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Cronaca Piove di Sacco / Via Rusteghello

Gli frantuma il cranio con la sedia, l'alibi smontato dal traffico telefonico

Le impronte sul luogo del delitto, le contraddizioni nelle testimonianze rilasciate e l'analisi delle celle agganciate dall'utenza cellulare hanno incastrato il 45enne Mohammed B. quale omicida del connazionale trovato morto nel casolare di Piove

Mohammed B., 45enne marocchino, e Adil M., connazionale 30enne, da questa notte si trovano nel carcere al Due Palazzi di Padova a disposizione dell'autorità giudiziaria per l'omicidio del marocchino 27enne, Mhammed Choufaoui, consumatosi un anno fa in un vecchio casolare abbandonato di via Rusteghello a Piove di Sacco, ricovero di fortuna per immigrati irregolari. Un omicidio d’impeto, avvenuto, forse, al culmine di un litigio determinato – vista la montagna di bottiglie - da uno smodato consumo di bevande alcoliche.

L'ARRESTO E LE ACCUSE. Per il primo l'accusa è di omicidio, ritenuto dai carabinieri del nucleo investigativo che ha seguito le indagini in questi 11 mesi l'autore materiale del delitto, per il secondo il reato contestato è di false dichiarazioni e di favoreggiamento, avendo quest'ultimo fornito un alibi testimoniando il falso, ovvero che si trovava con il 45enne nel giorno in cui si consumava il delitto. Entrambi ospiti alle Cucini popolari di via Tommaseo a Padova, sono stati arrestati ai Giardini dell'arena.

M. Adil-2B. Mohammed-2

UNA SEDIA COME ARMA. L'esame autoptico ha permesso di accertare che la morte risaliva a circa due settimane prima la data del ritrovamento del corpo, ovvero al 28 aprile 2011. A provocare il decesso del marocchino, i numerosi colpi inflitti al capo che ne avevano causato lo sfondamento. L’arma del delitto non aveva una forma specifica ma poteva trattarsi di un qualsiasi corpo contundente, probabilmente una sedia.

IMPRONTE E CELLULARE. L'individuazione del presunto omicida ha preso il "la" dalle testimonianze del giro di immigrati che conoscevano la vittima e che hanno appunto fatto il nome di Mohammed B., detto Rabat in quanto di qui originario, ricordando che divideva l'alloggio di fortuna di via Rusteghello con la vittima. Un clandestino, disoccupato, sempre alticcio e attaccabrighe, con dei legami di parentela nel Piovese. Ascoltato come teste, è risultato cadere più volte in contraddizione, fornendo versioni via via sempre più contrastanti ed incongruenti circa la sua presenza nel casolare fornendo degli alibi improbabili, che si sono “frantumati” di fronte all'evidenza del traffico telefonico della sua utenza cellulare da cui era possibile documentare che aveva trovato alloggio in quella casa di Piove di Sacco fino al giorno della morte di Choufauoi, trasferendosi a Padova solo in epoca successiva. Un’ulteriore, determinante riscontro viene dalla perizia depositata nei giorni scorsi dagli specialisti del Ris di Parma da cui emerge che, sulla scena del crimine, sono presenti unicamente le impronte dell'accusato.

ALIBI IN FRANTUMI. Completamente smontata anche la falsa testimonianza di Adil M., che aveva fornito un alibi del tutto credibile asserendo che, la notte dell’omicidio, era a Padova insieme al presunto omicida. Eseguiti i necessari riscontri, dall’analisi delle celle agganciate dall’utenza cellulare, è emerso invece che, la notte del 28 aprile 2011, il 30enne è stato contattato dal 45enne, spostandosi da Padova a Piove di Sacco, evidentemente per raggiungerlo sul luogo dell’omicidio, dove insieme hanno cercato di far sparire ogni traccia di quanto avvenuto, tranne che per un frammento di sedia – probabile arma del delitto - rimasto sotto il corpo della vittima e ritrovato dai Ris.

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