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Cronaca Veggiano / Via Pedagni

Assalto al portavalori dell'Iperlando 2 anni dopo, arrestati altri 2 autori

Il colpo il 21 aprile 2012 al supermercato di via Pedagni. Un vigilantes era rimasto ferito alla gamba da uno sparo. Lo scorso febbraio erano già finiti in manette due italiani, stessa sorte ora per altri due complici

Dopo i primi due arresti dello scorso febbraio, i carabinieri del nucleo investigativo di Padova hanno fermato, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, altri due italiani pluripregiudicati, ritenuti responsabili a vario titolo di aver fatto parte del commando che, due anni fa, la sera del 21 aprile 2012, assalì, per rapinarlo, un portavalori della Civis che stava ritirando l’incasso del supermercato Iperlando di Veggiano. Si tratta di due veneziani: Moreno M., 56enne di Dolo, e Simone R., 39enne di Fossò che gestisce un'attività a conduzione familiare di ricambi d'auto, accusati di tentato omicidio, rapina aggravata, detenzione di armi da guerra e sequestro di persona. Del commando, all'appello, secondo gli inquirenti che però sono fiduciosi sulla sua cattura entro breve, manca soltanto un componente.

VIDEO: Le immagini subito dopo l'assalto

COLPO DA 110MILA EURO. Durante l'assalto, uno dei tre vigilantes presenti era rimasto ferito da un colpo di pistola ad una gamba. Secondo quanto era stato appurato, sembra che i banditi si fossero nascosti in un locale in disuso vicino al supermercato e che avessero aspettato che il furgone portavalori arrivasse sul retro dello stabile. I rapinatori, in 5, travisati in volto da passamontagna, vestiti con tute mimetiche e armati di pistole e mitra kalashnikov, erano usciti allo scoperto aggredendo alle spalle le guardie giurate, immobilizzandone una e portandole via la pistola che aveva nella fondina. In questo concitato frangente era partito il colpo di pistola. I banditi si sarebbero impossessati di un solo sacco pieno di soldi - per un bottino complessivo di 110mila euro - per poi risalire su due auto fuggendo in direzione di Vicenza. Sull'asfalto i carabinieri avevano contato 5 bossoli, 3 di kalashnikov, uno della pistola della guardia giurata e uno di un'altra pistola.

Assalto portavalori Iperlando

I PRIMI ARRESTI DI FEBBRAIO. Risale a sette mesi fa l'arresto dei primi due componenti del commando, gli stessi di Fiesso d'Artico che lo scorso novembre erano stati scoperti a bordo di un'auto rubata con all'interno, e poi in casa, a seguito di perquisizione, un arsenale di armi. Si trattava di Cristian B., 43 anni, ex dirigente di una nota ditta di spedizioni e incensurato fino agli eventi accaduti a Fiesso, e Massimo N., 59enne pluripregiudicato con una passato nella Mala del Brenta.

LE INDAGINI. Fin da subito le indagini dei carabinieri si erano rivelate difficoltose proprio per le modalità operative del commando che per assaltare il portavalori usò una tecnica paramilitare, ordinata e fulminea, non lasciando così molti indizi sul campo. Proprio da queste poche tracce partono gli investigatori: i filmati delle telecamere di sorveglianza, i bossoli di uno dei fucili automatici e piccoli particolari catalogati al momento che solo nel tempo hanno trovato una loro collocazione nella ricostruzione dei fatti. Vengono mobilitati tutti gli organi operativi del Veneto e un primo riscontro importante avviene proprio in occasione del blitz del 18 novembre: dagli esami balistici eseguiti dal Ris di Parma si appura che una delle armi sequestrate è l'Ak-47 che sparò tre colpi a Veggiano e che una delle pistole recuperate - con matricola abrasa - era in uso, sempre la stessa sera, ad una delle guardie giurate a cui era stata sottratta nel corso della rapina. Non è sfuggito poi agli investigatori padovani che, insieme alle armi, era stata sequestrata anche una mototroncatrice circolare, identica a quella descritta dalla guardia giurata che fu sequestrata dai rapinatori per coprirsi la fuga. Il malcapitato, all'epoca, fu chiuso nel bagagliaio della macchina con cui i rapinatori stavano fuggendo e si trovò faccia a faccia con il portentoso attrezzo da scasso.

VIDEO: L'operazione dei carabinieri, ne manca ancora uno all'appello

IL COLLEGAMENTO FRA I COMPLICI. Le indagini avevano portato infine ad appurare che la collaborazione fra i due complici arrestati a febbraio non era stata occasionale. Diversi testimoni avevano riconosciuto il 59enne quale avventore di un bar di Padova dove, la mattina presto, sono solite incontrarsi le guardie giurate prima di intraprendere servizio. Ad aggravare la posizione dei due anche il ritrovamento di alcuni scontrini fiscali di un bar a poca distanza dalla sede della Civis. Le indagini sono proseguite fino ad oggi, per individuare gli altri due componenti del commando.

IL DNA. All’interno del garage in cui a novembre erano state sequestrate le armi, altre piccole tracce, soprattutto profili di dna, non sono sfuggiti all’attenta analisi degli uomini del Ris di Parma. Attribuire un nome ai proprietari di ogni singolo profilo è stato un lavoro lungo e certosino. Il personale del nucleo investigativo di Padova, dopo aver ricostruito una serie di relazioni tra vari pluripregiudicati dediti a questo tipo di crimine, ha iniziato un'attività di analisi e monitoraggio dei loro spostamenti e frequentazioni, fino ad arrivare all’identificazione degli ultimi arrestati, successivamente confermato dal riscontro del dna. La libertà del quinto componente della banda avrebbe le ore contate.

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