Soldi e droga. In questi due elementi si ritroverebbe il movente del delitto di Antonio Floris, il detenuto sardo, 61enne, trovato senza vita nel novembre 2015 sotto una pila di legna, in via Righi, a Padova, all'interno del centro Oasi (Opera assistenza scarcerati italiani) dei padri Mercedari, dove da anni lavorava la terra con altri carcerati ammessi al programma di reinserimento nella società. Per la morte di Floris, il 3 marzo dello scorso anno venne arrestato Santino Macaluso, ex detenuto, accusato di aver ammazzato Floris con una serie di colpi al cranio sferrati con un bastone.

LA DROGA.

Come riportano i quotidiani locali, i poliziotti della Squadra mobile, coordinati dal sostituto procuratore Daniela Randolo, mentre indagavano sull'omicidio, si erano imbattuti in un traffico di cocaina gestito da un napoletano, anche lui ospite del centro, che vendeva la cocaina a Macaluso, accusato della morte di Floris, e ad un avvocato civilista. Macaluso era un assuntore frequente di cocaina e aveva sempre bisogno di soldi e per questo spesso li chiedeva a Floris. Quel 6 novembre 2015 però il detenuto sardo si rifiutò innescando così il diverbio culminato poi con la morte del sardo.

INTRECCI SENTIMENTALI.

Martedì, durante il processo, sarebbe emerso anche un altro dettaglio ovvero sarebbe stata chiamata a testimoninare una civilista di Udine che avrebbe avuto una relazione sentimentale con l'imputato del delitto. La donna avrebbe ammesso di aver sentito Macaluso dopo l'omicidio.