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Cronaca

“Don rock”, la sentenza: paternità riconosciuta al prete musicista

Il tribunale dei minori di Venezia ha dato ragione alla donna che chiedeva il riconoscimento della paternità del proprio figlio di 9 anni. Per don Paolo Spoladore l'obbligo di mantenimento del bimbo, che potrà assumerne il cognome, e di rimborso delle spese processuali

Secondo la sentenza emessa il 28 settembre dal giudice del tribunale per i minori di Venezia, Maria Teresa Rossi, il bimbo nato nove anni fa da una relazione con una psicologa padovana è di don Paolo Spoladore, prete padovano soprannominato “don rock” per la sua passione per la musica.

LA SENTENZA. L'esito della causa intentata dalla donna all'inizio del 2010 per il riconoscimento della paternità prevede che il bambino possa ora assumere il cognome di Spoladore in aggiunta a quello della madre, genitore affidatario, nonché impone per il padre l'obbligo di mantenimento oltre al rimborso delle spese processuali.

IL PROCESSO. La prima udienza si era svolta il 24 maggio, con l'audizione della stessa psicologa che aveva confermato la relazione amorosa. Nelle fasi successive era stato chiesto a carico del prete un test del Dna, al quale però non si sarebbe sottoposto. Un test fatto in casa, però, avrebbe assunto valore indicativo per giungere al riconoscimento della paternità.

LA STORIA. Don Spoladore - secondo l'anticipazione della sentenza pubblicata dal settimanale “Panorama” - non si è mai presentato davanti al giudice e la relazione segreta sarebbe durata tre anni a partire dal 1999 e dopo il parto prematuro, nell'aprile del 2002, sarebbe andato a trovare il bambino all'ospedale, lo avrebbe battezzato e poi non si sarebbe più fatto vedere.

“DON ROCK” E LA DIOCESI PADOVANA. Nel corso della causa, il vescovo di Padova, monsignor Antonio Mattiazzo, aveva deciso la sospensione dal ministero sacerdotale con effetto immediato di don Spoladore "in attesa di ulteriori determinazioni". Il vescovo aveva anche preso le distanza dall'attività musicale di “don rock”, precisando che i corsi di formazione e l'attività in ambito musicale da lui svolta "sono iniziative in cui il sacerdote risponde personalmente e non hanno alcuna approvazione da parte dell'autorità ecclesiastica".

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