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Cronaca

Basilica Sant'Antonio, è il giorno dei migranti: "Ci aiutano a divenire sempre più ospitali"

Alla celebrazione presieduta da don Leopoldo Voltan erano presenti migliaia di pellegrini e diverse comunità migranti: polacchi, croati, romeni greco-cattolici, armeni, ucraini, ispano-americani, asiatici, srilankesi, filippini, indiani, africani anglofoni e francofoni

Affollatissimo come di consueto il pellegrinaggio delle comunità dei migranti svoltosi domenica in Basilica del Santo a Padova.

La celebrazione è stata presieduta da don Leopoldo Voltan, vicario episcopale per la pastorale, affiancato da don Elia Ferro, delegato diocesano per la pastorale dei migranti e da circa altri 12 concelebranti. Circa centomila i migranti presenti in diocesi, dei quali oltre mille i richiedenti asilo. Padova città accogliente anche nel nome di Sant’Antonio, anch’egli migrante, in un anno speciale nel quale accoglienza e misericordia si fondono insieme. Tra le comunità di migranti presenti: polacchi, croati, romeni greco-cattolici, armeni, ucraini, ispano-americani, asiatici, srilankesi, filippini, indiani, africani anglofoni e francofoni.

COMUNITA' OSPITALI. "Rappresento la diocesi di Padova accanto a queste comunità generose, ricche di fede e di umanità – ha dichiarato don Leopoldo Voltan appena prima della celebrazione -. Credo che queste siano presenze che rinnovano il nostro modo di intendere e di vivere nel territorio e ci aprono a culture diverse, a modi più creativi e originali di vivere il Vangelo oggi. Con la loro presenza ci aiutano a divenire sempre più comunità ospitali nelle nostre chiese e nelle nostre parrocchie: questo il messaggio che ci arriva forte. I migranti ci aprono al mondo che è infinitamente più grande dei nostri pensieri, delle nostre idee, delle nostre culture".

PADOVA CITTA' CHE ACCOGLIE. "Oggi c’è molta attenzione verso i nuovi arrivati – ha affermato don Elia Ferro Delegato diocesano per la pastorale dei migranti -–. C’è grande movimento di popoli, a causa della crisi, per il ricongiungimento famigliare, per cercare lavoro. Tanti fattori che creano appunto grande movimento. Credo che sia nostro dovere  guardare con attenzione ai nuovi arrivati così come a coloro che già vivono e lavorano tra noi. Sant’Antonio era anch’egli migrante. Noi tutti siamo migranti; tutti i cristiani sono pellegrini e nessuno di noi ha dimora stabile su questa terra: è importante quindi arrendersi all’evidenza che tutti noi siamo in qualche modo ‘in cammino’. Padova è una città che accoglie: la gente è buona e sensibile e nonostante le apparenze. La misericordia è avere il cuore dalla parte dei miseri, di chi è in difficoltà e noi ci siamo dentro pienamente: la misericordia è una strada da percorrere, un ‘verbo’ da coniugare, un orizzonte sempre nuovo da contemplare".

PELLEGRINI. Prosegue l’afflusso dei devoti sia alla tomba che alla cappella del tesoro: nella giornata di ieri, sabato 5 giugno, sono stati ben 3.963 i passaggi dinanzi alle reliquie mentre stamani alle ore 12.00 sono stati conteggiati 1.389 pellegrini alla cappella del tesoro, provenienti da città e regioni italiane, dai paesi europei e dalle nazioni di tutto il mondo: Usa, Brasile, Messico, Australia. Solo dinanzi alle Reliquie dall’inizio della Tredicina alla mattinata di oggi, domenica 5 giugno, sono transitati 24.715 pellegrini, senza contare coloro che si sono recati solo alla tomba del Santo o che hanno seguito le celebrazioni, di giorno in giorno sempre più partecipate. Sono una ventina infatti i frati impegnati quotidianamente nella Penitenzieria che apre al mattino alle 6.30 sino alle 12 e poi dalle 13.30 alle 19.30. Ma con l’avvicinarsi della Solennità del Santo, altri confratelli si aggiungeranno per rendere possibile il sacramento della Riconciliazione a tutti i pellegrini in arrivo. 

RELIQUIE. Donato, in occasione della celebrazione, presieduta da padre Enzo Poiana  alle ore 11 in memoria dei martiri polacchi Michele Tomaszek e Zbigniew Strzałkowski, dei frati Minori Conventuali, uccisi il 9 agosto del 1991 a Pariacoto (Perù), un reliquiario contenente un frammento osseo di ciascun martire. Il reliquiario dei due giovani francescani, beatificati il 5 dicembre 2015, presenta una Croce a forma di Tau, bordata da una trama di gocce rosse, ricamo peruviano che allude al sacrificio dei due sacerdoti, e poggia sulla roccia, tipica del paesaggio andino, percorsa in basso dal cingolo francescano con i suoi tre nodi, simboli del voto di obbedienza-povertà-castità, che nell'ascendere si trasforma in due palme emblemi del martirio.

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