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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Adl Cobas: «I manager di Grafica Veneta patteggiano? Ammissione di colpevolezza, altro che estranei ai fatti»

«Grafica Veneta vorrebbe ricostruirsi la faccia, o lavarsi la coscienza, non assumendo i lavoratori gravemente sfruttati all’interno del proprio stabilimento, ma elargendo 200.000 € ad una non meglio precisata “comunità pakistana”. Proposta ridicola»

«Qualora vengano confermate le notizie apparsedalle quali emerge che l’Avv. Pinelli avrebbe scelto come linea di difesa quella di procedere per i suoi assistiti con l’istituto del “patteggiamento” ciò significa che Bertan e Pinton riconoscerebbero le loro responsabilità in base ai fatti contestati, solo per avere uno sconto sulla pena e per mantenere il casellario giudiziario pulito». Non usano mezzi termini da Adl Cobas. La richiesta di patteggiamento per loro, ma probabilmente non solo, ha il sapore di una ammissione di colpevolezza. E' la nuova strategia dei due difensori, dell'avvocato Fabio Pinelli e del collega Alberto Berardi. Non sono piaciute le parole a mezzo stampa, non tutta in realtà, dei nuovi legali dei due manager. Se la richiesta di patteggiamento è stata valutata davvero negativamente, peggio l'idea che ha proposta l'avvocato Fabio Pinelli proprio attraverso alcuni giornali. Ma andiamo per ordine. 

Reati

I reati quelli dei quali sono accusati i due manager, Giorgio Bertan e Giampaolo Pinton, rispettivamente amministratore delegato e direttore dell'area tecnica di Grafica Veneta, per i quali dopo i domiciliari è stato però l'obbligo di dimora nei comuni di residenza, prevederebbero in caso di colpevolezza da uno a sei anni di reclusione. Si va dall'accusa di aver costretto i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno. Se i fatti poi sono commessi mediante violenza o minaccia, si applica la pena della reclusione da cinque a otto anni e la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato. Inoltre si parla di reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato;si parla di reiterata violazione della normativa relativa all'orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all'aspettativa obbligatoria, alle ferie; la sussistenza di violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro; la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti. Infine ci sono una serie di aggravanti che necessiterebbero di un altro elenco. 

Prove

«Ora, se questo è il reato contestato, con le varie aggravanti, vista la gravità delle accuse - spiegano da Fiom -  è chiaro che la scelta della difesa, evidentemente, parte dal presupposto che le prove sono schiaccianti e che non rimane altra strada che ammettere la colpa, allo scopo di usufruire degli sconti sulla pena previsti per l’applicazione del patteggiamento e di garantire di conseguenza la libertà a Pinton e Bertan. Tutto ciò ci porta a dire che quello che abbiamo sempre sostenuto dall’inizio della vicenda e cioè, che l’azienda era perfettamente al corrente di quello che succedeva all’interno di Grafica Veneta, risulta vero e certificato dall’ammissione». I due avvocati hanno fatto sapere attraverso alcuni media, che hanno pure pensato a una proposta per chiudere la questione». 

Risarcimento?

Tra le anticipazioni dell'avvocato Pinelli, fatte attraverso alcuni media selezionatissimi, anche l'idea di risarcire la comunità pakistana con 200mila euro. Una iniziativa che non piace proprio: «Grafica Veneta vorrebbe ricostruirsi la faccia, o lavarsi la coscienza, non assumendo i lavoratori gravemente sfruttati all’interno del proprio stabilimento, ma elargendo 200.000 € ad una non meglio precisata “comunità pakistana”. Non si rendono conto neppure che non sono coinvolti solo pakistani. E’ sicuramente grave di per sé il solo fatto di avere pensato una cosa del genere, l’averla pubblicizzata è ancora più grave, in quanto si cerca di scansare ancora una volta il vero nocciolo del problema che è e rimane quello di sedersi al tavolo della Prefettura, verificare chi effettivamente lavorava in Grafica Veneta ed in base a riscontri oggettivi, che ci sono, procedere alle assunzioni di tutti quei lavoratori che avevano il badge per entrare in Grafica Veneta o che utilizzavano quello di qualcun altro, procedere alla regolarizzazione di chi lavorava in nero, collaborare alla soluzione dei problemi di sistemazione abitativa e aprire il confronto sulle differenze retributive dovute per la corresponsione irregolare delle retribuzioni». Infine dai sindacalisti un'ultima stoccata:  «Ci auguriamo che Grafica Veneta, oltre che pensare a mettere in salvo i propri dirigenti, pensi anche cambiare completamente atteggiamento nei confronti dei lavoratori, tutt’ora espulsi dal ciclo produttivo e senza salario, e ricercare una soluzione dignitosa che faccia finalmente capire che c’è la volontà di dimostrare che i diritti non spettano solo ai propri dipendenti, ma anche a chi ha sempre contribuito all’ottimo andamento dell’attività produttiva di Grafica Veneta, pur essendo dipendenti di un’altra società». Per i due manager, che mai sono stati licenziati dall'azienda, si prospetta la ricollocazione, magari in qualche sede di Grafica Veneta all'estero. 

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