#blockupy Benetton, boicottaggio dopo il crollo in Bangladesh
Attivisti dei centri sociali hanno manifestato oggi davanti al negozio della multinazionale di abbigliamento in via Emanuele Filiberto in segno di protesta dopo l'incidente costato la vita a oltre 900 persone in una ditta manifatturiera che avrebbe lavorato in subappalto per un fornitore del marchio
Dopo che il gruppo Benetton ha ammesso che la ditta manifatturiera coinvolta nel crollo in Bangladesh dei giorni scorsi, costato la vita a oltre 900 persone, avrebbe lavorato in subappalto per un fornitore del marchio, non si sono fatte attendere le reazioni dei centri sociali.
LA PROTESTA. Gli attivisti del Pedro oggi hanno protestato davanti alla sede padovana del negozio di abbigliamento in via Emanuele Filiberto con un lungo striscione dalla scritta "Blockupy Benetton, United Colors Agains Benetton". Incappucciati con variopinti passamontagna, hanno affisso alle vetrine fotogrammi della strage di Dacca. Per circa un'ora il negozio è rimasto bloccato. Obiettivo della plateale azione, cordinata tra gli store Benetton del Veneto, invitare al boicottaggio dell'azienda trevigiana, ritenuta dagli attivisti "complice" delle condizioni di insicurezza e sfruttamento in cui sono costretti a vivere quotidianamente i lavoratori.
L'IMPEGNO DI BENETTON. Il gruppo Benetton, ricordando che è di pochi giorni fa la sottoscrizione del Fire and Building Safety Accord, fa sapere che si è fatto inoltre promotore di una nuova iniziativa a diretto sostegno dei sopravvissuti e delle famiglie delle vittime del crollo del Rana Plaza Building a Dacca, in Bangladesh. "Al fine di garantire un intervento immediato ed efficace - spiegano dall'azienda in una nota - mercoledì 22 maggio il Gruppo ha siglato una partnership con Brac, recentemente riconosciuta come la prima ong al mondo, e tra le organizzazioni che hanno saputo fornire, nella maniera più tempestiva, immediata assistenza alle vittime della tragedia".
