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Cronaca

La denuncia di una famiglia: «Nostro figlio scambiato per un pusher e menato dagli agenti»

Un fraintendimento alla base del fermo, che finisce molto male. Il giovane: «Gli agenti non si sono qualificati come tali, mi hanno aggredito e io mi sono difeso». Denunciato per oltraggio e resistenza il diciassettenne, per abuso d'ufficio, lesione aggravate e calunnia, gli agenti

La notizia è stata resa pubblica in questi giorni ma il fatto è accaduto a metà dicembre dell'anno appena trascorso. Così abbiamo contattato la legale della famiglia su cui il nome si mantiene il massimo riserbo, visto che lo sfortunato protagonista di questa vicenda è un minorenne, per farci raccontare la versione di una storia che sta facendo molto discutere. Scambiato per un pusher, un diciassettenne, finisce con il viso tumefatto e pieno di ferite, dopo un fermo di polizia. 

Pronto soccorso

Al pronto soccorso, dove i medici gli hanno riscontrato un trauma cranico, oltre a diverse contusioni, è stato accompagnato dai suoi stessi genitori. E' la notte del 16 dicembre. Lo sfortunato protagonista di questa vicenda è un diciassettenne padovano che, quella stessa sera, era da poco passata mezzanotte, stava rientrando in bicicletta a casa. Con lui un amico, che viaggia invece su un monopattino. Hanno trascorso le ore precedenti in una pizzeria dove si festeggiava il compleanno di un compagno di scuola. I due a un certo punto si salutano, dandosi il "cinque" come usano fare i giovani e non solo, e prendono due strade diverse. Il gesto di saluto è stato sicuramente male interpretato da chi li sta osservando. «Hanno pensato a uno scambio di stupefacenti», ci spiegano dalla Questura. Quello dove si salutano è un punto sotto osservazione visto che è notoriamente frequentato da spacciatori. Per questo, una volta presa ognuno la sua strada, due auto si muovono per fermarli. La prima si concentra sul ragazzo in monopattino, che viene fermato seguendo quelle che sono le solite procedure. L'altro ragazzo, quello in bicicletta, viene fermato bruscamente. L'auto, un'utlitaria di colore grigio, su cui viaggiano i due agenti, taglia la strada al malcapitato che si spaventa. Fino a qui le versioni coincidono, ma è dal fermo in poi che nascono i problemi. 

Scambio di persona

Nella memoria consegnata della legale del minore all'autorità giudiziaria, l'avvocata Cristina Bissacco. ha voluto ricostruire, con dovizia di particolari, com'è andato il fermo del giovane. Dopo avergli tagliato la strada, il giovane ha raccontato che i due si sarebbero buttati su di lui in modo deciso e irruento. Non si sarebbero qualificati come agenti, aspetto che dalla Questura negano, quindi il giovane avrebbe reagito come se lo stessero assalendo dei malviventi. Nella collutazione si fanno male sia il ragazzo che un agente. Secondo la Questura il loro operatore si sarebbe rotto una spalla tanto da avere una prognosi di quaranta giorni. «Mi hanno infilato le mani nelle tasche, ero convinto volessero prendermi il telefonino e il portafoglio. Ho cercato di scappare e di divincolarmi con tutte le mie forze, e allora hanno iniziato a picchiarmi. Credevo volessero farmi del male, caricarmi in macchina e rapirmi. Hanno continuato a picchiarmi e insultarmi, mi hanno buttato per terra e io mi proteggevo la testa con le braccia. Mi hanno tirato i capelli e uno mi si è buttato sopra e, tenendomi il braccio destro schiacciato al suolo con il suo ginocchio, mi ha detto: “Stai fermo bastardo, altrimenti ti spezzo il braccio”. Credevo di morire…», il racconto del giovane riportato nella memoria scritta.

Manette

A quel punto gli vengono messe le manette. «Ho sentito che il più anziano ha detto all’altro di smettere, ma lui continuava a picchiarmi. Solo quando mi sono reso conto che mi mettevano le manette dietro alla schiena, ho pensato potessero essere degli appartenenti alle forze dell’ordine». Il giovane viene così accompagnato a casa non dai due agenti che lo hanno fermato ma dagli altri due che invece, seguendo il protocollo, avevano fermato l'amico in monopattino. La madre, vedendolo tumefatto, è convinta abbia avuto un incidente. Quando le viene spiegato cosa è successo, «sarebbe stato scambiato per un marocchino», decide di portarlo in pronto soccorso. La giustificazione che viene data, se fosse confermata, sarebbe grave perché farebbe intendere un atteggiamento pregiudizievole da parte delle forze dell'ordine. Dalla Questura negano possa essere accaduto. Il ragazzo che avrebbe subito l'aggressione indossava un cappuccio, aspetto che avrebbe spinto gli agenti a fraintenderne sia le intenzioni che tutto il resto. 

Venezia

Il diciassettenne è stato sentito a Venezia dal giudice del tribunale dei minori proprio nei giorni scorsi per rispondere dell'accusa di resistenza e oltraggio. Secondo la Questura infatti il giovane «non avrebbe esitato a spingere il vice ispettore facendolo cadere rovinosamente a terra e a colpire con un pugno al volto l’altro agente, col quale ingaggiava una violenta colluttazione culminata con una gomitata alla gola».

Legale

La legale della famiglia, l'avvocata Bissacco, ha spiegato che la memoria deifensiva del ragazzo è arrivata solo a febbraio sia per rispondere alle accuse contro di lui che per mettere un punto sulla questione. Anche perché, se la stampa ha avuto notizia di quanto sarebbe accaduto solo in questi giorni, della faccenda nel quartiere dove vivono i due, se ne parlava da settimane. La famiglia, preoccupata, ha cercato di convincere il ragazzo a parlare con qualcuno, in quanto sotto choc da quanto accaduto. Infatti dopo insistenze ha deciso di rivolgersi a uno psicologo. Di qui la decisione di sporgere denuncia. Fa notare la legale di famiglia: «Abbiamo fatto tutto nei tempi necessari a tutelare il ragazzo ma anche a verificare tutto quanto raccontato. Abbiamo fatto i riscontri che servivano, parlato con i protagonisti della vicenda, come l'amico della vittima. Il suo racconto conferma quanto riportato dal diciasettenne, tanto che per andare in soccorso dei colleghi i due agenti non hanno finito di prendergli le generalità per correre a risolvere la situazione creatasi. Quando hanno capito che non era uno spacciatore quello che avevano fermato, hanno chiamato i colleghi che sono corsi da loro. E, altro fatto strano, il giovane in monopattino è stato contattato, attraverso la chat di un social network, per farsi inviare un documento. Non esattamente la prassi suggerita dalla legge», spiega l'avvocata che poi aggiunge un altro particolare. «La via dove è stato bloccato è scarsamente illuminata e priva di telecamere. E questo gli agenti lo sapevano molto bene». 

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