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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca Trebaseleghe

Salviato si racconta in un libro: Quel mattino sulla strada di Tobruk

Ad un anno di distanza dalla liberazione, l'ingegnere di Trebaseleghe rivive la storia del suo rapimento e di quel mondo sconosciuto e minaccioso che marcia all’ombra dell’autoproclamato Califfato islamico

Volevano un ingegnere. Italiano. Gianluca Salviato era “solo” un capocantiere, ma guidava un’auto grossa, importante. Da ingegnere, appunto. Per quella cilindrata sbagliata, sproporzionata al suo “status” professionale, fu preso, malmenato e sequestrato in una limpida mattina di fine marzo 2014, sulla strada che da Tobruk conduceva al “suo” cantiere, dove coordinava un gruppo di operai egiziani nella costruzione di un acquedotto.

"QUEL MATTINO SULLA STRADA DI TOBRUK". Ad un anno di distanza dalla liberazione, avvenuta il 15 novembre 2014 a Derna, Gianluca Salviato racconta nel libro “Quel mattino sulla strada di Tobruk” (www. Youcanprint.it) come ha vissuto, combattuto e sia riuscito a sopravvivere per otto mesi a questa terribile esperienza, e offre nel contempo una testimonianza diretta, inedita e preziosa, di quel mondo sconosciuto e minaccioso che marcia all’ombra dell’autoproclamato Califfato islamico. Il libro, firmato dal giornalista Francesco Cassandro, è stato presentato a palazzo Santo Stefano dal vicepresidente della provincia di Padova Fabio Bui, dal consigliere provinciale delegato all’Istruzione e offerta scolastica Anna Lazzarin e dal protagonista del libro Gianluca Salviato.

BUI. "È un libro vero, sincero - osserva il vice presidente della Provincia, Fabio Bui - che si affida ai fatti e che lascia al lettore la possibilità di farsi un’idea, di trarre delle conclusioni, un libro-testimonianza che deve farci riflettere. Poi, lasciando scorrere il racconto, emerge netto lo spessore dei protagonisti: il sequestrato, Gianluca Salviato, e i suoi giovani carcerieri".

L'AUTORE. "Qualche settimana dopo aver riabbracciato la moglie, gli anziani genitori e i fratelli - ricorda Francesco Cassandro, l’autore del libro – Salviato accettò di rivivere quella terribile esperienza. Nella cucina di casa, sotto gli occhi ancora increduli e felici della moglie Katia e coccolato da due candidi barboncini, Gianluca trovò la forza e il coraggio di raccontare, attimo per attimo, le fasi del suo sequestro. Sul cancelletto di casa, in un quartiere di recente costruzione a ridosso del centro di Trebaseleghe, sventolava ancora quel Tricolore che aveva 'indossato' nel giorno del ritorno, segno di gratitudine per le persone e le istituzioni che erano riuscite a strapparlo alle crudeli bande di Ansar Al Sharia. Negli occhi gli era rimasta l’emozione per quel grido 'Gianluca Salviato libero', inciso su un enorme drappo che il sindaco di Trebaseleghe, Lorenzo Zanon, aveva voluto appendere all’indomani del sequestro sul punto più alto del municipio, testimonianza visibile della vicinanza e dell’affetto di un’intera comunità e monito allo Stato a non lasciare nulla di intentato per la sua liberazione".

SALVIATO. "Confesso che all’inizio rimasi perplesso alla proposta di raccontare in un libro il mio sequestro. Poi – ricorda Gianluca Salviato - capii che poteva essere un esercizio utile per affrontare le paure e i fantasmi che mi erano rimasti dentro, e soprattutto potevo ricordare quanto importante e preziosa sia la libertà, e quanto sia doloroso e facile perdere la dignità di persona, di uomo. Perché questa è stata la sensazione che più mi ha colpito durante il mio sequestro: sentirmi derubato da un gruppo di ragazzotti violenti e fanatici della mia libertà, sottratto dall’affetto dei miei cari, esposto alle umiliazioni più severe e gratuite".

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