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Cronaca

Esame dettato con le cuffiette: studentessa di Giurisprudenza sospesa per tre mesi

Su decisione del Senato Accademico, la giovane sarebbe stata raggiunta da un provvedimento disciplinare che la terrà lontata dall'ateneo per qualche tempo

Si era vantata con i compagni di corso di avere trovato uno stratagemma per superare l'esame di Procedura civile: per 50 euro, un coetaneo le avrebbe dettato le risposte ai quesiti durante il compito, con l'ausilio di un auricolare "a pallino", senza cavo, praticamente "invisibile". Stratagemmma che è poi stato portato allo scoperto e che ora avrebbe portato la studendessa ad una sospensione di 3 mesi.

SOSPESA. Come riporta Il Mattino di Padova la 25enne vicentina, su decisione del Senato Accademico, sarebbe stata raggiunta da un provvedimento disciplinare che la terrà lontata dall'ateneo per tre mesi. Per il complice la sospensione sarebbe invece di un anno.

IL FATTO. L'episodio risale al 13 maggio del 2016 quando la giovane era stata colta sul fatto dai poliziotti che, fingendo di dover sostenere anch'essi la prova, sono piombati in aula e l'hanno sorpresa con un micro auricolare all'orecchio, di un ricevitore Bluetooth ad induzione agganciato ad una collana, e di un telefonino nascosto sotto gli abiti. Il "kit" è stato sequestrato e la giovane è stata portata in Questura per essere interrogata. Non c'è voluto molto per arrivare anche al nome del "suggeritore", un altro vicentino, suo coetaneo. Il ragazzo ha passato le risposte alla 25enne da una postazione allestita nell'appartamento della studentessa, che si trova in centro a Padova.

COPIARE È REATO. Per la giovane è scattata una denuncia per alterazione di prova d'esame, reato regolamentato dalla legge sul plagio. Il ragazzo che le ha dettato l'esame, invece, è stato denunciato per lo stesso reato, nonché per falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico e per truffa. La vicenda era finita poi in tribunale dove dopo la richiesta di archiviazione del sostituto procuratore Marco Peraro, motivata con il fatto che i tre giovani sono incensurati e che l'accaduto è di speciale tenuità, come riportano i quotidiani locali, il Gip Cristina Cavaggion, su richiesta anche degli avvocati dell'Università di Padova, ha chiesto l'imputazione coatta per i tre studenti coinvolti nella vicenda sulla base della violazione dell’articolo 1 della legge 475 del 1925: "Chiunque in esami o concorsi...presenta, come propri...lavori che siano opera di altri, è punito con la reclusione da tre mesi a un anno".

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