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Padova da Vivere

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A cura di PadovaOggi

Vittoria Aganoor, la poetessa romantica della Belle Epoque

Vittoria Aganoor Pompilj nacque a Padova il 26 maggio 1855. Figlia di Edoardo Aganoor, conte di origini armene, e di Giuseppina Pacini, trascorse l'infanzia nella città del Santo spostandosi presto a Venezia con la sua famiglia.

Nonostante il trasferimento della sua famiglia a Venezia, Vittoria continuò a tornare a Padova e a vivere per lunghi periodi nella casa dei nonni per studiare con il suo maestro Giacomo Zanella che, nel 1876, le fece pubblicare un saggio poetico che conteneva anche alcune liriche della sorella Elena Aganoor.

Era particolarmente legata al padre, la cui morte mentre Vittoria era ancora giovane le lasciò per sempre un vuoto incolmabile. Dopo questo lutto, Vittoria si trasferì nuovamente a Venezia, nel 1890 circa. Mantenne per lunghi anni rapporti epistolari con i padri mechitaristi dell'Isola di San Lazzaro (o Isola degli Armeni, a Venezia) con cui suo padre, profondamente religioso, aveva stretto relazioni di amicizia.

Estremamente garbata e piacevole all'esterno, nascose sempre il suo carattere tormentato e depressivo, che trovava sfogo, invece, in alcune sue liriche in cui si parla di incomunicabilità, desiderio di morte e di potenza, desiderio di libertà dalle regole e costrizioni del vivere civile. Si occupò per lunghi anni della madre, cui era legata da un forte legame affettivo, e solo dopo la sua morte, nel 1899, cominciò a pensare ad un proprio percorso di vita autonomo.

Precocissima nello scrivere, la sua natura perfezionista e ambiziosa la indusse a mostrare le sue poesie solo nella cerchia di conoscenti e amici, sollecitando il parere di insigni letterati dell'epoca, con i quali manteneva corrispondenza. Di tanto in tanto sue liriche erano pubblicate su riviste letterarie, riscuotendo ammirazione e dandole una fama di poetessa aristocratica e riservata cui Vittoria teneva molto. Pubblicò soltanto a quarantacinque anni il suo primo libro, Leggenda eterna (1900), su sollecitazione dei suoi amici.

Considerata da Benedetto Croce una scrittrice spontanea e fresca (La letteratura della nuova Italia), fu per lunghi anni reputata tale dalla critica letteraria, fino agli anni '70, quando la sua opera venne rivalutata anche alla luce di un'edizione parziale delle sue lettere: Vittoria aveva sempre rifiutato l'immagine di poetessa immediata e spontanea e dichiarava di scrivere "di testa" e non con il cuore.

Il 28 novembre 1901 sposò a Napoli il nobile deputato Guido Pompilj, cui la univa un fortissimo legame di affetto, nato anche dalla sua ammirazione per questo brillante uomo politico. Con lui si trasferì a Perugia. Del 1908 le Nuove liriche: pacate, descrittive, chiare e armoniose come le prime, ma senza la "tensione" di quelle, la "teatralità" dolorosa che le aveva contraddistinte nel loro esprimere incomunicabilità e rivolta.

Ricoverata in clinica a Roma, per sottoporsi ad un'operazione legata probabilmente all'insorgenza di un cancro, morì improvvisamente nella notte tra il 7 e l'8 maggio, lasciando nello sconcerto tutti i suoi cari. Il dolore provocato dalla sua scomparsa portò il marito a togliersi la vita quel giorno stesso.

Tuttora restano inedite molte delle lettere di Vittoria, e nel convegno tenutosi a Padova per i 150 dalla sua nascita è stata manifestata la preoccupazione per l'attuale mancanza di un archivio che preservi i suoi scritti: alcuni potrebbero risultare già irrecuperabili, in particolare parte delle lettere e delle bozze di elaborazione delle sue liriche.

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