendario per determinare il periodo dell'anno, certo, ma nel caso di Nievo sono qualcosa di più: Nievo nacque durante l'autunno di un'epoca, e morì durante la primavera di un'altra, e lui per primo fu fra i fiocchi di neve che gelarono quell'autunno e fra i raggi di sole che riscaldarono quella primavera.

Nella migliore tradizione delle vite da romanzo ottocentesco, Ippolito Nievo nacque in un'atmosfera decadente e bellissima, nello splendido palazzo Mocenigo Querini, uno dei più antichi e belli edifici nobiliari di Padova, All'ombra delle cupole del Santo, però, ci rimase poco: seguendo la famiglia, infatti, passò l'infanzia fra Tricesimo e San Daniele, ricevendo poi la prima istruzione presso il seminario di Sant'Anastasia a Verona. A 15 anni, poco prima di seguire la famiglia a Mantova, Nievo ha già composto il suo primo volumetto poetico, i "Poetici componimenti fatti l'anno 1846­1847", in stile neoclassico, poi tutto viene stravolto. Poi scoppia il '48.

Il 1848 è stato davvero un anno intenso per l'Europa, senza uguali nella sua storia: da Parigi a Vienna, da Napoli a Padova, borghesi e proletari uniti scendevano in piazza in un moto sinceramente spontaneista e trasversale che non aveva precedenti al mondo, imbracciavano i fucili per difendere un ideale da decenni chiuso sotto chiave dalla restaurazione, la libertà. Apici di coraggio, eroismo, sacrificio e intelligenza sembrano spuntare come funghi dal sottobosco di un Vecchio Continente troppo a lungo tenuto in catene; episodi come l'eroica resistenza della Repubblica Romana, dalla quale in pochi mesi scaturì una Costituzione che è tutt'ora riferimento per i giuristi di tutto il mondo, sancendo, prima al mondo, l'abolizione della pena di morte e il suffragio universale (anche femminile), sacrifici eroici come quello della Repubblica Veneziana di San Marco, presieduta da Daniele Manin, che per un anno e mezzo resistette all'assedio delle truppe asburgiche, cedendo non alle cannonate ma al colera e alla fame. Quegli episodi, gli scritti democratici di Mazzini e Cattaneo, furono come un detonatore nella mente del giovane Ippolito Nievo.

Troppo giovane per partecipare ai moti di Mantova, Ippolito riparò assieme alla famiglia dapprima a Cremona, quindi a Firenze e Pisa. Proprio in toscana, il morbo della rivoluzione entrò nelle vene di Nievo quando partecipò all'insurrezione di Livorno. Soppressa nel sangue la rivoluzione europea, la famiglia Nievo tornò a Mantova, e Ippolito, dopo il diploma, ebbe modo di iscriversi dapprima alla facoltà di Legge di Pavia, quindi, nonappena le autorità austriache concessero la riapertura dell'università di Padova, all'Ateneo della sua città natale.

Ma i tempi sembravano tornati oscuri e chiusi come prima del '48, la restaurazione imperversava, e Nievo, deluso dalla situazione politica italiana, si chiuse in un ostinato isolamento a Colloredo di Montalbano. Qui trovò le energie per vergare le pagine dell'opera che lo consegnò alla storia della letteratura, "Le confessioni di un italiano", ironico e caustico resoconto romanzato di 50 anni di desiderio di libertà, dall'esperienza napoleonica al 48.

Ma non bastavano le carte a placare la sete rivoluzionaria di Ippolito Nievo, non l'attività giornalistica, che gli causò a milano una causa per vilipendio durante la quale si patrocinò da solo con arguzia e sarcasmo: era giunto il tempo dell'azione. Nessuno, in quel momento storico, rappresentava meglio i suoi desideri democratici e repubblicani, libertari e autonomi di Giuseppe Garibaldi. Fu così che Ippolito Nievo vestì la camicia rossa.

Fu fra i Cacciatori delle Alpi, unica unità militare italiana a riportare importanti vittorie durante la Seconda Guerra di Indipendenza nel 1859. L'anno successivo, Nievo si imbarcò a Quarto sul brigantino Lombardo; destinazione Sicilia. A fianco della matricola 690, nel registro della Spedizione dei Mille, campeggiava il nome di Ippolito Nievo.

Lo scrittore padovano si distinse con coraggio durante la battaglia di Calatafimi, e venne promosso al rango di Colonnello; fu vice intendente nell'illuminato governo provvisorio garibaldino in Sicilia. Di lì a un anno, però, scalzate le truppe garibaldine e sostituite con quelle sabaude, il Sud sarebbe stato violentato e depredato, trasformato da perla del Mediterraneo a provincia di un nascente regno, i sogni di chi aveva dato il sangue per congiungere il Sud al Nord in quel progetto meraviglioso che chiamavano Italia calpestati dall'interesse e dall'imperialismo. Ma Nievo non ebbe tempo di vedere quello scempio: affogò nelle acque del Tirreno dopo il naufragio del vapore Ercole, mentre riportava documenti amministrativi dalla Palermo verso Napoli. Nievo aveva allora appena 30 anni.

Malgrado la sua precoce scomparsa, però, la straordinaria mente di Ippolito Nievo ebbe comunque modo di consegnare alla storia scritti che, una volta entrati in biblioteche e antologie, non ne sarebbero più uscite. Opere come il "Novelliere campagnuolo e altri racconti", il "Ciclo del contadino Carlone", le Lettere Garibaldine, scritti politici, saggi filosofici, raccolte giornalistiche, una nutritissima raccolta di scritti che restituiscono un'immagine precisa e fuori dagli schemi di una delle epoche più turbolente e idealistiche della storia europea.

Pensando al nome Ippolito Nievo, la nostra mente vola agli anni del liceo, agli sbuffi e alla fatica di barbose letture su di un mondo andato, sepolto dalla storia, letture che si compiono solo allo scopo di passare un'interrogazione o un esame. Eppure, leggendo quelle righe con il giusto tipo di occhi, si potà leggere fra le sue lettere il ritratto di un giovane, un ragazzo come ce ne sono tanti anche oggi, forse ingenuo, ma infiammato da un ideale di giustizia e di unità, scandalizzato dallo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, disposto a dare tutto sé stesso nella lotta contro la prevaricazione e l'ingiustizia. Vi si potrà intuire una vita spesa ad osservare quel che non va nel mondo e a cercare di correggerlo, dedicata agli oppressi e all'autodeterminazione dei popoli, una vita contro il potere dei pochi sui molti. Una vita spesa in nome dei Popolo Sovrano.

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