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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

È morta Paola Caldironi, storica direttrice del centro padovano della Fondazione Hollman

Una vita la sua, iniziata a Massa Fiscaglia (Ferrara) il 23 settembre 1953, proseguita a Padova, dedicata alla famiglia e intrecciata con i volti e le storie di migliaia di bambini e genitori provenienti da ogni parte d’Italia nel corso della sua trentennale carriera

Giovedì 3 febbraio è mancata Paola Caldironi, storica direttrice del Centro di Padova della Fondazione Robert Hollman dal 1986 al 2015 e del centro di Cannero Riviera dal 2003 al 2015.

Caldironi

Una vita la sua, iniziata a Massa Fiscaglia (Ferrara) il 23 settembre 1953, proseguita a Padova, dedicata alla famiglia e intrecciata con i volti e le storie di migliaia di bambini e genitori provenienti da ogni parte d’Italia nel corso della sua trentennale carriera. Il suo appassionato impegno ha permesso di promuovere, assieme agli operatori della Fondazione, il prendersi cura del mondo della disabilità visiva. Ha sempre creduto nell’importanza di aprirsi allo scambio e alla collaborazione tessendo nel tempo una rete di relazioni che ha permesso alla Fondazione di diventare oggi un punto di riferimento internazionale per la consulenza e il sostegno allo sviluppo del bambino con disabilità visiva complessa. Caldironi ha realizzato l’unificazione dei due centri nel 2003, dando avvio a un cammino comune della Fondazione nella condivisione di idee e risorse sotto la sua guida. Ciò ha portato un’ulteriore spinta tesa al raggiungimento di obiettivi al passo con i tempi e scelte tecnologicamente e scientificamente avanzate. Grazie alla sua determinazione, è stata pensata e realizzata nel 2004 a Padova in via Siena una nuova struttura che ancor oggi è dedicata all’accoglienza dei bambini e delle loro famiglie, e allo svolgimento di attività scientifiche, di formazione e ricerca. Scriveva la direttrice solo qualche anno fa nella premessa alla pubblicazione di “Segni particolari: bambino” (a cura di Sara Gonano): «È poter ascoltare, anche quello che la cicatrice nasconde, che abbiamo imparato in Fondazione: avvicinarci a questo dolore (quello della disabilità, ndr) e dare la possibilità di esprimerlo».

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