Paolo Camerini, il politico che volle la ferrovia e il ponte tra Piazzola e Campo San Martino
Paolo Camerini (Padova, 29 luglio 1868 – Piazzola sul Brenta, 18 novembre 1937) è stato un politico italiano.
Paolo era figlio di Luigi Camerini e Fanny Fava. Suo padre Luigi era il nipote dell'analfabeta e milionario Silvestro Camerini (morto quasi novantenne a Padova nel 1866) dopo aver acquistato, tra le moltissime proprietà, nel 1852 dai nobili Carrer-Giovanelli, eredi dei Contarini, anche la villa di Piazzola sul Brenta. Paolo fu orfano di padre a 16 anni, a 21 ereditò il titolo di conte e la vasta fortuna dei Camerini, consistente in 100.000 ettari di terreni, distribuiti tra il Polesine e Bassano del Grappa. Si laureò in legge nel 1891, con una tesi intitolata I doveri del ricco proprietario di fronte alla ricchezza nazionale e ai lavoratori del suolo. A Piazzola sul Brenta, attorno a villa Contarini (la quale fu oggetto di ampie opere di miglioramento e di lavori conclusi nel 1926, con la "sala delle conchiglie") creò il polo industriale più vasto della provincia di Padova, con stabilimenti tessili, fornaci, fabbriche di concimi, centrali elettriche. Vengono anche ampliate le redditizie cave di ghiaia sul Brenta.
Nel 1902 fu creato cavaliere del lavoro e nel 1903 fu eletto deputato per il collegio di Monselice-Este. Camerini era un liberale, sostenitore dell'istruzione primaria gratuita, del suffragio universale e dell'imposta progressiva. Fu rieletto ininterrottamente fino al 1913. Interventista già all'epoca della guerra di Libia, sostenne la partecipazione italiana alla prima guerra mondiale. La crisi post-bellica portò alla vendita di buona parte dei terreni di proprietà della famiglia e a ristrutturazioni o alienazioni di diverse attività. Fu comunque ampliata fino a Carmignano la ferrovia da lui voluta e già inaugurata nel 1911 nel tratto Padova-Piazzola. Viene anche costruito su sua iniziativa il ponte sul Brenta tra Piazzola e Campo San Martino. Camerini arrivato alla cinquantina si dedicò maggiormente all'arte e agli studi. Pur non prendendo parte al nuovo regime fascista, viene nominato duca nel 1925. Abbandonò quindi gli affari a seguito della crisi del 1929, che sgretolò definitivamente il patrimonio della famiglia.