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Cronaca Piove di Sacco

Assalti bancomat e casse continue in tutto il Triveneto: cinque arresti

Sono tutti italiani: uno di origine friulana, uno della provincia di Ferrara, gli altri di San Michele al Tagliamento, nel Veneziano, e di Piove di Sacco. L'indagine dopo tre colpi a Trieste tra settembre e dicembre

Partivano dalla Bassa padovana per assaltare bancomat e casse continue con gas ed esplosivo in tutto il Triveneto. Si è conclusa lunedì mattina un'importante attività investigativa condotta dai carabinieri della compagnia di Piove di Sacco - in collaborazione con i carabinieri del Nucleo investigativo e gli agenti della squadra Mobile di Trieste, della Questura di Belluno e dei carabinieri di Belluno e Feltre - che ha consentito di smantellare una banda di 5 pregiudicati, tutti italiani accusati di tentato furto aggravato, ricettazione e porto di materiale esplosivo.

GLI ARRESTATI. In manette sono finiti Ivan T., 54enne di San Michele al Tagliamento, nel Veneziano, già arrestato in passato nell'ambito di un'operazione che ha coinvolto la nuova Mala del Brenta, il suo compaesano Giovanni G., 44 anni, anche lui in passato in contatto con la Mala, Damiano D., 25enne di Campolongo Maggiore che frequentava però assiduamente i locali del Piovese, Federico R, 40enne di Arzergrande, nel Padovano, la cui individuazione ha impresso la svolta decisiva alle indagini e Roberto A., 55enne di Migliaro, nel Ferrarese, che fungeva da tecnico della banda preparando gli esplosivi e gli inneschi per gli assalti. Tutti e cinque sono stati rinchiusi nelle carceri di Belluno, Padova a Trieste, a disposizione delle procure della Repubblica di Trieste e Belluno.

LA TECNICA DELLA "BIFFA". Coordinata dai pm di Trieste Federico Frezza e di Belluno Antonio Bianco, l'indagine è stata avviata dopo tre azioni a bancomat di Trieste nei mesi di settembre, ottobre e dicembre e ha consentito agli investigatori di ricostruire nel tempo, passo dopo passo, metologie, tecniche, orari e obiettivi preferiti dai malviventi che per colpire prediligevano le notti fra la domenica e il lunedì, quando ci sono più soldi nei bancomat. Per sapere se le casse continue erano piene o se invece le guardie giurate avevano già prelevato il denaro, usavano una tecnica di "vecchia scuola", quella della "biffa". In sostanza posizionavano un pezzo di carta oppure un cotton fioc o uno stuzzicadenti intorno alla chiusura della cassa, al momento di colpire poi, osservavano se l'oggetto era rimasto al suo posto o meno e così riuscivano a stabilire se fosse già passato il portavalori.

LA CATTURA. Le manette per la banda sono scattate a Feltre, nel Bellunese, in flagranza di reato, nel corso della notte tra domenica e lunedì. Erano le 3 quando il gruppo è entrato in azione al supermercato Famila di via Belluno sfondando la saracinesca con un'auto rubata a un pensionato del luogo. I ladri, tutti travisati da passamontagna, hanno iniziato ad armeggiare alla cassa continua collocandovi un pericoloso panetto di materiale esplosivo di tipo "plastico" da 200 grammi collegato a un innesco. Ma nel frattempo i carabinieri di Piove di Sacco e i colleghi di Trieste erano riusciti a localizzare l'obiettivo scelto dal sodalizio criminale ed è scattato il blitz sul posto. Braccati, i cinque si sono dati alla fuga, i primi quattro sono stati bloccati e arrestati quasi subito nelle vie circostanti mentre il 55enne di Migliaro è riuscito a dileguarsi nel buio. I militari hanno individuato la sua auto nel centro di Codevigo, nel Padovano, e si sono appostati ad attenderlo fino a quando, alle 7 del mattino, lo hanno visto scendere da un'Opel Corsa con i vestiti completamente bagnati e sporchi di fango, diretto alla sua auto, un'Opel Meriva. Bloccato e ammanettato, anche per lui è scattato l'arresto.

INDAGINI IN CORSO SU ALTRI COLPI. I carabinieri stanno ora lavorando per verificare l'attribuzione di altri colpi alla banda considerati vari casi irrisolti avvenuti nell'ultimo periodo in Friuli Venezia Giulia - in particolare nelle province di Udine e Pordenone, in Veneto e in Emilia Romagna - apparentemente con la stessa tecnica. Il materiale ritrovato nel corso delle perquisizioni seguite agli arresti - cavi elettrici, inneschi e materiale esplosivo - inducono a escludere che il caso di Feltre sia stato isolato.

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