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Cronaca

Padova nella relazione annuale della Direzione nazionale antimafia

Le operazioni della polizia e dell'arma patavine e tutti gli ultimi coinvolgimenti della città del Santo nelle più recenti inchieste (periodo 1° luglio 2011 - 30 giugno 2012) sulla criminalità organizzata di stampo mafioso

Nell'ultima relazione annuale datata dicembre 2012 diffusa dalla Direzione nazionale antimafia il nome di Padova, purtroppo, non è assente. Tra le indagini e le operazioni inerenti la criminalità organizzata di tipo mafioso nel periodo 1° luglio 2011 – 30 giugno 2012 il capoluogo euganeo viene citato, eccome. Dallo spaccio internazionale tramite i corrieri "ingoiatori" di ovuli agli investimenti immobiliari nel padovano di persone coinvolte in affari illeciti, dal caso Catapano all'insediamento in paesi della provincia di camorristi, dal settore del riciclo dei rifiuti con infiltrazioni mafiose all'operazione Persicus, dal "modello Padova" contro la contraffazione alla malavita romena e al denaro "sporco" cinese.

Ma ecco punto per punto le operazioni citate nel rapporto della Direzione nazionale antimafia e che interessano Padova:

GLI INGOIATORI DI COCA. Nell'elenco delle "operazioni positive più significative della Polizia di Stato" viene segnalata l'esecuzione, nel 2011, da parte della Squadra mobile di Padova, di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, nei confronti di 5 soggetti (di cui 3 nigeriani e 2 italiani), responsabili di traffico e spaccio di stupefacenti. Le indagini avevano permesso di accertare che le spedizioni di cocaina avvenivano attraverso le tratte aeree Lagos-Dubai-Istanbul-Praga e la successiva tratta ferroviaria Praga-Innsbruck-Venezia- Padova, utilizzando anche il sistema dei cosiddetti "ingoiatori". Inoltre nel rapporto viene citato che la stessa Squadra mobile euganea, nel settembre 2011 ha arrestato una cittadina nigeriana per detenzione illecita di 400 grammi di cocaina, occultata nelle parti intime. Sempre la Squadra mobile di Padova viene nominata perchè nel febbraio 2012 ha arrestato un cittadino nigeriano per detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente, sequestrando 63 ovuli contenenti 683,88 grammi di cocaina, un telefono cellulare e documentazione cartacea utile e pertinente alle indagini. Di nuovo Padova, per aver contribuito, in collaborazione con la polizia peruviana, nel novembre 2011, all'arresto, nell’aeroporto di Lima, di una cittadina danese trovata in possesso di 7,018 chilogrammi di cloridato di cocaina, confezionata in 54 barrette, avvolte in nastro adesivo ed inserite all’interno di 13 bottiglie di estratti naturali (unghie di gatto e carciofi). "L’operazione rientra nell’ambito di un’indagine coordinata dalla Direzione Centrale per i Servizi Antidroga - si spiega nel rapporto - su un gruppo di cittadini nigeriani dediti all'importazione di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti, che, nel caso specifico, in partenza con un corriere dal Perù, sarebbero giunte in Belgio, ove ad attenderle vi sarebbero stati alcuni indagati stanziali a Padova".

GLI APPARTAMENTI. Tra le "più significative indagini" concluse nel corso del 2012 che vede coinvolta la città del Santo si annoverano l’operazione “Riviera”, che ha portato al sequestro di 600 chilogrammi di stupefacente e la denuncia di 26 soggetti di cui 14 arrestati. Tra le zone interessate, oltre a Bari e Brescia si cita appunto Padova. Quindi il sequestro di beni nei confronti di Francesco Muncivì in data 20 febbraio 2012, di Gela, agli arresti domiciliari, che avrebbe di fatto accumulato illegalmente un patrimonio calcolato in 800mila euro circa, suddivisi in appartamenti, uno dei quali sito in Padova, quote societarie e conti correnti bancari. Beni padovani anche per il caso, molto simile al Muncivì, di Salvatore Murana, che in data 23 maggio 2012, sempre di Gela, viene confiscato dei beni mobili ed immobili a lui riconducibili e accumulati illegalmente del valore di circa 800mila euro circa, suddivisi in appartamenti, uno dei quali sito in Padova, quote societarie e conti correnti bancari.

CASO CATAPANO. Non poteva mancare nel rapporto la "menzione particolare" alle indagini svolte dalla Procura di Padova in sinergia con la Dda di Napoli sul cosiddetto “Gruppo Catapano”, costituito da soggetti della provincia di Napoli promotori di una associazione per delinquere (per la quale, limitatamente al filone veneto, gli esiti giudiziari hanno escluso, allo stato, le caratteristiche di mafiosità) operante nel settore della fittizia ristrutturazione finanziaria delle aziende in difficoltà economica.

CAMORRISTI NEL PADOVANO. Il dossier ricorda poi che, nel gennaio 2012, dopo una protratta latitanza, è stato arrestato Nicola Imbriani, braccio destro del potente boss della camorra campana Giuseppe Polverino, nel comune di Brugine, a casa di un suo cugino, insieme ad altra persona che gli faceva da autista. Nel febbraio 2012, a Padova, è stato anche sequestrato - su ordine della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta - un appartamento riconducibile al figlio incensurato di un imprenditore agli arresti domiciliari dall'aprile 2011 per mafia (sospettato di essere "vicino" al boss latitante Daniele Emmanuello). Si torna poi al febbraio 2011, quando nel comune di Torreglia era stato arrestato, in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria, per reati di tipo mafioso (in particolare, veniva evidenziata la sua appartenenza alla cosca Longo di Polistena) Cesare Longordo, trasferitosi con la propria famiglia nel paesino del padovano, nel cui contesto sociale si era perfettamente mimetizzato, esercitando una attività lavorativa regolare.

RICICLO DEI RIFIUTI. La direzione antimafia evidenzia poi "le risultanze di un procedimento della Procura di Padova, relativo a gravi fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale posti in essere dagli amministratori (veneti) di aziende del settore del riciclo dei rifiuti: nel giugno 2012 veniva eseguita ordinanza cautelare anche nei confronti di un noto personaggio campano, già coinvolto in diverse indagini relative al citato settore, per il quale sono comprovati gli interessi della criminalità camorristica (il soggetto era risultato già destinatario, nel dicembre 2009, di ordinanza cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Napoli, per partecipazione ad associazione per delinquere di tipo mafioso), e sottoposto a misura di prevenzione".

OPERAZIONE PERSICUS. Uno degli ultimi fiori all'occhiello dell'attività investigativa del comando provinciale dei carabinieri di Padova citata nella relazione riguarda l'arresto, nel giugno 2012, nell’ambito dell’operazione “Persicus”, di 18 soggetti, in parte collegati all’ambito della cosiddetta mala del Brenta e, in parte, appartenenti al clan camorristico dei casalesi, in quanto ritenuti responsabili della gestione, tra le province di Padova, Verona Vicenza, Rovigo, Ferrara e Ravenna, di un importante traffico di cocaina ed armi.

IL "MODELLO PADOVA". Nel rapporto viene menzionata l’adozione, dal maggio 2009, a Padova e provincia di un Piano operativo locale (il cosiddetto "modello Padova"), per la lotta alla contraffazione che consente di approfondire anche gli aspetti fiscali (tassazione proventi illeciti, sequestro per equivalente), contributivi, finanziari (riciclaggio, doganali, patrimoniali ed amministrativi/sanitari). Si cita quindi come "strumentale e strategico ai fini di una efficace applicazione del modello info-operativo", il protocollo d’intesa “per il contrasto alla commercializzazione di prodotti contraffatti e pericolosi e per la tutela della concorrenza”, siglato in Prefettura a Padova nel dicembre 2009, al quale hanno aderito Enti Locali (Provincia, l’Università degli Studi con i suoi laboratori d’analisi ed esperti di comunicazione), la Cciaa (in rappresentanza di tutte le associazioni di categoria Coldiretti, Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato, Adiconsum etc.), le Unita Sanitarie Locali della Provincia (con i loro laboratori d’analisi), l’Arpav (con i suoi laboratori d’analisi) e le forze di polizia. Si ricorda che la Guardia di Finanza è stata affidata la “Cabina di Regia” dell’Osservatorio Provinciale in materia di Contraffazione e Sicurezza dei Prodotti con funzioni di monitoraggio, analisi del fenomeno, supporto alle attività di prevenzione e repressione degli illeciti, informazione preventiva al consumatore e alle aziende.

MALAVITA ROMENA. "La malavita rumena si sta consolidando in modo sempre più allarmante, soprattutto nell’area patavina", si legge nel dossier. "Tale fenomeno - continua la relazione - verosimilmente, tenderà ad assumere profili di maggiore intensità, tenuto conto del cospicuo flusso migratorio degli ultimi tempi, che ha contribuito ad alimentare pericolose sacche di marginalità: l’Arma dei Carabinieri (Comando provinciale di Padova) segnala, in proposito, che tale criminalità sembrerebbe ripercorrere, addirittura in modo più rapido, le tappe evolutive che hanno caratterizzato l’escalation della malavita albanese, affermandosi progressivamente, sia per numero di persone coinvolte nelle attività illecite, sia per potenzialità criminale dispiegata in relazione a svariati settori delinquenziali. Tale tipo di consorteria, votata originariamente alla commissione di reati predatori, risulta dedicarsi gradualmente ad altri più remunerativi e meno rischiosi circuiti delittuosi, quali le frodi informatiche finalizzate all’indebito utilizzo di carte di credito, il traffico di droga e la tratta di esseri umani, diretta principalmente allo sfruttamento della prostituzione".

DENARO SPORCO CINESE. Chiamando in causa infine "alcuni quartieri delle città del Veneto", Padova di certo inclusa (basta guardarsi intorno), il dossier della Direzione antimafia sottolinea come "finiscono, invece, per incidere pesantemente sul già martoriato tessuto economico legale le attività poste in essere soprattutto da parte di immigrati di origine cinese che, attraverso l’acquisto e/o la rilevazione sistematica di attività commerciali, realizzano il reinvestimento di proventi illeciti derivanti principalmente dal reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina di propri connazionali, finalizzata al loro inserimento nel mercato della manodopera occulta o alla prostituzione. Gli squilibri del mercato, provocati da tali immissioni di denaro sporco, hanno determinato la forzata dismissione di numerose attività gestite da cittadini italiani a vantaggio di improvvisati commercianti cinesi, che hanno provocato, in tal modo, profonde modificazioni della realtà economica e sociale".

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