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Cronaca

Medicina Legale: Rinvio a giudizio per il professor Montisci. E riapre il fascicolo sul furto dei 54 kg di droga

E' accusato di falso ideologico e abuso d’ufficio. Si riapre anche il caso del furto di 55 Kg di stupefacenti avvenuto nel 2004. Chiedono la riapertura delle indagini la famiglia di Luciano Tedeschi, primo dirigente chimico di Tossicologia che si tolse la vita a seguito del fatto

Rinvio a giudizio per il professor Massimo Montisci, direttore di Medicina Legale. Sono quattro le richieste di rinvio a giudizio e riguardano i test che sarebbero stati manipolati. L’istituo di Medicina Legale è nell’occhio del ciclone da parecchio tempo e il rinvio a giudizio non è certo una sorpresa.

Il professor Montisci

Per questo quando ci si è accorti che per un un mero errore materiale l’Università di Padova rischiava di mandare in sua rappresentanza, il professor Montisci era stato inserito nella lista delle figure invitate a Lecce per l’inaugurazione dell’anno accademico alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si è immediatamente intervenuti per correggerlo. Un errore stoppato dallo stesso Rettore, Rosario Rizzuto che, come noto, a fine dicembre ha avuto un grave incidente sulle piste da sci. Nove costole e la clavicola rotte, ha passato più giorni in ospedale ed è anche stato operato. Quando, anche un po’ casualmente ci si è accorti dell’errore il Rettore, convalescente, è subito intervenuto. A Massimo Montisci, proprio lunedì 27 è stata notificata la rinvio a giudizio per i reati di falso ideologico e abuso d’ufficio.

55 Kg

Contemporaneamente si riapre anche una vicenda che ci riporta addirittura al 2004, quando proprio da medicina legale da una stanza blindata dell’istituto, spariscono 55 kg di stupefacenti. Per lo più cocaina ed eroina. E' il 17 marzo. Luciano Tedeschi era primo dirigente chimico di Tossicologia di Medicina Legale. Precisiamo subito che per il fatto non fu neppure indagato Tedeschi e la sua integrità non è mai stata messa in discussione.

Luciano Tedeschi

Le figlie Gianpaola e Lucia avevano ventotto e trent'anni quando la tragedia si consuma. E' il 22 aprile del 2004 quando l’uomo si toglie la vita. La famiglia Tedeschi, ha chiesto la riapertura delle indagini alla Procura della Repubblica in merito al furto per poter valutare l'esigenza e la necessità di nuove investigazioni in ordine a un fatto davvero molto grave. Di quella sparizione non si è poi saputo più nulla. Il fascicolo del furto non contiene nomi, non c'è mai stato nessun indagato. Ora la famiglia chiede sia aperta una nuova inchiesta per chiarire diversi punti rimasti senza risposta.

Riaprire il fascicolo

«Papà si è suicidato - ricorda Gianpaola Tedeschi -  perché quel furto ha messo in discussione il lavoro e l'operato di una vita, ha compromesso l'immagine e la reputazione di un laboratorio di eccellenza che lui aveva contribuito a creare con impegno e massima dedizione. Le particolari modalità con cui è avvenuto faceva presupporre che ci potesse essere qualche "mela marcia" che ne aveva approfittato». Un fascicolo che nasce e muore contro ignoti, le indagini non hanno portato a nessun elemento concreto. «Nostro padre si è suicidato altresì per il clima di forti pressioni e tensioni all'interno dell'istituto di Medicina Legale aumentato dopo il furto. Papà temeva il "gioco" dello scarica barile che ne era derivato dopo quel crimine, non avendone nessuna responsabilità».

La figlia Gianpaola Tedeschi

«Abbiamo deciso di cercare di vederci chiaro su quel misterioso furto, senza il quale lui non si sarebbe suicidato e per provare a capire cosa possa essere successo e se i suoi timori fossero o meno fondati. Il suicidio di papà è forse servito come capro espiatorio per distogliere l'attenzione da un grave reato e forse ha fatto comodo leggere quel suo gesto estremo di congedarsi dalla vita per responsabilità che sentiva o che gli venivano attribuite, che minimamente aveva. Papà viene sempre e solo ricordato per il suo suicidio legato a quel furto e mai Lo è stato dal giorno della sua morte per i suoi altissimi meriti e riconoscimenti professionali e per il lavoro per cui si è tolto la vita». Un'ultima cosa ci tiene a dirla, Gianpaola Tedeschi: Mio padre, come invece è stato riportato da alcuni quotidani, non si tolse la vita perché "su di lui si era allungata l'ombra del sospetto. Secondo i parenti so tolese la vita proprio perché si sentiva sotto osservazione, come fosse un delinquente". Noi abbiamo parlato di pressioni e di tensioni che si sono create all'interno dell'istituto ma quella frase, quel concetto, non ci appartengono». 
Luciano Tedeschi e la moglie-2

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