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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Caso Noventa, lettera dal carcere di Debora: "Questa sono io… Definita un mostro!"

Inviata al programma "Pomeriggio Cinque", racconta il dolore nel leggere così tante "cattiverie nei miei confronti". Nessuna esplicita dichiarazione o riferimento, però, ai fatti per i quali si trova dietro alle sbarre o a Isabella

A quattro mesi dalla scomparsa di Isabella Noventa, la segretaria 55enne di Albignasego di cui ancora, nonostante ripetute ricerche, non si trova il corpo, esce dal silenzio dietro cui si era finora trincerata Debora Sorgato, la sorella dell'autotrasportatore-ballerino Freddy che, assieme anche alla tabaccaia di Camponogara (Venezia) Manuela Cacco, è indagata con l'accusa di omicidio premeditato (indagato per violazione del segreto d'ufficio e accesso abusivo alla banca dati delle forze di polizia è invece il maresciallo dei carabinieri Giuseppe Verde, compagno della Sorgato).

LA LETTERA. Con una lettera autografa inviata al programma "Pomeriggio Cinque" dal carcere in cui si trova reclusa, la Sorgato racconta il dolore nel leggere così tante "cattiverie nei miei confronti" e dice di esserne "profondamente amareggiata". Ripercorre anche la sua vita da vedova e da madre di un bimbo prematuro, nato di meno di sette mesi. Nessuna esplicita dichiarazione o riferimento, però, ai fatti per i quali si trova dietro alle sbarre o a Isabella che, in base al racconto "de relato" fornito dalla tabaccaia, ex amante di Freddy, sarebbe stata proprio lei, Debora, ad uccidere. Di seguito la lettera integrale:

Gentilissimi, scrivo questa missiva perché trovo giusto e umano poter dire anch’io la mia verità in questa bolgia di parole e cattiverie dette pubblicamente nei miei confronti.
Ho dovuto affrontare ogni genere di avversità, lasciando agli altri l’onere di giudicare, rinchiudendomi nei miei silenzi, anche se dentro di me il dolore urlava ma non ho mai potuto permettermi il lusso di mollare, ho dovuto lottare.
Mi stupisco e sono profondamente amareggiata nel sentire tutte queste cattiverie e forse i miei silenzi, a volte possono essere scambiati per affermazioni, ma nessuno ha mai pensato che fosse insicurezza o semplicemente rassegnazione.
Il dolore non ha canoni, regole, leggi: è irregolare, asimmetrico, illegale; chi conosce il dolore ne riproduce l’eco per tutta la vita.
Dico questo perché sono stata vedova a ventotto anni e con il secondo compagno a trentadue. E incinta. Ho dovuto affrontare la mia gravidanza sola contro tutto e tutti.
La mia famiglia mi è stata vicina, mi ha aiutato come ha potuto, ma è stata dura affrontare la realtà di cui andavo incontro. La mia gravidanza è stata terminata alla trentesima settimana, mancavano due settimane al settimo mese, il mio bimbo non si alimentava più, e così hanno dovuto fare un taglio cesareo.
Il mio piccolo pulcino pesava 950 g., ma con le amorevoli cure e un mese di ospedale siamo tornati a casa e pesava un chilo e otto! Che gioia, che emozione! L’ho chiamato g. come il suo papà, l’ho voluto ricordare così visto che non lo avrebbe mai conosciuto. Oggi è un bel ragazzo tredicenne, direi bellissimo, forte educato e timido.
Del suo papà sa tutto, alla sera parliamo di lui per farlo sentire più vicino a noi. Non è semplice fare da madre e padre ma fino ad ora ce l’ho messa tutta. E continuerò a farlo finché ci sono. Gli ho insegnato di non abbattersi mai, di guardare sempre avanti e che in ogni traguardo c’è un’altra sfida. Siamo persone semplici senza pretese e senza tanti "voglio".
Questa sono io… Definita un mostro!

Sorgato Debora

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