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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Furti nelle case, banda sgominata: c'era anche un minore, le donne rivendevano i monili rubati

Arrestati dalla polizia di Padova i componenti di un sodalizio criminale ramificato in città dedito alla commissione di furti in abitazione ed al riciclaggio dei proventi

All'alba di mercoledì, la polizia di Padova, a conclusione di un’indagine coordinata dal sostituto procuratore del Tribunale di Padova Sergio Dini, ha dato esecuzione a numerose ordinanze di custodia cautelare in carcere e agli arresti domiciliari, firmate dal gip Cristina Cavaggion, nei confronti di alcuni membri di un’associazione per delinquere dedita a furti in abitazione.

ANCHE UN MINORENNE. L’indagine, iniziata a novembre 2016, ha riguardato un sodalizio criminale composto prevalentemente da cittadini albanesi, specializzato in furti in abitazione, effettuati con la complicità anche di un minorenne (arrestato anch’egli in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere richiesta dal sostituto procurratore del Tribunale per i Minorenni di Venezia Giulia Dal Pos e firmata dal gip, Valeria Zancan). Alla fase esecutiva delle misure cautelari hanno partecipato agenti della squadra Mobile, coadiuvati da colleghi della Digos e del Commissariato Stanga, unitamente a colleghi del Reparti prevenzione crimine e della polizia scientifica.

I dettagli dell'operazione nell'intervista a Mauro Carisdeo, capo della squadra Mobile di Padova

LE DONNE RIVENDEVANO I MONILI. Individuati dalla squadra Mobile anche i canali di riciclaggio dei proventi dei furti, che venivano monetizzati anche con la cooperazione di donne del clan, addette alla vendita dei monili a diversi esercizi compro oro della città.

la banda in azione ripresa dalle telecamere

IL MODUS OPERANDI. Gli indagati si trovavano ogni giorno al Bar Fly a Padova in Galleria Tito Livio (a pochi passi dalla Questura) e lì organizzavano i colpi da mettere a segno nel pomeriggio. Ogni giorno organizzavano circa 3-4 furti e si organizzavano in gruppi da circa 4 persone. Dopo aver disposto le squadre, si spostavano in zona Bassanello, dove avevano la loro base operativa. Lì si cambiavano, indossando vestiti scuri, prendevano gli attrezzi per lo scasso e, all'imbrunire, si dirigevano verso gli appartamenti da derubare. Si spostavano con i mezzi pubblici o a piedi, anche lungo gli argini. Accedevano alle abitazioni scassinando gli infissi con grossi cacciaviti, chiamati la "spada di Skanderberg" (un eroe albanese), e poi bloccavano l'ingresso con un mobile.

LE DONNE RIVENDEVANO I GIOIELLI RUBATI. Al gruppo vengono attribuiti circa 40 furti. Rubavano gioielli e preziosi presenti nelle case e, per non renderli riconoscibili, li modificavano, staccando anche le pietre, per poi rivenderli ai compro oro della zona o portarli fino a Milano nei campi nomadi. Infine, si spartivano l'incasso della vendita. Le ragazze avevano in particolare il compito di rivendere l'oro ai compro oro.

L'ARRIVO IN ITALIA DA MINORENNI. Il sodalizio era composto soprattutto da ragazzi giovani, provenienti in gran parte dalla stessa zona dell'Albania (città di Lac), di età compresa tra i 17 e i 22 anni, giunti nel territorio nazionale da minorenni. Una volta entrati in Italia i ragazzini (di 15-16 anni) si sono presentati al Comune di Padova chiedendo cibo e collocazione. Essendo minori non accompagnati, sono stati presi in carico dai servizi sociali che, attraverso il giudice tutelare del Tribunale, li hanno affidati alla comunità "Noi associazione famiglie padovane onlus". L'associazione a sua volta si è occupata di collocarli in strutture di accoglienza in città.

DALLA COMUNITÀ AL SODALIZIO CRIMINALE. Dopo aver seguito un iter educativo e raggiunta la maggiore età, infatti, lo straniero può ottenere la conversione del permesso di soggiorno attraverso il parere del Ministero. Probabilmente gli indagati hanno creato un forte legame tra loro anche perchè hanno convissuto in queste comunità: una comunità chiusa si è probabilmente trasformata in gruppo criminale. I ragazzi addirittura pubblicavano sui loro profili social post con richiami al nazionalismo armato albanese o pubblicavano foto con atteggiamenti spavaldi mentre esibivano armi da fuoco.

CACCIA AGLI ALTRI COMPONENTI DELLA BANDA. In carcere sono finite 10 persone (una di queste è un minorenne del 2000, finito al carcere per minori di Treviso); altri 2 maggiorenni sono ai domiciliari. Nella banda sono state individuate anche tre ragazze, una delle quali è residente a Mestrino (di origini colombiane, adottata da una famiglia del posto). In totale, sono 12 le persone coinvolte finora rintracciate, ma la polizia è sulle tracce di altri componenti della banda.

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